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Da http://referendum.comune.milano.it/referendum-popolari.html:

Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale, n. 77, del 4 aprile 2011 sono stati pubblicati i decreti del Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011 con i quali sono stati convocati, per i giorni di domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011, i seguenti quattro Referendum Popolari abrogativi previsti dall'articolo 75 della Costituzione:

Referendum n. 1 (scheda di votazione di colore rosso) avente la seguente denominazione:
"Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione".

Referendum n. 2 (scheda di votazione di colore giallo) avente la seguente denominazione:
"Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma".

Referendum n. 3 (scheda di votazione di colore grigio) avente la seguente denominazione:
"Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme".

Referendum n. 4 (scheda di votazione di colore verde chiaro) avente la seguente denominazione:
"Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale".



Da www.corriere.it:

http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/notizie/scheda-referendum-nazionali_377a9362-8c49-11e0-a34b-093db30f09b8.shtml

si vota domenica 12 e lunedì 13 giugno

Referendum, i quattro quesiti

Due sulla privatizzazione dell'acqua, poi energia nucleare e legittimo impedimento

Sono quattro i quesiti sui quali i cittadini italiani (anche quelli residenti all'estero iscritti all'Aire, ai quali le schede sono già in gran parte arrivate) saranno chiamati a pronunciarsi in un referendum domenica 12 e lunedì 13 giugno. Ricordiamo che questo tipo di referendum può essere solo abrogativo, cioè si richiede l'annnullamento di una norma già esistente. Due quesiti riguardano la privatizzazione dell'acqua, uno il legittimo impedimento per premier e ministri, e uno la realizzazione di centrali nucleari, referendum questo che è stato giudicato ammissibile dalla Corte di Cassazione nonostante le nuove norme approvate a fine maggio dal Parlamento nel decreto Omnibus.

Privatizzazione acqua
Vota sì: chi è contrario alla privatizzazione dei servizi di fornitura dell'acqua. Per chi vota no l'acqua era e resta un bene pubblico, cambia solo la gestione

REFERENDUM 1 - Scheda di colore rosso. Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In pratica si chiede l'abolizione della privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui quelli idrici, che resterebbero quindi in mano pubblica.

Tariffe servizio idrico
Chi vota sì: vuole abrogare la norma che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa. Chi vota no teme che il servizio resti inefficiente

REFERENDUM 2 - Scheda di colore giallo. Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. In pratica si impedisce di fare profitti sull'acqua. Si chiede infatti l'abolizione della norma che prevede la sicurezza dei guadagni da parte delle società private alle quali sono stati affidati i servizi idrici, quindi la possibilità di aumentare le tariffe. Il gestore privato con la legge in vigore può caricare sulla bolletta fino al 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a un miglioramento qualitativo del servizio.

Nucleare
Chi vota sì: impedisce che possano essere progettate in futuro nuove centrali nucleari in Italia. Chi vota no: vuole mantenere l'attuale legge e avere nuove centrali

REFERENDUM 3 - Scheda di colore grigio. Riguarda le nuove centrali per l'energia nucleare. Dopo la decisione della Suprema Corte, il testo del quesito dovrà essere riformulato.


Legittimo impedimento
Vota sì: chi crede che il premier o i ministri non possano anteporre l'esercizio delle loro funzioni alle esigenze di giustizia. Per chi vota no la legge è già  adeguata

REFERENDUM 4 - Scheda di colore verde. Abrogazione della legge 7 aprile 2010, n. 51 in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale. La Corte Costituzione aveva già parzialmente abrogato la legge sul legittimo impedimento, in particolare nella parte che dava alla presidenza del Consiglio la possibilità di «autocertificare» l'impedimento costringendo il giudice a rinviare l'udienza

Redazione online
01 giugno 2011


Da http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/:

http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/notizie/02-Privatizzazione-dei-servizi-di-fornitura-dell-acqua_5c477414-8cfb-11e0-8b49-ca4aa220e493.shtml

SCHEDA DI COLORE ROSSO

Privatizzazione dei servizi di fornitura dell’acqua

Il primo referendum sull’acqua si intitola: «Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica». Il quesito, molto complesso nella formulazione, mira ad abrogare l’art. 23 bis (dodici commi) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», a più riprese modificato da provvedimenti del 2009. La legge stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. La normativa comunitaria non impone la privatizzazione dei servizi pubblici locali, ma consente agli Stati membri di mantenere la gestione pubblica e non impone una soglia minima di partecipazione dei privati nelle società miste. n pratica l'acqua resta di proprietà pubblica ma gli acquedotti e i servizi idrici possono essere privatizzati.

Scontro fra chi crede nell’efficienza del mercato e chi vuole che le risorse idriche restino al pubblico

Le ragioni del «sì»
Vota «sì» chi è contrario alla privatizzazione dei servizi di fornitura dell’acqua, la cui gestione è messa nelle mani dei privati dalla legge Ronchi (della quale si chiede l’abrogazione). Se i sì non prevarranno le società a totale capitale pubblico cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. Abrogare questa norma —secondo il comitato promotore — significa contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici

Le ragioni del «no»
Chi si orienta per il no sottolinea che non è vero che l’acqua viene «privatizzata»: l’acqua era e resta un bene pubblico, cambia solo la gestione del servizio. Gli argomenti portati a favore di questa tesi sono i seguenti: ogni anno il dissesto del comparto idrico costa agli italiani 2 miliardi di euro e molte persone non sanno che oggi l’acqua ha prezzi enormemente diversi da una città all’altra e da una parte all’altra del Paese. L’entrata in campo dei privati, è il ragionamento, servirà per rendere efficiente e migliorare il servizio

Che cosa succederà se vincono i «sì»
Se il referendum avrà successo resteranno attivi gli affidamenti del servizio a società pubbliche, secondo la loro scadenza naturale, e gli enti locali saranno liberi di scegliere il modo di affidamento del servizio: a privati, a società miste (senza limiti minimi di partecipazione dei privati) oppure a società pubbliche.

Che cosa succederà se vincono i «no» o non si raggiunge il quorum
L'acqua resta di proprietà pubblica ma gli acquedotti e i servizi idrici possono essere privatizzati. Le società miste dovranno ridurre la propria partecipazione pubblica al 60% entro il 2012 o, nel caso di società quotate in Borsa, al 35% entro il 2015. Con il mantenimento delle norme transitorie dell’art. 23 bis è prevista la progressiva estinzione delle gestioni pubbliche dei servizi attualmente operanti.

Maria Antonietta Calabrò
Paolo Virtuani
02 giugno 2011


http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/notizie/02-Determinazione-delle-tariffe-del-servizio-idrico_e4a6db9c-8cfb-11e0-8b49-ca4aa220e493.shtml


SCHEDA DI COLORE GIALLO

Determinazione delle tariffe del servizio idrico

L’altro referendum sull’acqua s’intitola: «Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito». Questo il quesito: «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?»

Le ragioni del «sì»
«La parte di normativa che si chiede di abrogare», afferma il comitato promotore, «è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio». Dunque, conclude chi è favorevole al «sì»: «Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria si elimina il "cavallo di Troia" che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici: si impedisce di fare profitti sull’acqua»

Le ragioni del «no»
Senza remunerazione dei capitali, dice chi non vuole l’abrogazione, non ci sarà interesse per i privati a gestire il servizio, che rimarrà inefficiente com’era finora, con acquedotti-colabrodo e mancanza d’acqua in certe zone e periodi dell’anno. Molti scandali (come quello dell’acquedotto pugliese) hanno riguardato in passato la gestione delle risorse idriche: è necessario cambiare e smantellare i «carrozzoni politici» che hanno fatto di servizi pubblici essenziali il loro appannaggio esclusivo

Che cosa succederà se vincono i «sì»
La tariffa deve tenere conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere e della «remunerazione del capitale investito». Quest'ultima espressione attribuisce agli imprenditori privati una remunerazione ulteriore rispetto alla copertura dei costi. Se il referendum avrà successo, l’importo della tariffa non potrà più tenere conto di tale remunerazione, ma solo della copertura dei costi. In pratica si impedisce di fare profitti sull'acqua.

Che cosa succederà se vincono i «no» o non si raggiunge il quorum
L'imprenditore privato può caricare sulla bolletta dei cittadini il 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a investimenti per il miglioramento qualitativo del servizio.

Maria Antonietta Calabrò
Paolo Virtuani
02 giugno 2011


http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/notizie/02-nucleare_56ac3156-8cfc-11e0-8b49-ca4aa220e493.shtml


SCHEDA DI COLORE GRIGIO

Nucleare

Il titolo del referendum sul nucleare, riformulato dalla Corte di Cassazione alla luce delle norme introdotte con il decreto Omnibus, sarà: «Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare». Il testo del quesito dice: «Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del dl 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?»

Le ragioni del «sì»
Si vota «sì» per impedire che possano essere progettate, localizzate e realizzate in futuro nuove centrali nucleari sul territorio italiano. Il piano italiano prevede attualmente otto nuovi reattori in quattro nuove centrali. Tra le ragioni di chi lo critica ci sono gli alti costi e soprattutto le insufficienti garanzie di sicurezza della tecnologia in relazione al funzionamento delle centrali stesse, anche in considerazione della forte sismicità del territorio italiano. Gli elevatissimi finanziamenti necessari, potrebbero inoltre essere utilizzati per realizzare un piano energetico alternativo basato sulle energie rinnovabili, come hanno già deciso di fare Germania e Svizzera, che dopo l’incidente alla centrale giapponese di Fukushima hanno rinunciato per sempre al nucleare.

Le ragioni del «no»
Vota no chi vuole mantenere l’attuale legge e quindi avere nuove centrali nucleari. Visto che siamo circondati da centrali nucleari degli altri Paesi confinanti, in particolare la Francia, e importiamo energia proprio dalla Francia ad alto costo. Vota no chi ritiene che le centrali di nuova generazione siano più sicure di quelle che hanno subito l’incidente in Giappone. Ma anche chi non si reca a votare può fare una scelta che — abbassando il quorum necessario perché il referendum sia valido — può alla fine avallare la decisione di costruire nuove centrali nucleari .

Che cosa succederà se vincono i «sì»
Il programma nucleare italiano viene bloccato. L'Enel potrà comunque proseguire nei programmi nucleari già avviati all'estero (Francia, Spagna e Slovacchia). L'Italia nel futuro potrebbe aprire altre centrali a carbone per far fronte a una mancanza di produzione elettrica, ma al momento è difficile prevederlo dato che già oggi quelle a gas producono il 35% in meno delle loro capacità in quanto non conviene (overcapacity), inoltre sono già attivi i collegamenti degli impianti fotovoltaici pari a 5,56 gigawatt e stanno per essere collegati in rete altri 2,18 GW. Proseguiranno le importazioni di energia nucleare prodotta in Francia, mentre Svizzera e Germania hanno già annunciato la prossima uscita dall'atomo.

Che cosa succederà se vincono i «no» o non si raggiunge il quorum
Il programma nucleare sarà sospeso per un anno, come già annunciato dal governo. Al termine della moratoria di dodici mesi (fine maggio 2012) potrebbe riprendere, ma dopo la rinuncia di Germania e Svizzera appare improbabile.

Maria Antonietta Calabrò
Paolo Virtuani

02 giugno 2011


http://www.corriere.it/politica/speciali/2011/referendum/notizie/02-legittimo-impedimento_92305bd0-8cfc-11e0-8b49-ca4aa220e493.shtm


SCHEDA DI COLORE VERDE CHIARO

Legittimo impedimento

Il referendum si intitola: «Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale». Il quesito dice: «Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché l’articolo 2, della legge 7 aprile 2010, n. 51, recante "Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza"?»

Le ragioni del «sì»
Voterà «sì» chi ritiene che il presidente del Consiglio o i ministri, siano essi parlamentari oppure no, non debbano poter anteporre l’esercizio delle loro funzioni di governo alle esigenze di giustizia che li riguardino, esattamente come capita a un cittadino qualsiasi in base al principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.

Le ragioni del «no»
Voterà «no» chi pensa che la legge nella forma attuale, parzialmente riscritta dalla Corte costituzionale nella sua sentenza del gennaio scorso (che assegna al giudice il compito di valutare di volta in volta se un’assenza in udienza è giustificata), abbia passato il vaglio di legittimità, operi un bilanciamento tra le esigenze di giustizia — quelle di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e quelle della governabilità — e quindi non sia uno «scudo penale» o addirittura un’immunità. Per la Consulta, il presidente del Consiglio e i ministri hanno diritto a una forma tipica di «impedimento» in relazione alla funzione, una tutela ulteriore rispetto a quella che in base al codice hanno tutti i cittadini. Uno studio della Corte Costituzionale ricorda che in molti Paesi i titolari del potere esecutivo (se non sono membri del Parlamento e quindi non godono delle particolari prerogative dell’essere membri di assemblee elettive) hanno varie forme peculiari di protezione penale

Che cosa succederà se vincono i «sì»
Il presidente del Consiglio e i ministri non possono più evitare di comparire in udienza al tribunale in un processo penale in qualità di imputati con la motivazione di essere impegnati in funzioni di governo. Già oggi, però, dopo una sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2011, sono i magistrati a valutare, caso per caso, se sussistano realmente motivi di legittimo impedimento da parte di premier e ministri, bocciando la certificazione di Palazzo Chigi sull'impedimento e l'obbligo per il giudice di rinviare l'udienza fino a sei mesi.

Che cosa succederà se vincono i «no» o non si raggiunge il quorum
Il presidente del Consiglio e i ministri possono continuare a motivare con l'impegno in funzioni di governo la mancata comparizione in udienza in tribunale in un processo penale in qualità di imputati. I magistrati continueranno a valutare, caso per caso, se sussistano realmente motivi di legittimo impedimento addotti da premier e ministri.

Maria Antonietta Calabrò
Paolo Virtuani
02 giugno 2011

Allegati (2)

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