urlo

di Alessandro Mortarino

Salvatore Settis ha lanciato, dalle colonne de “Il Sole 24 Ore” di domenica 12 gennaio, una proposta che ritengo non debba passare inosservata e che riguarda un necessario codice etico di cui anche i professionisti del mondo dell’architettura dovrebbero dotarsi con urgenza.

Settis antepone la sua proposta con la considerazione di quanto le devastazioni del nostro paesaggio non possano essere esclusivamente addebitate alla «perversa alleanza tra forze diverse dell’imprenditoria, della finanza, della politica e delle mafie. Ma ne sono responsabili anche architetti, ingegneri e urbanisti» (e mi verrebbe da aggiungere anche i geometri) …

Se accettiamo questa corresponsione di responsabilità, allora è nel campo etico che dobbiamo agire, prendendo ad esempio ciò che per la professione medica rappresenta il «giuramento di Ippocrate: regolerò ogni prescrizione per il giovamento del malato secondo le mie possibilità e il mio giudizio; e giuro che mi asterrò dal recar loro qualsiasi danno e offesa (…). In qualsiasi casa io entri, giuro che vi entrerò solo per il bene dei malati, astenendomi da ogni offesa volontaria e da ogni abuso».

 Il prof. Settis propone di creare un analogo “giuramento” anche per la professione dell’architetto, poggiando sulle caratteristiche descritte da Vitruvio nei primi passi del suo trattato “De architectura”: «La scienza dell’architetto richiede l’apporto di molte discipline e di conoscenze relative a svariati campi. Egli dev’essere in grado di giudicare i prodotti di ogni altra arte. La sua competenza nasce da due componenti: quella pratica, che è la costruzione e quella teorica. La “fabrica” consiste nell’esercizio continuato e ripetuto dell’esperienza costruttiva, che si concreta quando l’architetto di sua propria mano, sulla base di un disegno progettuale, realizza l’edificio desiderato. La ratiocinatio consiste nella capacità di esporre e spiegare gli edifici, una volta costruiti con debita diligenza, secondo computi matematici e proporzionali. Solo chi padroneggia sia la pratica che la teoria è dotato di tutte le armi necessarie e può conseguire pieno successo (…). L’architetto deve dunque avere ingegno naturale ma anche sapersi sottoporre alle regole dell’arte (…) Deve avere cultura letteraria, essere esperto nel disegno, preparato in geometria e ricco di cognizioni storiche; deve avere nozioni di filosofia e di musica, saper qualcosa di medicina e di diritto, ma anche di astronomia e astrologia».

Per Settis, dunque, un “giuramento di Vitruvio”, perfetto equivalente di quello di Ippocrate per i medici, avrebbe impedito a chiunque costruisce oggi in Italia di edificare a un passo dalle discariche campane o su pavimentazioni basate su rifiuti tossici, in Calabria come in Lombardia, poichè il suo giuramento lo avrebbe costretto a costruire solo «salubres habitationes»; e neppure una “archistar” avrebbe potuto garantire una «copertura professionale».

Le qualità che Vitruvio chiedeva all’architetto sono ancora attuali?, domanda Settis indicando l’arretramento delle scuole di architettura in tutto il mondo, in particolare nella storia dell’arte e della stessa architettura «quasi fosse un peso gravoso di cui liberarsi per vivere gloriosamente uno smemorato presente».

«Le urgenze del presente ci spingono a rileggere le vicende del passato non come mero accumulo di dati eruditi ma come memoria vivente delle comunità umane (…). E’ infatti dovere, anzi mestiere, di chi “fa storia” coltivare uno sguardo lungo, una visione delle cose e degli uomini che riguarda tanto il passato quanto il futuro, necessariamente imperniandosi sul presente ma non come spettatori passivi, bensì interpretandone le contraddizioni alla luce della storia, premessa necessaria per provare a costruire un futuro diverso e migliore».

Mi verrebbe da chiosare che «un futuro diverso e migliore» è l’unica nuova edificazione che oggi vorremmo concederci … !

E certamente un giuramento così etico, che coniughi il «rispetto della storia (e dei contesti)» e «l’attenzione per la salute; due facce della stessa medaglia» – così come il prof. Settis conclude il suo intervento propositivo – rappresenta un cardine per la professione del futuro (e del presente).

All’interno della nostra ramificata rete nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio, i sintomi di questo “nuovo codice etico” sono già ben presenti e l’esempio di quel gruppo di giovani (e non solo giovani) architetti “obiettori dal consumo di nuovo suolo”, che da mesi sta ricercando una strada collettiva per dirottare le richieste di chi spasima (sempre meno …) per una nuova villetta orientando, all’opposto, in direzione dell’individuazione di una diversa soluzione di recupero dell’esistente, mi pare già una pietra miliare. Che tutti ci auguriamo – Vitruvio in primis – diventi prassi.

Per saperne di più sul gruppo di lavoro “obiettori”, leggete qui: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2012/11/vogliamo-diventare-obiettori-di-coscienza-per-difendere-i-suoli/

E per restare nel solco dell’etica e della responsabilità sociale, come non ricordare le ripetute indicazioni del più grande sindacato italiano dei lavoratori del comparto delle costruzioni – Fillea Cgil – che invita ad azzerare le nuove edificazioni e riorientare il “mercato” verso il recupero e il riuso dell’enorme patrimonio immobiliare esistente ed oggi non utilizzato ? Qui trovate qualche utile informazione:

http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/06/un-comunicato-congiunto-fillea-cgil-e-salviamo-il-paesaggio-stop-al-consumo-di-suolo/

I segnali di un moderno Rinascimento sono molto più che un semplice desiderio interiore.

Ma ora tocca ai nipoti di Vitruvio …