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Inviato da avatar David Gentili il 08-07-2012 alle 21:58

Transparency International e la Commissione Antimafia hanno iniziato con martedì 3 luglio una collaborazione che si desidera sia il più concreta e proficua possibile per l’Amministrazione Comunale. Una prima audizione durante la quale, Davide Del Monte, Direttore di Transparency Italia e Nicoletta Parisi, docente a Catania di Diritto Internazionale e a Milano, in Cattolica, di Diritto Comunitario, oltre ad inquadrare quantitativamente e qualitativamente il fenomeno corruzione, si sono soffermati su alcune attenzioni e procedure atte a prevenirlo e combatterlo. Ecco il link al documento presentato dal dottor Del Monte.

Sono di qualche giorno fa le parole del Procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola: "La lievitazione straordinaria che colpisce i costi delle grandi opere riconducibile a fenomeni corruttivi è quantificabile nel 40%”

Altri dati significativi ci vengono offerti dal Global Corruption Barometer che tra il 2009 e il 2010 ci dice che il 13% degli italiani avrebbe ammesso il pagamento di tangenti, contro il 5% della media degli altri paesi europei.

Ed infine è giusto ricordare che nella classifica della corruzione percepita, Transparency ci colloca al posto numero 69 su 182 nazioni, nel 2010 eravamo al 67 posto, mentre nel 2001 eravamo 29esimi.

Ogni posizione in meno si calcola che determini una diminuzione del 16% degli investimenti Esteri.

Uno degli strumenti contro la corruzione su cui ci si è soffermati durante la commissione è il Whistleblowing.

Il whistleblower (chi soffia nel fischietto) è chi testimonia un illecito o un’irregolarità sul luogo di lavoro e decide di segnalarlo a una persona o un ente che può agire efficacemente al riguardo.

Pur rischiando personalmente atti di ritorsione a causa della segnalazione, svolge un ruolo di interesse pubblico dando all’ente la possibilità di conoscere tempestivamente un problema ed esponendo al pubblico possibili pericoli.

Il whistleblower agisce nell’interesse pubblico. L'articolo 5 del DDL Anticorruzione approvato alla camera il 14 di giugno ed ora in discussione al Senato, prevede di aggiungere l'articolo 54-bis al Testo unico del pubblico impiego, al fine di tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro. Il dipendente che segnala illeciti non può essere quindi sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria. Non è sufficiente, come ci ha detto Nicoletta Parisi. Innanzi tutto si parla di denuncia di condotte illecite, quando è possibile anche prevenirle con una segnalazione appropriata che anticipa il reato. Non si parla poi di tutela dell'anonimato del segnalatore. La Commissione antimafia, sollecitata e sostenuta da TI, proporrà una procedura di segnalazione, tramite la rete intranet, che dia la garanzia dell'anonimato al dipendente pubblico, almeno fino al momento in cui diventa improcrastinabile garantire la difesa di chi è accusato. Si dovrà anche costituire un organismo di vigilanza con la funzione di ricevere le segnalazioni, interloquire, garantendone l'anonimato, con il whistleblower, avviando, laddove se ne ravvedano gli estremi, un'indagine interna al fine di verificare la veridicità della segnalazione e avviare una procedura di sanzione del comportamento e della persona che lo ha messo in atto. Su suggerimento di Nicoletta Parisi, l'organismo di vigilanza dovrebbe essere composto da numero dispari di persone di cui alcune, la minoranza, interne all'Amministrazione Pubblica, presieduto da persona di grande autorevolezza ed esperienza, esterna alla PA.

Nei prossimi giorni definiremo, in stretta collaborazione con TI, un Ordine del giorno sul Whistleblowing, che proporremo in aula alla prima seduta utile di inizio settembre.

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