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Inviato da avatar Enrico Vigo il 03-06-2012 alle 07:20

Ecco alcune delle ragioni che reclamano l'adeguamento del PGT-Ammazza-Milano appena approvato, da LA REPUBBLICA web:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/06/02/news/le_universit_saranno_il_motore_per_milano_da_oggi_fino_al_2020-36388175/

LA RICERCA

Le università saranno il motore della città da oggi fino al 2020

Un'indagine di Scenari Immobiliari: “Popolazione in crescita a 1,4 milioni di residenti”
Immigrati dal 16 al 25%. Con il tramonto del ruolo della finanza, si punterà sulla ricerca
di ILARIA CARRA

Più abitanti, ma non troppo, si arriverà al massimo fino a un milione e 400mila residenti. Nessuna mezza misura: ci saranno più giovani ma soprattutto più vecchi. E uno su quattro sarà straniero. È una città dalla crescita lenta, la Milano immaginata nel 2020. Da mecca della finanza e dei servizi oggi, a capitale della conoscenza e della ricerca domani. E per questo con bisogni diversi. A partire dalla casa: i prezzi cresceranno di una media del 9 per cento ma servirà più housing sociale, che oggi rappresenta solo il 7 per cento delle residenze, cioè la metà della media delle grandi città europea.

Un'indagine condotta dal centro studi Scenari immobiliari, che verrà presentata martedì a Palazzo Giureconsulti, simula il dna della città del futuro. Incrociando i dati Istat con i pareri di una cinquantina di opinion leader milanesi, tra tecnici e professori. Il risultato è una città che gradualmente dovrebbe ripopolarsi: nessun boom ma un processo piuttosto rallentato e contenuto. Non solo. Dalle proiezioni si prevede una crescita del 16 per cento degli over 65 in Lombardia: nel 2020 saranno il 22 per cento del totale. Una tendenza che a Milano sarà ancora più accentuata. I milanesi vivranno più a lungo. Un invecchiamento della popolazione che sarà in parte controbilanciato dall'aumento degli stranieri, che dal 16 per cento del 2010 diventeranno quasi il 25 per cento dei residenti.

È per questo che ci saranno anche esigenze diverse da soddisfare: un incremento del bisogno di cure, di alloggi adatti, di assistenza e servizi sociali. La speranza è nel mondo delle università che stanno tornando a giocare un ruolo di sviluppo. E che attrarranno studenti anche da fuori città e dall'estero. Spiega Mario Breglia, presidente di Scenari immobiliari: «Milano è tornata a essere attrattiva. Arriveranno giovani famiglie, ricercatori, medici, ammalati e loro parenti: sarà una città più abitata e più polarizzata. Per questo serviranno più case che costino meno. E ci saranno da riconvertire gli spazi a uso ufficio che man mano si svuotano: in cinque anni stimiamo saranno un milione di metri quadri».

Così, si osserva nello studio, si dovrà integrare l'offerta di residenze per studenti. Perché tra le carenze di Milano c'è proprio la questione dei giovani: in città si stima che ci siano oggi 31.800 ragazzi in meno rispetto alla media europea. È su questo fronte che si deve accrescere la capacità di accoglienza e di offerta di un alloggio accessibile a studenti, giovani, lavoratori a tempo determinato. Non solo. Per colmare le lacune di oggi bisognerà migliorare anche il settore ricettivo e il trasporto pubblico locale che soffre la mancata integrazione del sistema milanese con quello dell'hinterland.

Determinanti, in questi anni, saranno l'applicazione del Piano di governo del territorio, da poco approvato dal Consiglio comunale, che riduce le possibilità edificatorie, e l’Expo del 2015, che sarà un evento trainante per lo sviluppo. Da qui si vedrà come cambia la città. E anche il costo delle case. Dalle simulazioni si vede già che nel 2012 ci si attende un'inversione di tendenza: se nel 2011 le compravendite sono calate del 3,7 per cento, negli anni a venire si salirà del 2,7 per cento.

In numeri assoluti, significa che dalle 25.800 operazioni a Milano l'anno scorso, quest’anno saranno 26.500. Ci sarà poi un picco (32.000) nel 2016 per poi riassestarsi a 27.100 nel 2020. È tra otto anni che il giro d'affari del mercato immobiliare sarà di 10,7 miliardi. Con la previsione che le case rincareranno, ma con un distinguo: di qui al 2020 ci si attende una crescita tra il 6,5 per cento del centro e il 12,6 dei quartieri semicentrali. Una media del 9 per cento. Nessuna crisi immobiliare, oggi e mai, per gli immobili 'trofeo', come la Galleria: un bene di alta qualità con ampie opportunità di mercato nei prossimi anni.

(02 giugno 2012)

Altre osservazioni:   http://www.arcipelagomilano.org/archives/19474 , qui un estratto:

... omissis... Veniamo ora alla sostanza. Al giochino delle differenze. La prima cosa che balza agli occhi è che sono stati tagliati gli indici territoriali. Sia quello degli ATU (nel Documento di Piano) che quello unico (nel Piano delle Regole). Il primo è stato dimezzato da 0,65 a 0,35 mq/mq, il secondo scende da 0,5 a 0,35 mq/mq. Quindi in teoria si potrà costruire meno. Inoltre è sparito il concetto di densificazione e il relativo coefficiente. Non esistono più gli ATIPG (Ambiti di Trasformazione di Interesse Pubblico e Generale) e anche gli ATP (Ambiti di Trasformazione Periurbani) sono stati fortemente ridimensionati. Fin qui nulla di clamoroso o inatteso. La scelta di limitare i nuovi volumi realizzabili era stata annunciata fin dagli inizi come uno degli obbiettivi di questa revisione del piano. Una scelta legittima e assolutamente politica. E quindi non desidero entrare nel merito.

Ci sono però dei punti nelle nuove norme che mi lasciano perplesso. Per esempio nel DDP si dice all’art. 4 che se per vari motivi anche negli ATP vi saranno diritti edificatori, questi potranno essere trasferiti nel Tessuto Urbano Consolidato (TUC), ma non negli ATU – Ambiti di Trasformazione Urbana – (che non si possono densificare). A mio parere sarebbe stato meglio lasciare questa seconda opzione dato che le aree degli ATU si prestano in generale meglio ad accogliere densità edilizie maggiori rispetto al TUC.

Ma è con l’art. 5 che la faccenda si fa problematica. Spero di aver capito male io, ma temo che si sia peggiorato il meccanismo di garanzia per l’edilizia sociale invece di migliorarlo. Cercate di seguirmi perché è complicato. Ho spesso detto (in articoli e convegni) che nelle Norme Tecniche di Attuazione degli ATU c’era un inghippo che riguardava la quota parte di edilizia sociale, per cui lo 0,35 mq/mq obbligatorio in realtà si riduceva a un misero 0,1 mq/mq, per come era scritta la norma dato che il restante 0,25 mq/mq poteva essere convertito in “funzioni diverse, che siano compensate dalla realizzazione di opere di interesse pubblico, individuate in sede di pianificazione attuativa, da realizzarsi anche all’esterno dell’ambito di trasformazione interessato, purché a esso funzionalmente collegate“.

Il nuovo PGT giustamente cassa questa parte della norma e la riscrive sia riducendo l’Ut da 0,65 a 0,35 mq/mq sia modulando diversamente la quota di edilizia sociale, che rimane però la stessa del PGT Moratti (0,35 mq/mq). In pratica lo 0,35 si articola in a) un massimo di 0,20 mq/mq per edilizia convenzionata o agevolata o co-housing, b) un massimo di 0,10 mq/mq per edilizia in locazione convenzionata e c) un minimo di 0,05 mq/mq per edilizia sociale in locazione da realizzarsi in presenza di fondi pubblici, che però può essere monetizzato o trasformato in edilizia come al punto a). Se non siete fuggiti di fronte a cotante contorsioni aspettate ancora un attimo. Per come è scritta la norma, provo a pensare all’ipotesi più sfavorevole, perché a pensare male… diceva un tale. Dato che i punti a) e b) prevedono un massimo, ma non un minimo io posso anche fare 0 mq/mq di a) e b) e concentrare tutti gli 0,35 mq/mq al punto c) che prevede un minimo ma non un massimo. Peccato che il punto c) sia monetizzabile. E quindi niente più edilizia sociale. Solo tanti soldini nelle casse del Comune.

Sono io che penso male e sono malizioso? Magari mi sono perso nella complessità della norma. E già questo potrebbe essere un indice di norma fatta male o poco chiara. O forse c’è un errore materiale? Perché non vorrei che qualcuno fosse portato a pensare che una giunta di sinistra abbia volontariamente redatto una norma che permette di bypassare l’obbligo dell’edilizia sociale. Qui si è fatto peggio della Moratti, se non ho compreso male. Sperem

Termino qui, per il momento. Ma segnalo che il tema della città metropolitana non mi pare più presente rispetto alla versione precedente. Lo stesso discorso si può estendere alle attività produttive come ha chiaramente spiegato il professor Boatti la settimana scorsa. La mia prima impressione a caldo è che il “nuovo” PGT rischi di essere peggiore di quello vecchio proprio perché si forma attraverso correzioni anche forzate dell’impianto precedente. Non basta dire che il piano prevede meno metri quadri per dire che è migliore. Di più. Di fronte a variazioni non solo quantitative ma anche qualitative mi chiedo se non sia il caso di riaprire la fase delle osservazioni. È forse un piano che nasce a rischio di ricorsi per vizi formali?"

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