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Inviato da avatar Gianluca Gennai il 02-06-2017 alle 16:18

Di recente ho letto le ultime delibere pubblicate come sempre da Oliverio Gentile.

Preme fare un focus su 2 di esse.

La prima delibera è la numero 1635 ( in allegato ) relativa ad un accordo di collaborazione con il gruppo consolare dell’America latina e dei Carabi per il quale non sembra vi siano spese, trascurando le famigerate spese accessorie da considerare un’incognita.

La seconda delibera è la numero 1621 ( in allegato ). La delibera recita: Approvazione delle linee d’indirizzo ecc. ecc….con l’ausilio, in via sperimentale, di stagisti, in qualità di mediatori per la legalità e coesione sociale ecc. ecc. Costo dell’operazione 72000 euro + spese accessorie.

Non intendo soffermarmi sull’aspetto economico assai importante se si analizzasse il rapporto costi / benefici.

Entrambe pare siano orientate al raggiungimento di uno stesso fine (articolo in allegato) assai nobile quanto effimero e criptico:  approfondire un dialogo incentrato sulla comprensione di alcune dinamiche tra le quali quelle criminogene, facendo leva da una parte sullo scambio culturale ennesimo e dall’altra sulla "mediazione controllata", dove i vigili di quartiere dovrebbero scortare un gruppo di studenti universitari versus certi individui, spiegando loro, in lingua madre, cosa è giusto e cosa è sbagliato fare prima che si passi " alle vie brevi ".

Si tenta ancora attraverso la mediazione culturale, di arrivare alla palingenesi di una civiltà ad oggi considerata ideologicamente " sbagliata " per sperare di divenire " un’altra civiltà ", illuminata, alta, dove si trascendono le limitazioni umane per padroneggiare l’universo mondo e dove si conoscono tutti i mondi possibili, dove si aborra il " do ut des " e si sposa il concetto dell’uomo che rimane nel suo stato incompiuto se non afferma in sé stesso la materia della trasformazione, argomento tanto dibattuto da Rudolf Steiner.

Quanto previsto dalle delibere è a Mio avviso, un’espressione di una prevenzione ad oggi fallimentare, tardiva, incompiuta e forse demagogica se rapportata alla politica.

C’è la realtà " là fuori " di una città offesa in ogni dove, delle periferie abusate, delle persone aggredite, che impone un passo forse poco accettabile da una certa politica che si barrica sulle proprie posizioni ideologiche, assolutamente contraria anche ad una " repressione sostenibile " cioè non violenta atta a favorire un veloce ripristino della legalità dalla quale si dovrebbe partire per un dialogo che sia basato sull’accettazione delle regole, sull’assunzione delle responsabilità da parte di chi oggi è si trova ad essere un ospite non gradito dalla maggior parte dei cittadini stanchi ed esasperati sui quali andrebbe si attuato un percorso di dialogo e di ascolto.

La repressione è sempre considerata un’azione aberrante, non inclusiva, offensiva che ha " in sé " la tendenza autoritaria, lontana dall’illuminismo che si crede essere il tema portante di questa Milano percepita come un faro d’integrazione, inclusiva, ambiziosa a tal punto da voler essere d’esempio per tutti.

Mi viene in mente il paradosso del calabrone che rapportato all’aerodinamica, ha una superficie alare assolutamente non sufficiente per sostenere la massa corporea, ma Lui non lo sa e quindi vola.

Ecco, Noi siamo una " non società " ma non lo sappiamo quindi ci crediamo tale.

Ancora si abusa di termini come la tolleranza, l’inclusione, la convivenza, mentre la città vive di resilienza, di abusi, di disagi sociali ed economici.

Il dialogo non è un parola banale, è un sostantivo che da per scontato l’esistenza di una società la quale si basa sulla condivisione reciproca d’intenti e di doveri, ma lasciamo che sia l’università a tentare di sciogliere i nodi gordiani, gli universitari che tenteranno di non utilizzare " la soluzione alessandrina " per scioglierli, che assumono il ruolo di sostegno alla politica senza idee, senza coraggio, senza visione, mancante.

C’è una via di fuga, ben congegnata e percorribile per salvare la faccia, la definizione del progetto come " sperimentale ", l'aggettivo " sperimentale " ha in se tutti i possibili risultati compreso il fallimento, insomma la parola salva tutti.  

E’ sempre scorretto ricorrere a facili deduzioni ?

E’ un "evergreen" che riecheggia nel grido Fantozziano al termine del lungometraggio sulla corazzata Potëmkin ad esprimere un sintetico giudizio personale per il quale vorrei essere assolutamente condannato dall’aver errato.

Gianluca Gennai

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