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Inviato da avatar Riccardo De Benedetti il 30-03-2017 alle 22:41

Molto interessante e istruttivo il dialogo che si sta dipanando. Una persona come me lontana dall’attività politica e della partecipazione attiva (se non su una questione particolare che però seguo a livello nazionale, relativa alle norme di tutela degli acquirenti di immobili in costruzione), chiede però chiarimenti su un punto specifico:

quanti degli strumenti di ascolto più o meno diffusi o più o meno estesi alla cittadinanza e con diverse carature rispetto alle competenze hanno poi una reale efficacia e influenza sul decisore politico?

Quando l’opinione del singolo o di più cittadini raggiunge il livello di rilevanza per chi decide? E quando e come verranno fornite le opportune valutazioni? E queste come cadranno sulle decisioni da prendere e su quelle già prese?

Il disegno della città futura, non nascondiamoci, è fatto da precisi portatori di interesse. Nel funzionamento democratico agli interessi materiali dovrebbero essere confrontati agli interessi della politica che raccoglie il consenso all’interno di una discussione tra eguali nella quale dovrebbe prevalere l’argomento migliore attraverso il maggior consenso ottenuto nel voto rappresentativo. È solo nell’arena politica, se venisse rispettata la sua funzione classica, che avrebbe la meglio l’argomento migliore a vantaggio della maggior parte dei partecipanti.

Sappiamo tutti, però, che questo non avviene, anzi avviene esattamente il contrario: il peso degli interessi materiali supera quello dell’argomento migliore in virtù di un tacito consenso per il quale l’interesse materiale ha la meglio su tutti gli altri. Non solo ma l’interesse materiale e consolidato spesso non è neppure esplicitato e posto in discussione. Spesso fa capolino ex post, a decisioni prese e valutate, già operative. Da qui nascono poi i conflitti con i cittadini che si accorgono di non aver dato il loro consenso a scelte e decisioni che erano implicite in vaghi e imprecisi indirizzi di programmazione.

Quindi, mi chiedo: ha senso davvero chiamare i cittadini a esprimersi nei confronti di scelte di cui non si sa in che misura e in che modo possano essere modificate ed eventualmente corrette alla luce di una discussione che sia il più possibile libera da interessi materiali consolidati fatti passare come necessità assoluta e indiscutibile? Lo chiedo senza polemica alcuna, ma solo per capire se nel propinare questionari, ascolti, partecipazioni, assemblee, rilevazioni demoscopiche si abbia di mira la riapertura di una discussione senza troppe precondizioni interessate o la semplice gestione del consenso su decisioni che hanno previamente tenuto conto della precondizioni e ora rincorrono la necessità di recuperare il consenso nel caso si rivelassero non gradite ai cittadini.

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