12 anni fa
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Il bilancio degli ultimi anni mostra errori di impostazione, inopportune priorità, scelte effettuate oltre le reali possibilità, al di fuori delle regole e del buon senso. E chi da lontano ci osserva, emette giudizi poco confortanti, ma potrebbero soltanto essere  pregiudizi «strategici». Si impone l’esigenza di una politica nuova, lungimirante, saggia

Sono bastati quattro anni per vedere il senso scellerato delle politiche avviate. Si citavano opere importanti e si trascuravano quelle ordinarie. Nel campo della manutenzione stradale si definiscono proprio così: opere ordinarie e straordinarie. E mentre si progettavano, in tutti i settori imprese straordinarie, si tralasciava il controllo e la quotidianità.

Era giusto pensare in grande ma non si doveva certo tralasciare il minuto. Ed ora è tardi.

Si diceva “di riavviare la macchina che progetta e realizza grandi, medie e piccole infrastrutture viarie, metropolitane e ferroviarie“ senza considerare che anche per lo sviluppo c’è un limite. Che non è quello tanto sbandierato da taluni ambientalisti ma un mero aspetto pratico, sovente dimenticato da chi governa. In Italia, a Milano e nel mondo.

Questi amministratori (sia a livello comunale, sia a livello statale) non pensano esattamente come «buoni padri di famiglia» e sognano in grande. Giusto sognare in grande se si sogna e si persegue il sogno con risorse personali. Assai più controverso invece sognare in grande con risorse della collettività. Togliere risorse alla tutela del Comune e del territorio per realizzare opere nuove. Come se un buon padre di famiglia decidesse di indebitarsi sino all’inverosimile per acquistare beni superflui. E poi, dopo qualche anno, lamentarsi per il dissesto finanziario.


Impostare secondo le reali priorità

Si diceva che vi erano tappe da superare per recuperare il ritardo infrastrutturale del Paese, della Regione e del Comune, senza che nessuno avesse mai fatto due conti veri sullo stato di infrastrutturazione, fidandosi di statistiche che vedevano l’Italia, l'ambito regionale o comunale con pochi km di reti rispetto ad altre contesti. Senza mai interrogarsi sulle variabili che determinano le statistiche e la reale attendibilità delle stesse.

E tra progetti e sogni, alcuni Comuni, sono in rosso. Era notizia rdi pochi mesi fa l’indebitamento del Comune di Messina per oltre 240 milioni di euro eppure taluni ritengono che si debba costruire un ponte? Occorre essere onesti e definire una scala di priorità. La scala delle priorità è quella della corretta gestione del patrimonio infrastrutturale, territoriale, storico e artistico. Quest’ultimo proprio quello che tutto il mondo ci invidia. Per invidia sono state fatte statistiche finte, per invidia fanno passare la nostra nazione e i nostri Comuni come gli ultimi al mondo, ci presentano come gli Enti Locali peggio amministrati sul globo. E se invece fosse solo il modello proposto a livello mondiale ad essere del tutto sbagliato?

È sufficiente leggere i documenti della Banca Mondiale per avvedersene. Citano “il corretto livello di indebitamento” e viene da pensare “ma in che mondo vivono?”. Se si assume l’ottica del buon padre di famiglia il livello di indebitamento deve (DEVE) essere pari a zero. Si accumula e non ci si indebita mai. Se nei secoli passati i nostri avi avessero ragionato in questo modo assurdo nessuno possederebbe nulla.

Valutano il patrimonio del nostro Stato e ci definiscono sull’orlo del fallimento (insieme ai cugini greci e spagnoli) ma sono quegli stessi soloni che risiedono in un territorio immenso, poco connesso e dove un po’ di vento a 100 km/h distrugge ogni cosa. Dove una nevicata paralizza alcuni Stati. Chi valuta i loro edifici, immobili che qui in Italia definiremmo poco più che strutture temporanee, e a Milano abbiamo completamente eliminato, come se fossero vere abitazioni? Chi stila il bilancio del patrimonio degli Stati? Chi si permette di definire cosa ha valore e cosa non ne ha?


Nuove strategie d’azione per la crisi economica

Non vi sono difficoltà ordinarie che non possano essere superate. Ci sono cambiamenti climatici in atto? Costruiremo infrastrutture più resistenti. Procederemo con operazioni di salvaguardia capillare del territorio. Utilizzeremo tutte le tecniche possibili per far sì che nessuna alluvione possa apportare danni significativi. Le uniche difficoltà che devono essere superate sono quelle di tipo economico. Occorre subito cambiare metodo. Fermare questa politica finanziaria dissennata che vede lo Stato italiano stanziare importanti risorse per il terzo mondo. Occorre cambiare paradigma. Chi ha utilizza. Chi non ha, si accontenta. E quando vi sarà qualcosa che avanza ci penseremo. Sembra un discorso poco umanitario ma invece è l’unica cosa che può - da subito - contrastare la grave crisi economica che ha investito il mondo della finanza e che presenta pesanti ricadute nell’economia reale. Tutti hanno giocato la carta del “più dollari prestati, tanti più dollari guadagnati”. Ma il dollaro ha perso valore e il giochino si è rotto. Si è rotto anche perché in un mondo onesto il debitore farebbe di tutto per onorare il debito e restituire quanto avuto nel minor tempo possibile, ma in un mondo di empi tutto questo non accadrebbe e qui non sta accadendo. “L'empio prende in prestito e non restituisce”. Ed ora potrebbe essere difficile se non impossibile risolvere la crisi mondiale. Non ci sono effetti devastanti che non possano essere sanati ma occorre cambiare strategia d’azione. Se una politica non ha funzionato la si muta. E adesso occorre mutarla subito. Il controllo della spesa deve essere effettuato ovvero mantenendo le Province (che hanno anche la responsabilità della manutenzione stradale) e verificare lo stato della rete. Chilometro per chilometro. Ipotizzando preventivamente quali possano essere i rischi in caso di eventi meteoclimatici estremi. Occorre tornare a fare ciò che i nostri avi hanno sempre fatto: verifica del territorio e opere per il controllo delle acque. In fondo anche cinquecento anni fa si investivano ingenti risorse per canali e opere irrigue e certo i signori del tempo avrebbero preferito destinare i proventi delle tasse ad altro. Ma i signori del tempo erano ben consapevoli del fatto che una crisi generalizzata avrebbe portato alla rivolta e a potenziali atti efferati. Così provvedevano con opere utili alla collettività. Senza debiti, ovviamente.

Forse questo che si è appena concluso era un Governo di tecnici improvvisatisi tali? Erano state stabilite precise Norme (luglio 2012) in merito all’accorpamento delle Province, ma non sono state rispettate. Non è stata convocata con questo ordine del giorno alcuna Conferenza Stato Regioni eppure i media non hanno minimamente a dare indicazioni di «accorpamento dal primo gennaio 2013», accorpamento destituito di fondamento (Giuridico e Normativo). E la Regione Lombardia sulla BUR del 22 ottobre [D.g.r. 22 ottobre 2012 - n. IX/4183] aveva paradossalmente indicato altri accorpamenti.


Amministrare con razionalità e trasparenza

Oggi di fronte ad un precario quadro economico il Governo (anche quello che verrà) propone nuove tasse. Forse sarebbe meglio regalare buoni libri di storia ed invitare tutti i politici (eleggibili) alla lettura.

Non si devono fare nuove infrastrutture ma occorre mantenere in perfetto stato quelle esistenti. E la manutenzione ordinaria costa meno di quella straordinaria. Si veda quanto è scritto nel Rendiconto del Bilancio dello Stato anno 2011. Come è stato possibile che la spesa straordinaria abbia superato, e di molto, quella ordinaria? La spesa straordinaria, come dice il termine, è solo e soltanto per far fronte alle emergenze. E questo non è un Paese in emergenza. È soltanto un Paese mal amministrato. Si amministra meglio se la dimensione è tale per cui gli abitanti verificano l’operato di chi amministra. Se altri hanno fatto pressioni affinché si accorpassero le Province si dovrà chiedere lo stesso per l'amministrazione dei loro Stati ed imporre l’abolizione o l’accorpamento dei «Landkreis» ( che sono ben 295 in Germania contro le 110 Province italiane). L’Italia, il nostro patrimonio, le nostre risorse, fanno gola a troppi per sottovalutare i suggerimenti forniti su scala internazionale come se fossero del tutto disinteressati.

 “Il ricco signoreggia sui poveri, e chi prende in prestito è schiavo di chi presta.” Non dobbiamo chiedere prestiti a nessuno e dobbiamo pregare la Banca Mondiale di smettere di prestare soldi. Non serve ai Paesi in Via di Sviluppo (determina aumento della corruzione), non serve ai Paesi già sviluppati.

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