Rispondi

CINQUE GIORNATE DI MILANO 

(18-22 marzo 1848). L'insurrezione del popolo milanese contro gli oltre quindicimila austriaci del maresciallo Radetzky seguita ai moti di Vienna e di Venezia. Fu preceduta dalla fuga a Verona del viceré Ranieri, che lasciò il potere nelle mani del conte Moritz O'Donnell. Il 18 marzo, all'annuncio di imminenti riforme, la folla si diresse verso il palazzo del governo dove cominciarono gli scontri. O'Donnell concesse la guardia civica, mentre in giornata gli austriaci occuparono con la forza il municipio. I capi del moto erano di tendenze politiche eterogenee: repubblicani mazziniani, moderati come il podestà Gabrio Casati, democratici federalisti come Carlo Cattaneo. La resistenza dei milanesi, organizzata con efficienza grazie a una fitta rete di barricate e di contatti tra i quartieri della città, fu coronata dal successo: il 20 marzo quasi tutto il centro era nelle mani degli insorti e la situazione apparve a Radetzky così grave da richiedere un armistizio, peraltro rifiutato dai patrioti grazie alla determinazione di Cattaneo. Il 21 marzo giunsero da Torino le prime notizie di un possibile intervento del Piemonte, incoraggiato dai moderati lombardi; nello stesso giorno si costituiva il governo provvisorio, mentre le milizie civiche si apprestavano a espugnare porta Tosa (da allora detta porta Vittoria), che cadde il giorno successivo, costringendo Radetzky alla ritirata. Il 23 marzo Carlo Alberto emanava un proclama annunziante l'intervento piemontese che segnava, di fatto, l'avvio della Prima guerra d'indipendenza.

brano riportato dal sito di storia contemporanea

http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/c/c165.htm

riporto un manifestino della commemorazione alla scuola Teulie.