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Inviato da avatar Beppe Caravita il 03-07-2011 alle 20:21

Credo sia lecito chiedersi, oggi, la seguente questione, piuttosto urgente.

Se la pesante eredità della Moratti porta oggi la giunta Pisapia, per mano di Bruno Tabacci, a tagli immediati di bilancio per 25 milioni (servizi sociali e educazione) ha senso per il Comune (soldi nostri) spendere 38 milioni di euro nell'Expo 2015?

Vediamo la situazione:

«Su indicazione dell'assessore Tabacci - si legge nel comunicato ufficiale di Palazzo Marino - il servizio del bilancio ha proposto un intervento di contenimento sui capitoli di bilancio nella parte corrente per circa 25 milioni di euro, in aggiunta all'azione già decisa per 28 milioni dalla precedente amministrazione». In realtà i milioni che mancano nelle casse di Palazzo Marino sarebbero molti di più. Pochi giorni fa Tabacci era stato chiarissimo: «Abbiamo a tutt'oggi un potenziale disavanzo di 186 milioni di euro per la spesa corrente». Quindi, all'appello, nonostante i tagli, mancherebbero ancora 136 milioni di euro. E quindi, con ogni probabilità, la manovra di rientro verrà spalmata anche sul 2012.


Il Comune di Milano, di fatto, è stato dissestato prima dal famigerato Albertini (e i suoi derivati) e poi dalla Moratti. 136 milioni di euro di buco (nascosti dalla precedente amministrazione) al netto dei tagli già decisi, ci dice Tabacci, persona seria. Certo, non è un'apocalisse (è il 3,4% del bilancio comunale di previsione 2011) ma è pur sempre una bella grana e una bella menzogna ai danni dei milanesi.

Ci possiamo permettere l'Expo 2015, ripeto?

Poi, se questa Moratti ci ha mentito sulle finanze del Comune (ci diceva era in attivo e invece ha un buco di 158 milioni) come possiamo dare credito a un simile personaggio che decantava ai quattro venti le virtù salvifiche dell'Expo? Quali interessi aveva da tutelare?

Quando uno è in disavanzo gli investimenti li fa (per regola puramente matematica) a debito. Dobbiamo indebitarci, e quasi certamente a lungo termine, per l'Expo 2015? Posaiamo pensare he i 38 milioni da spendere nell'Expo torneranno mai con gli interessi al Comune? Possiamo pensare che con la prospettiva di stangate continue sugli Enti Locali questo esborso non si trasformerà in gravoso debito a lungo termine?

Che cosa è e cosa sarà realmente questo Expo 2015? Un investimento per la città oppure solo per pochi soliti noti?

Io mi pongo questa domanda, dato che i tempi stringono, come ha detto nell'intervista rilasciata oggi a Il Giorno, Stefano Boeri, assessore comunale all'Expo . E che qualcuno pare avere le idee fin troppo chiare al riguardo, anche senza alcuna consultazione pubblica dei cittadini milanesi (quelli che pagano e pagheranno in definitiva l'Expo).

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Vicente Loscertales, segretario generale del Bie, ha ribadito che i lavori devono iniziare entro ottobre, altrimenti l'evento è a rischio. I cantieri partiranno entro quel mese o c'è il rischio di nuove sorprese?
«Non possiamo derogare alla scadenza. Entro luglio sarà lanciata la gara per la rimozione delle interferenze, su questo è in corso una Conferenza dei servizi, ed entro ottobre partiranno i lavori sul sito: non c'è altra scelta, bisogna partire. A novembre, poi, sarà indetta la gara per la piastra, per dotare il sito delle reti e delle forniture necessarie all'evento».

Anche qualora i lavori partano a ottobre, tre anni sono sufficienti per realizzare quanto previsto sul sito o c'è il rischio che si debba rinunciare a qualcosa? E, nel caso, quali realizzazioni oggi previste potrebbero saltare?
«I tempi sono stretti, lo sappiamo tutti. Ma sufficienti. L'ostacolo della proprietà delle aree è stato superato, finora è stato questo il problema che ha complicato la tempistica dei lavori».

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Personalmente non ho idee preconcette, mi limito a chiedere una discussione seria e trasparente, alla luce di questo disastro ereditato da Albertini e Moratti (ma anche Formigoni), tipico della politica di questo centrodestra berlusconiano.

Mi limito a chiedere una seria analisi dei costi e benefici reali di questa esposizione universale ultra-costosa.  I soldi non ci sono, ci indebitiamo per l'Expo? A qual fine? Questa è la mia semplice domanda.

Luca Mercalli è intervenuto su Il Fatto Quotidiano del 23 giugno 2011 sostenendo che “Expo 2015 non s’ha da fare”. Dice Mercalli:

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Oggi il principale veicolo di informazione sulle novità del mondo, è Internet. Un'esposizione dove la gente veniva a toccare con mano il progresso era all'avanguardia cent'anni fa e forse ha avuto ancora senso fino agli anni Settanta, ma ora in un mondo globalizzato e percorso dai dati in tempo reale di Internet, non ha più alcuna ragione d'essere. Le soluzioni progettuali concepite ora saranno già vecchie all'inaugurazione. Dunque l'obiettivo è il business? Da wikipedia si legge che "l'evento porterà a oltre 20 miliardi di euro d'investimento in infrastrutture, nel periodo 2010-2015 verranno creati 70.000 posti di lavoro, nei 6 mesi dell'Expo si stima che arriveranno 29 milioni di turisti, il fatturato del mondo imprenditoriale milanese aumenterà di 44 miliardi di euro, verranno creati 11 km² di spazio verde" Numeri sulla carta, wishful thinking.

Ma chi dice che ci saranno 29 milioni di turisti? A Saragozza 2008 se ne attendevano 10 milioni e furono poco più della metà, provenienti per oltre il 95 per cento dalla Spagna e solo per meno del 5 per cento dall'estero. In Val di Susa gli impianti delle Olimpiadi 2006 sono in perdita, dovevano rappresentare l'occasione di sempre per il rilancio della montagna, ora si prega per un decreto da 40 milioni di euro destinato al salvataggio della pista da bob di Cesana, cattedrale nel bosco lanciata verso il baratro economico. E chi andrà mai a innaffiare orti tra i capannoni di Rho Fiera nel dopo Expo? Dateli subito ora i lotti di terreno, a studenti, lavoratori e pensionati che l'orto ve lo faranno vero e a costo zero, e dimostreranno con i fatti e non sui rendering virtuali come si fa agricoltura urbana sostenibile".

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Ma a chi fa gola oggi l'Expo 2015?

La risposta è probabilmente nell'articolo di Gianni Barbacetto su Il Fatto Quotidiano di ieri:

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Bella grana, per il sindaco appena insediato in piazza della Scala, tra l'entusiasmo della Milano di sinistra e la soddisfazione di quella moderata. Non aveva neppure completato il trasloco, che si è trovato il dossier Expo sul tavolo, con la soluzione già decisa da Formigoni: le aree su cui realizzare l'Esposizione universale del 2015 (un milione di metri quadri, due terzi della Fondazione Fiera, controllata dalla Regione di Formigoni, un terzo del gruppo Cabassi) dovranno essere comprate da una società appositamente costituita, la Arexpo spa, che poi le metterà a disposizione della società Expo spa per realizzare l'evento. Costo dell'operazione aree: 120 milioni di euro, 80 alla Fondazione Fiera, 40 a Cabassi, sborsati dal Comune di Milano (38 milioni per avere il 51 per cento di Arexpo), dalla Regione (9,5 milioni per il suo 12,7) e dalla Fondazione Fiera (che ottiene il 34,9 per cento di Arexpo senza versare un soldo, ma conferendo i suoi terreni). Qualche euro lo metteranno anche la Provincia di Milano e il Comune di Rho, che nella nuova società avranno lo 0,7 per cento.
Qual è il problema che preoccupa Pisapia? Che dopo averci messo tutti questi soldi, l'Expo dell'orto planetario progettato da Boeri diventa impossibile. Per rientrare dell'investimento, Comune e Regione dovranno tirar su case e uffici, altro che aree agricole e orti. Lo dice chiaro l'Accordo di programma: la Arexpo dovrà realizzare "la riqualificazione del sito espositivo privilegiando progetti mirati a realizzare una più elevata qualità del contesto sociale, economico e territoriale" (pag.13). Lo dovrà fare "al termine dell'esposizione universale mediante un intervento di trasformazione urbanistica" (pag. 17). Chiuso l'Expo, arriverà il cemento. Lo permette l'indice urbanistico previsto, 0,52: almeno 520 mila metri quadri, concentrati sulla metà dell'area (l'altra metà dovrebbe restare a verde), che si aggiungeranno ai 230 mila metri quadri comunque previsti nel piano Expo. Totale, 750 mila metri quadri.
L'Expo naturale e tecnologico delle biodiversità si trasforma in un'operazione immobiliare, a tutto vantaggio dei bilanci della Fondazione Fiera. Formigoni ha detto a Pisapia: prendere o lasciare. E Pisapia non vuole e non può passare come il sindaco che appena arrivato fa perdere l'Expo a Milano.

Ora però sta riflettendo: non può neanche passare come il sindaco del cemento. Gliel'ha ribadito anche Legambiente, con un comunicato che ricorda l'esito di uno dei cinque referendum cittadini votati il 12 e 13 giugno a Milano: il parco dell"Expo deve rimanere parco anche dopo l'esposizione. "La richiesta di un parco dell'Expo, espressa dai cittadini due settimane fa, è chiara", scrive Legambiente, "e non può essere elusa. Siamo consapevoli delle esigenze dell'evento, ma non possiamo far finta di non sapere che in quell'area si stanno accumulando previsioni per milioni di metri cubi di nuovi edifici, non solo nel recinto di Expo, ma anche a Cascina Merlata, Stephenson, Città della Salute. Il risultato non sarà la 'Dèfense' milanese, ma una bolgia di cemento. La città viene prima di Expo e degli interessi, pur legittimi, dei proprietari dei terreni".

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Indebitarci (e cementificarci) per un flop immobiliarista, quindi?

Qualcuno può rispondere nel merito, e con argomenti convincenti, prego?

Dove, come e perchè andiamo a mettere 38 milioni di preziosi soldi nostri di un Comune di Milano lasciato in dissesto?

Perchè questo Expo è più importante dell'educazione e dei servizi sociali?

Perchè questo Expo va fatto ad ogni costo?

Prendere o lasciare, secondo Formigoni?

Ma non dovremmo essere noi a decidere?

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