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riporto l'articolo da WIRED:
http://gadget.wired.it/news/applicazioni/2013/08/26/perche-google-investimento-uber-vetture-senza-autista-456546.html
Perché Google investe in Uber
Ecco i motivi della mossa di BigG. E quelli per cui l'applicazione di San Francisco può stappare lo champagne
26 agosto 2013 di Martina PennisiGoober. O Uboole. Da qualche giorno - l'ufficialità è arrivata nelle ultime ore - nel settore del digitale ha fatto capolino un nuovo mostro a due teste: quelle di Google e Uber. Mountain View, attraverso il fondoGoogle Ventures, ha investito 257,79 milioni di dollari nella società fondata a San Francisco daTravis Kalanick e Garrett Camp. Nei suoi quattro anni di vita, l'applicazione dedicata al trasporto privato aveva già rastrellato cifre consistenti, l'ultima delle quali risalente al 2011 e pari a 11 milioni di dollari. Con questo pesante colpo di mano del colosso californiano arriva a un valore stimato di 3,5 miliardi. E le sirene di Wall Street iniziano a farsi sempre più insistenti.
La mossa di Google non stupisce particolarmente. Larry Page e Sergey Brin non hanno mai fatto mistero del loro interesse per l' evoluzione dei trasporti: il sogno proibito è quello di farci viaggiare suvetture prive di conducente. Lo svelano anche i primi minuti della pellicola The Internship - in italianoGli stagisti -, arrivata recentemente sul grande schermo, durante i quali i protagonisti Vince Vaughn e Owen Wilson si imbattono nella futuristica e autonoma automobile all'interno della sede di Mountain View. Questo potrebbe essere il futuro delle strade delle nostre città. Il presente è caratterizzato da soluzioni come Uber, che mette in contatto clienti e autisti attraverso lo smartphone, e Waze, l'applicazione israeliana di navigazione social su cui Google ha messo le grinfie (e poco meno di un miliardo di dollari) a fine luglio.
Lato Uber, passare sotto l'egida di Page e Brin è quanto di meglio si poteva sperare. In Italia e nel resto del mondo l'applicazione sta fronteggiando le proteste delle categorie che si sentono minacciate dalla novità. I tassisti in primis, ma anche le società tradizionali di autonoleggio. A Milano, prima città italiana in cui ha fatto capolino la soluzione, si è reso necessario l' intervento del Comune, che a inizio agosto ha firmato un provvedimento volto a inquadrare l'attività di Uber nelle normative nostrane. All'app, impegnata intanto nella conquista della capitale, viene chiesto di attendere la chiamata dei clienti all'interno delle autorimesse e di pattuire il costo della corsa preventivamente. A San Francisco l'atteggiamento di Palazzo Marino non è piaciuto e l'intenzione è quella di impugnare il provvedimento. Il braccio di ferro è dunque destinato a caratterizzare anche l'autunno. In una situazione del genere, che ha caratterizzato anche il mercato newyorkese e quello di Stoccolma, i colori di Google danno tutt'altro volto allo scontro. Un conto è prendersela con una realtà - seppur arrembante - giovane e in crescita, un conto è vedersela con un colosso strutturato che con il malizioso motto Don't be evil polverizza la concorrenza (praticamente) in qualsiasi settore si propone. Con o senza autista.
La mossa di Google non stupisce particolarmente. Larry Page e Sergey Brin non hanno mai fatto mistero del loro interesse per l' evoluzione dei trasporti: il sogno proibito è quello di farci viaggiare suvetture prive di conducente. Lo svelano anche i primi minuti della pellicola The Internship - in italianoGli stagisti -, arrivata recentemente sul grande schermo, durante i quali i protagonisti Vince Vaughn e Owen Wilson si imbattono nella futuristica e autonoma automobile all'interno della sede di Mountain View. Questo potrebbe essere il futuro delle strade delle nostre città. Il presente è caratterizzato da soluzioni come Uber, che mette in contatto clienti e autisti attraverso lo smartphone, e Waze, l'applicazione israeliana di navigazione social su cui Google ha messo le grinfie (e poco meno di un miliardo di dollari) a fine luglio.
Lato Uber, passare sotto l'egida di Page e Brin è quanto di meglio si poteva sperare. In Italia e nel resto del mondo l'applicazione sta fronteggiando le proteste delle categorie che si sentono minacciate dalla novità. I tassisti in primis, ma anche le società tradizionali di autonoleggio. A Milano, prima città italiana in cui ha fatto capolino la soluzione, si è reso necessario l' intervento del Comune, che a inizio agosto ha firmato un provvedimento volto a inquadrare l'attività di Uber nelle normative nostrane. All'app, impegnata intanto nella conquista della capitale, viene chiesto di attendere la chiamata dei clienti all'interno delle autorimesse e di pattuire il costo della corsa preventivamente. A San Francisco l'atteggiamento di Palazzo Marino non è piaciuto e l'intenzione è quella di impugnare il provvedimento. Il braccio di ferro è dunque destinato a caratterizzare anche l'autunno. In una situazione del genere, che ha caratterizzato anche il mercato newyorkese e quello di Stoccolma, i colori di Google danno tutt'altro volto allo scontro. Un conto è prendersela con una realtà - seppur arrembante - giovane e in crescita, un conto è vedersela con un colosso strutturato che con il malizioso motto Don't be evil polverizza la concorrenza (praticamente) in qualsiasi settore si propone. Con o senza autista.
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