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Inviato da avatar Patrizia Ines Quartieri il 11-09-2012 alle 11:59

Buon anno alla scuola di via Paravia, ai suoi alunni e alle loro famiglie, alle insegnanti.

Domani inizia  un nuovo anno scolastico e tra mille difficoltà una bella notizia emerge: riapre la classe prima nella scuola elementare di Via Paravia.

Un'inversione di tendenza raggiunta grazie al lavoro dell'assessorato, che ha creduto su un presidio di integrazione rimandando al mittente criteri selettivi e discriminatori.

I dati di ogni giorno ci confermano un fenomeno ormai consolidato, quello dell'immigrazione, che ci impedisce di ragionare con modelli ormai obsoleti. Straniera è una neo mamma su tre e se non fosse per lei avremmo un saldo negativo tra nascite e decessi, solo per fare un esempio.

Chi non voleva l'apertura della sezione, nonostante il numero sufficiente di domande d'iscrizione, sostiene che troppi bambini stranieri non aiutano l'integrazione. Meglio dividerli tra le scuole della zona e, se sono troppi, che si rivolgano altrove.

Ma chi oggi può credere che sia un elenco di cognomi stranieri a fare una classe di bambini "stranieri"? E poi straniero rispetto a cosa, se molti di loro sono poi figli di nuovi cittadini italiani?

Ovviamente non può essere solo un cognome a raccontare la storia di un bambino. Da quanti anni  e' in Italia, se è nato in Italia, se ha frequentato la scuola materna, se è di seconda o terza generazione, se è figlio di coppia mista. Spesso è lui stesso cittadino italiano. E se togliamo tutti questi casi, bambini realmente neo arrivati possono essere contati sulle dita di una mano, laddove ci sono, in una  classe.

E' pensabile quindi che il termine straniero, in un contesto come quello scolastico, possa assommare tutti quei bambini che non portano un cognome italiano? Senza tener conto anche delle diversità abissali tra una cultura e un'altra, anche all' interno della stessa etnia? Chi lavora nella scuola non ha mai creduto in quelle soluzioni oscurantiste, razziste e semplicistiche delle classi ghetto o delle percentuali. Il tema, complesso, richiede una conoscenza reale dei bambini, della loro storia e ben altre risposte, anche costituzionali.

Risorse professionali, classi meno numerose, solo per fare due esempi.

Inoltre con  quale criterio decido che alcuni bambini possono frequentare la scuola vicino a casa, mentre altri devono vagare anche fuori dalla zona? Verrebbe da dire che  proprio chi ha meno radici in quel quartiere, ha più bisogno di costruirne e la scuola vicino a casa è il terreno più fertile. Nelle periferie dove vive la maggior parte di queste famiglie, il tema e' all'ordine del giorno.

Quindi, La scommessa su via  Paravia ci racconta anche della volontà di fare di quella scuola un presidio sociale importante e necessario, una scuola aperta, un polo per l'integrazione, una scommessa non facile, ma che nei fatti esprime un'inversione di marcia chiara rispetto alla precedente amministrazione che la destinava alla chiusura.

A trecento metri il comune di Milano da anni ha una sua scuola primaria, quella di Via San giusto. Fino a due anni fa, mentre si “condannava" l’eccessiva presenza di bambini  "stranieri" in via Paravia, circa il 90%, nella vicina primaria comunale ce n'erano solo il 6% ! Qualche riflessione si impone.

Più in generale la scuola milanese denuncia sofferenze macroscopiche, a cominciare dai dati sulla dispersione scolastica.

Abbiamo sempre più bisogno di una scuola inclusiva, per il benessere di ciascuno e di tutti, partendo da una lettura aggiornata dei bisogni, da strumenti non obsoleti, da competenze e motivazione, da risorse professionali che vanno valorizzate.

Serve un lavoro sempre più stretto di sinergia tra istituzioni, senza sovrapporsi, ma facendo rete. Una rete fitta, intelligente e attenta a tener dentro proprio chi più rischia  di rimaner fuori. Magari a causa nostra.

La scuola dell’infanzia con il suo ruolo educativo e socializzante pone le basi ma non basta. Oggi  servono risposte territoriali di inclusione e investimenti che favoriscano l'accesso e la frequenza, creando le condizioni, monitorando, abbattendo muri, anche quelli invisibili. I più pericolosi.

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