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Inviato da avatar Eugenio Galli il 10-07-2011 alle 23:59

Caro Ludwig,

Credo che dobbiamo tutti sforzarci di ragionare sulle questioni "vere", abituandoci ad affrontare le discussioni nel merito, senza eluderle.

Altrimenti penso che si finisca col rendere poco utili anche occasioni di confronto e di scambio che la Rete promuove ed agevola.

Babele è la storia di un luogo in cui si parlavano molte lingue, senza capirsi ed è ancora oggi sinonimo di confusione, di disordine, di caos: vogliamo questo?


Quindi mi preme sottolineare che l’accessibilità in bici delle aree pedonali non è una prospettiva né una proposta. E’ la legge vigente, in Italia. Da quasi dieci anni.

Potrei fermarmi qui con la puntualizzazione.

Ma le sue affermazioni mi spingono a due altre considerazioni.


Innanzitutto, gli stereotipi vanno riconosciuti per quello che sono, per quello che possono dare, e per i rischi che contengono: trasformano la nostra percezione di casi individuali adattandola all’immagine generale degli stessi. Spesso sono deformazioni della realtà. Tanto più difficili da modificare quanto più ancorate a un senso irrazionale, che rende impossibile la confutazione con argomenti, cifre e numeri.

Le categorie generali sono astrazioni, semplificazioni. Servono talvolta per introdurre riflessioni. Ma perdono significato se avulse dalla realtà cui si riferiscono.

Dunque, mi permetto di segnalare che il “ciclista metropolitano” non esiste come figura unitaria e dalle caratteristiche univoche: esistono persone che si spostano in bici. E, posto che la stupidità, come insegna Carlo Maria Cipolla, è una categoria trasversale dell’animo umano, essa non appartiene in modo specifico ai ciclisti, più che ad altri. Il fatto dunque che esista chi, in bici (non meno che a piedi o in macchina) si comporta da maleducato, non può indurre a fare di ogni erba un fascio.

C’è il ciclista arrogante e incurante delle regole, ma anche quello educato e rispettoso delle esigenze altrui: e quindi? Come si fa ad equiparare casi così diversi sotto un’unica categoria generale apparentemente onnicomprensiva?

Resta il fatto che, in una città malata di traffico e di inquinamento, occorre favorire la mobilità sostenibile (trasporti pubblici, pedonalità, ciclabilità). E' indispensabile. E lo si deve fare attraverso provvedimenti concreti.


E infine: le sofferenze non si pesano. Provo grande dispiacere e assoluta vicinanza alla sua parente investita da un ciclista. Ma in questo, come in altri casi, non capisco cosa c’entri con il tema di cui stiamo discutendo. Cioè, cosa aggiunge alla nostra discussione? Vogliamo dire che i ciclisti sono dei pirati della strada? Che sono la principale causa di pericolo sulle nostre strade? Costringerli negli spazi loro esclusivamente riservati? Dobbiamo proibire l’uso della bici in ambito urbano?

Se si resta nel perimetro della razionalità, ci sono molti interventi possibili: educazione stradale, campagne di sensibilizzazione, fino anche agli interventi sanzionatori per rinforzare il rispetto delle regole da parte di tutti. Tutti. Ciclisti inclusi.

Il nostro Paese conta molti morti, feriti ed invalidi, con un costo sociale ed economico insostenibile in conseguenza della guerra in atto sulle strade. Ma non mi pare che questa "guerra" sia imputabile alle biciclette e ai ciclisti.


Saluti

Eugenio Galli

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