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Inviato da avatar Valerio Onida il 23-11-2010 alle 14:55

Cara Natascia,
mi dispiace se lei si è sentita discriminata dalla parola "macchina del partito", che poi equivale ad apparato organizzativo. In realtà ciò che io notavo e criticavo non era certo che singole persone - dirigenti o semplici militanti del partito - prendessero posizione e si spendessero a favore del candidato che personalmente ritenevano preferibile: ciò che rientrava perfettamente nel contenuto dell'attività politica propria di ogni membro di un partito come di ogni altro elettore o simpatizzante.
Era solo il fatto che il gruppo dirigente schierasse il partito in quanto tale a favore di un candidato, dopo che aveva a scelto di affidare agli elettori, mediante le primarie, la scelta del candidato da proporre alla città. Una campagna elettorale ha sempre due aspetti: da un lato è confronto di idee e di persone, dall'altro è propaganda, cioè sforzo organizzativo per indurre quanti più elettori possibile a scegliere in un senso piuttosto che in un altro. Un partito dispone di organizzazione: non solo i famosi indirizzi cui inviare messaggi, ma una rete già costituita di militanti e di circoli, sedi ove diffondere materiale, risorse organizzative e finanziarie per la propaganda. Se in occasione di primarie un partito - guarda caso il maggiore dei partiti della coalizione, quello che ha l'organizzazione più consistente ed efficiente (dell'antico e glorioso PCI il PD ha conservato quasi solo la "macchina", appunto, ma quella l'ha conservata: forse insieme alla vecchia idea che "la linea viene dall'alto") - se, dicevo, il partito decide di spendere le proprie risorse organizzative a favore di un solo candidato alle primarie considerato a priori come "proprio", e con ciò di considerare gli altri candidati come "non propri" o "estranei", converrà anche lei che l'istituto delle primarie ne viene alterato. Il singolo elettore del PD sa, andando a votare, che deve scegliere non fra Boeri, Onida, Pisapia e Sacerdoti, ma fra il candidato del PD, quello di SEL e due "outsider". Certo, può essere, con molta fatica, raggiunto da messaggi diversi, ma è assai facile che sia indotto a votare per senso di appartenenza in modo conforme alla linea del partito (a mo' di conferma o ratifica), o magari anche in modo difforme ma per dissenso dalla linea dei dirigenti (quindi a votare contro la linea del partito, un voto in negativo, insomma). Così non si svolgono vere elezioni primarie, in cui tutti i candidati si presentano alla pari come possibili esponenti del partito o della coalizione, fra i quali gli elettori sono chiamati a scegliere. E la disparità fra chi ha dietro di sé l'organizzazione di un partito e chi ha dietro di sé solo persone non organizzate e le assai più modeste risorse che è in grado di mobilitare in poche settimane (non avendo un consorte petroliere, almeno), è del tutto evidente. La smentita che il risultato ha dato alla linea dell'apparato dirigente del PD dimostra che la stessa base del partito l'ha contestata, e vale come un risultato "in negativo" prima ancora che come scelta in positivo. Mi dispiace per i dirigenti del PD, ma questo è il senso chiaro emerso dal voto del 14 novembre. Essi dovrebbero prenderne atto e trarne le conseguenze, sia quanto al modo di organizzare e gestire in futuro le primarie (se le vorranno fare), sia quanto al merito delle scelte da loro fatte (su cui varrebbe la pena di discutere, in altra occasione).
Molti auguri cordiali per il Suo disinteressato lavoro politico.

Valerio Onida

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