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La contraddizione è, come giustamente rivela Greco, solamente apparente, giacché fare la propria parte di cittadini e amministrazioni è certamente un dovere, ma altrettanto certamente è un dovere abbandonato alla buona volontà di ognuno e di entrambe le categorie. Nessuno può obbligare i cittadini ad assumersi l’onere e l’onore di tale posizione così come nessuno può obbligare gli amministratori a farlo, se non il personale senso della dignità, dell’amor proprio e per la propria città, oltrecché del senso del dovere e della responsabilità del ruolo, quello antico tanto del cittadino quanto del suo rappresentante. Poiché tale è chi ora si trova nella pubblica amministrazione e dunque ancor più dovrebbe sentire il dovere, e direi perfino l’obbligo morale, di relazionarsi con colui che l’ha delegato e di cui è ufficialmente referente.  Ma il dovere è reciproco. Se è tale per l’amministratore lo è ugualmente per il cittadino poiché tale dovere si configura come un dovere civico che, in quanto tale, non esenta nessuno ma solo ne differenzia i ruoli.

E’ ben vero che la maturazione dei cittadini è cosa complessa da promuovere ma è altrettanto vero, ed evidente, che la maturazione degli stessi amministratori è cosa complessa da promuovere. Ma non ci sono enti, organismi, corporazioni o associazioni di categoria cui rivolgersi. Solo una sana e stimolante competizione nel fare a gara a superarsi in meglio invece che in peggio. E che riguarda tutti, qui nessuno è osservatore neutrale, chi non fa già manca al suo dovere, quale che sia. Per questo dovremmo sostenere partecipaMi in massa con denaro opere posizioni manifestazioni petizioni o quant’altro non esclusi i richiami ai nostri delegati, perché facendolo obligheremmo loro a seguirci, o a rinunciare.