9 anni fa
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In guerra, o in crisi, che poi secondo la fenomenologia di Euclide sarebbero la stessa cosa. Il conflitto come principio di tutte le cose in una  Milano dalle periferie mai vista prima al cinema o in tv, dove ogni edificio è diverso dall'altro perché nessun architetto ha seguito un disegno paesistico, ha realizzato quello che ha voluto e l'amministrazione tanto meno l'ha cercato, lasciando fare, nella deregulation più anarchica che si possa concepire... 



In guerra
 è un film di Davide Sibaldi ambientato tra le vie della Milano di notte, "anche se non è importante sapere che è Milano, serviva lo sfondo di una città europea occidentale". Una lunga passeggiata notturna a passo veloce di due giovani che si occupano di cultura. Non è la città del quadrilatero rassicurante sanbabila-duomo-castello-scala, è un luogo senza paesaggio, un non-luogo con edifici molto diversi, ammassati, o tagliati da grandi spazi vuoti, da arterie che a Milano tutti conoscono per esserci passati in auto tante volte in entrata o uscita, da cui però non sono mai scesi, mai sono penetrati nei quartieri a lato.  Il film immagina una metropoli problematica, dove una sorta di coprifuoco messo in atto  da tutte  le persone pericolose che tutte insieme a una data ora si riversano per strada originando episodi di piccola e grave violenza.  La coppia osa "violare" quel coprifuoco. In guerra, ma anche "in crisi", nel tentativo di trovare una soluzione che possa risolvere un'epoca di grandi interrogativi. 
In questa videointervista https://www.youtube.com/watch?v=pyLJ97O1GzM al regista Davide Sibaldi e a due attori del film, Fausto Cabra e Fabrizio Martorelli emerge l'indicazione di una generazione che non ha mai conosciuto una guerra vera, ma di fatto, molto pericolosamente, la cerca. Il film ha tutta una sua teoria sulla violenza. Nelle scene c'è,  sì, ma "vera", quella insegnata sul set da maestri d'arti marziali, non   quella altamente spettacolarizzata (e aiutata da effetti speciali) di tanti film americani e francesi; è la violenza che ti manda a terra dopo un pugno, come di solito succede, e non dopo un quarto d'ora di calci e schiaffi volando fra un tetto e l'altro, come se tutti i brutti ceffi incontrati sulla strada fossero cultori della materia.  Milano, dice Sibaldi, "è sempre stata snobbata dal cinema, come scenografia è vergine al 100% , è quasi "post atomica", non c'è una ricerca estetica, con tutti quei vuoti e pieni, edifici e spiazzi, in alternanza". E la periferia non è un luogo pericoloso e negativo per antonomasia, o almeno, dipende da come i personaggi la vedono. Budget di 6mila euro, quando normalmente per un film del genere ne servono almeno 400 mila  (a parte il compenso dei 30 attori, solo per gli effetti speciali il compenso sarebbe stato di 100 mila euro), In guerra è un film altamente sperimentale. 



Due vedute notturne della periferia milanese



Mostra una città più pericolosa di quella che obiettivamente è Milano, o una qualsiasi città occidentale, "si tratta di una forzatura divertente, "tarantiniana", ma anche fiabesca, incute inquietudine ma possiede un fascino grottesco", dice Martorelli. "In un periodo di crisi le percezioni sono sempre estreme", dice Cabra, protagonista insieme ad Anna Della Rosa, "la rabbia a volte scatta per cose giustificate, a volte per "cavolate", cose non pericolose, la rabbia come stato mentale della crisi deformerà le occasioni, amplifica la crisi, immobilizza". 
E Milano che indubbiamente rivela una schizofrenia tutta sua nel mostrare un palazzo diverso dall'altro, come se non ci fosse un'idea collettiva di come risolvere una prospettiva, un habitat, un paesaggio, resta per questo un luogo a suo modo affascinante. 



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