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Inviato da avatar Bruno Alessandro Bertini il 15-10-2013 alle 00:28

Faccio un brutto commento, e siccome non voglio portare il discorso su temi razziali mi limito a considerare le differenze di ceto sociale.

In un videogioco che raramente uso ci sono i ricchi, il ceto medio operaio, quello intellettuale, e poi ci sono i poveri.

Lo scopo è quello di far prosperare una città facendo convivere tutti questi.

Lì non è neppure contemplata la possibilità di mischiare i vari ceti sociali (pena il verificarsi di rivolte e contestazioni).

Semplicemente i diversi ceti vanno tenuti separati, dando ad ognuno i suoi spazi per il lavoro e per il divertimento.

Ovviamente la città non può funzionare senza la presenza di ricchi, operai, artigiani, manager, professori, ricercatori, e poveri.

Uscendo da questo esempio, nella realtà, per anni la parola d'ordine è stata: "integrazione".

In una società tutto sommato omogenea c'era l'idea di poter integrare anche chi fosse povero o avesse abitudini culturali diverse.

Idea meritevole, probabilmente nata dal rapporto numerico tra cittadinanza omogenea e da integrare.

L'idea di quartieri ghetto rimanda a tempi antichi in cui il massimo dell'integrazione era non uccidersi a vicenda per un tozzo di pane o una divergenza religiosa.

Oggi però serve guardarsi bene attorno: in città ci sono ceti socialmente diversi e il numero dei loro componenti è tale che pensare ad un'integrazione tra loro è anacronistico.

C'è chi la sera vuole ubriacarsi con pochi spiccioli e chi invece ama la tranquillità di un quartiere pulito in cui si può passeggiare senza avere paura.

E' possibile tenere assieme queste due realtà nonostante l'integrazione sia impossibile?

Progettare una città con quartieri dedicati a un certo ceto sociale è una possibile soluzione?

Quali sono i rischi sociali?

Quali i vantaggi?

Quali precauzioni prendere per evitare di commettere errori, lasciando la possibilità di integrazione a chi voglia veramente farlo ma rispettando esigenze e culture differenti?

Insomma, una serie di domande sulle quali riflettere prima di attuare una pianificazione.

Domande inutili per chi non ha intenzione di pianificare nulla, lasciando che le cose vadano come devono andare.

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