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Inviato da avatar Eugenio Galli il 05-04-2011 alle 22:54

Noi credevamo...

L’occultamento del Piano della Mobilità Ciclistica, alla cui elaborazione Ciclobby aveva intensamente collaborato. Il Tavolo comunale sulla Sicurezza stradale, invano richiesto per anni da Ciclobby per favorire un confronto costante tra utenze della strada e amministrazione, e finalmente costituito dall’assessore Croci, ma dissoltosi poi nel nulla. Il silenzio dell’amministrazione comunale sulle nostre richieste di chiarimenti relative al divieto di accesso alle bici nel tunnel di Porta Nuova. Le mancate risposte alla petizione (oltre tremila le firme raccolte) lanciata dalla nostra associazione per dare strada alla bici in corso Buenos Aires, cogliendo l’occasione del progetto di riqualificazione in fase di attuazione. E potremmo lungamente continuare in questo doloroso elenco, anche solo limitandoci ai fatti più recenti.

Noi credevamo, sul nascere dell’amministrazione guidata dal sindaco Letizia Brichetto Moratti, che si fosse finalmente aperta una stagione nuova, concreta e pragmatica, per affrontare molti problemi della città in tema di ambiente, traffico e mobilità sostenibile, dopo il devastante decennio di Albertini sindaco e commissario straordinario. Alcuni segnali positivi sembravano andare in quella direzione, manifestando un’attenzione e una sensibilità nuove. Ma le delusioni sono cominciate presto.

Possiamo ormai dire che tutti i tentativi di canalizzare in modo positivo e propositivo – cioè non meramente protestatario – le attese a favore della mobilità sostenibile a Milano, le ansie, le speranze e le insoddisfazioni, da parte nostra sforzandoci sempre di tradurre le istanze sulla ciclabilità in proposte concrete, sono falliti o rimasti inascoltati. Gli esiti positivi si contano con difficoltà e, al di là di una certa propaganda, muovono comunque passi incerti (Ecopass e bike sharing tra questi).

E’ evidente che tutto questo produce un senso di estraneità che non giova alla partecipazione, ma stimola l’individualismo o pulsioni anche peggiori.

Sbagliamo qualcosa? Nessuno di noi è infallibile, ma c’è qualcuno disponibile e capace di fare meglio, si accomodi.

L’impegno del volontariato associativo non è mai banale e va rispettato: costa fatica, richiede tempo, dedizione, energie, passione, competenze. E molti, dentro e fuori l’associazione, incitano a non mollare la presa. Ma non è facile coltivare uno spirito costruttivo, rinforzare la propria motivazione se ci si sofferma a riflettere su questa lunga serie di silenzi e mancate risposte. Eppure, abbiamo il dovere di continuare. Per non soffocare la speranza di un domani migliore. Per non tradire l’impegno di chi ci ha preceduto. Per continuare a dare voce a temi che, altrimenti, cadrebbero quasi certamente nel dimenticatoio.

Si avvicinano le elezioni comunali, che riguardano più da vicino la comunità dei cittadini: è un’occasione importante per riflettere su questi temi, per fare un bilancio informato e realistico, dando un peso alle responsabilità, e ciascuno assumendosi le proprie.

Sappiamo bene che la collocazione trasversale della nostra associazione, non per indifferenza ma per fedeltà alla sua missione, fa sì che gli stessi soci esprimano orientamenti diversi, da una parte all’altra dello schieramento politico. Ma poiché il nostro non è un hobby, bensì una lobby (questo il vero senso del nome Ciclobby, da taluno impropriamente pronunciato con una “h”) che si muove in tutte le direzioni, riteniamo che occorra, da tutte le parti, dismettere i panni dell’ideologia e guardare le cose per come sono in realtà, non per come si vorrebbe che fossero o per come ci si immagina che siano.

Ebbene, a Milano governa da almeno venti anni la stessa parte politica: in qualche caso si tratta anche, fisicamente, delle stesse persone. E’ la volontà della maggioranza quella che si trova tradotta nel governo della città. Ma di fronte alla situazione descritta è doveroso per ogni cittadino interrogarsi, anche superando le proprie consuetudini di voto.

Se la mobilità ciclistica a Milano è arretrata rispetto alle altre città europee, se altre città si sono evolute in questi anni e Milano è rimasta al palo, segnata da tensioni contraddittorie e incapace di scelte politiche coraggiose, ciò non è un prodotto del caso ma porta precise responsabilità.

Non possiamo rassegnarci a questa situazione, come se fosse frutto di una maledizione divina, invocando il fato avverso, il destino cinico e baro, l’alibi della “mancanza di cultura” (di chi?).

Certo, la macchina amministrativa non è semplice, le risorse non abbondano, Milano è una città complessa. Ma la società civile, le associazioni, inclusa la nostra, hanno fatto di tutto. C’è un tema fondamentale di volontà politica che è il vero nodo mai seriamente affrontato. E che non si risolve, in modo autoreferenziale, con le conferenze stampa.

Ci sarebbe piaciuto sentire dal sindaco e da chi ha amministrato in questi anni la città almeno una autocritica e un impegno chiaro e specifico a correggere e cambiare le cose che non hanno funzionato. Un segnale forte.

Ma nemmeno questo ci è stato dato.

Dunque, come pensare di poter guardare con rinnovata fiducia alle stesse persone che hanno tradito i precedenti impegni? La fiducia non vive di promesse. Occorre che il segnale venga dai cittadini.

Eugenio Galli

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