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Inviato da avatar Gabriele Mariani il 25-11-2013 alle 15:08



Le Ferrovie dello Stato S.p.A. sono proprietarie di oltre l’1% del territorio di Milano. E’ una superficie notevole, parliamo di più di 2 kmq di suolo fatto di stazioni, anello ferroviario e scali. E’ suolo prezioso, strettamente connesso al tessuto urbano della città. Intendendo dismettere gran parte della superficie dei sette scali ferroviari, le ferrovie hanno iniziato nel 2005, insieme al Comune di Milano, a definire un percorso per la loro trasformazione. Ne è seguito nel 2007 un Accordo di Programma (AdP) per stabilire il futuro di queste aree, in buona sostanza per definire quanto costruire e quanto lasciare a verde pubblico.

La passata amministrazione Moratti aveva previsto, nel suo Piano di governo del territorio (PGT) , per ciascun scalo ferroviario, determinate volumetrie edificabili e superfici a verde. Il PGT approvato dalla nuova amministrazione di centro-sinistra, al contrario, ha di fatto ridotto la quantità di superficie da costruire ed ha introdotto una novità di sostanza: l’accordo per la trasformazione delle aree sarebbe dovuto essere unitario, non singolarmente area per area. E’ proprio questo nuovo approccio che ha consentito all’assessore De Cesaris di affermare che “Senza accordo quelle aree valgono zero”.

E’ dunque in atto un braccio di ferro tra Ferrovie e Comune nel quale le prime vogliono massimizzare i propri utili (poter costruire quanto più possibile) mentre il Comune intende collegare questi utili alla realizzazione da parte delle ferrovie stesse di opere infrastrutturali legate al territorio cittadino (reti di trasporto pubblico e nuovi vagoni).

Lo scalo ferroviario di Lambrate, con i suoi oltre 70.000 mq di superficie, rientra pienamente in questa vicenda. La superficie interessata dalla trasformazione si trova compresa fra il rilevato ferroviario e le vie Crespi, San Faustino e Console Flaminio, una superficie lunga e stretta, addossata al rilevato stesso. Su quest’area sono al momento previsti 60/70.000 mq di superficie residenziale. Per farci un’idea si tratterebbe di circa 10 torri di 12 piani con verde residuale distribuito lungo tutta l’area. Subito alle spalle dello scalo ferroviario sono già in corso una serie di notevoli trasformazioni urbanistiche di iniziativa privata che prevedono nei prossimi anni la costruzione di oltre 200.000 mq di superficie residenziale. E’ inoltre evidente che l’insediamento di decine di migliaia di nuovi residenti all’esterno della cinta ferroviaria imporrà un nuovo e più efficiente collegamento stradale fatto di almeno un nuovo sottopasso e di una integrale riqualificazione del sistema viabilistico di questa parte della Zona.

C’è da chiedersi: sarebbe questo il futuro migliore per questa parte della Zona 3 ? C’è davvero bisogno di tutta questa volumetria residenziale?

Un approccio radicalmente diverso a queste aree di trasformazione è a mio parere possibile ed un interessante spunto ce lo fornisce Luca Beltrami Gadola nel suo articolo apparso su ArcipelagoMilano.  Si tratta di partire dai reali bisogni della città che possono essere anche in contrasto con gli interessi del proprietario delle aree stesse, le Ferrovie dello Stato S.p.A.

Il reale valore delle aree degli scali ferroviari potrebbe essere determinato a partire dalla attualizzazione del costo di esproprio a suo tempo sostenuto dalle ferrovie incrementato del costo di bonifica delle stesse.

E’ dalla somma di questi due valori che dovrebbe scaturire la quantita’ di volume da edificare per consentire alle Ferrovie dello Stato di restituire le aree alla citta’ bonificate a costo zero per l’amministrazione. Ogni metro cubo in piu' su tali aree dovrebbe poi corrispondere a investimenti delle ferrovie direttamente sul suolo milanese.

E in questa ottica, nel caso dello scalo di Lambrate, i  70.000 mq previsti appaiono  dunque assolutamente sproporzionati per risarcire le Ferrovie di esproprio e bonifica.


Gabriele Antonio Mariani

Pres, Comm. Urbanistica e Territorio Zona 3

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