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Inviato da avatar Eugenio Galli il 05-06-2014 alle 09:53

Caro Andrea De Gradi, mi spiace averla sconcertata. Vorrei però far presente che anche Eugenio Galli, nonostante il ruolo (croce e delizia) di presidente di una associazione di volontariato storica quale Fiab Milano Ciclobby, è un cittadino a cui viene riconosciuta libertà di opinione: sbaglio?

Le riporto qui a seguire ciò che avevo scritto al giornalista del Corriere, sperando che giovi alla comprensione del mio pensiero:

«Ho letto l'articolo di Simone Dini e, personalmente, ne condivido appieno i contenuti.

Siccome non abbiamo ancora condiviso una posizione come associazione, non mi sento di esprimerla come linea ufficiale, anticipando la discussione interna di merito.

Ma non mi sottraggo per questo alla responsabilità di esprimere una mia opinione. Più politica che tecnica, se vuoi. [...]

Sicuramente mi sento di aggiungere che qualsiasi nostra critica non può essere in alcun modo accomunata a quella di alcuni commercianti [o di talune fazioni politiche, aggiungo] che hanno voluto, più o meno strumentalmente, aprire un fronte di protesta su questo.

Dalla ciclabilità e della mobilità dolce e sostenibile il commercio locale può ricavare importanti opportunità di sviluppo: bisogna che lo si capisca, anche a Milano!

E in questo quindi concordo pienamente anche con le precisazioni conclusive dell'intervento segnalato, che ritengo non meno importanti.

Ci sentiamo dire con frequenza (da molti anni), a mo' di alibi: "la gente chiede piste ciclabili".

Non è vero, e occorre farsene una ragione.

La "gente" - anche quando parla di piste ciclabili - chiede in realtà, in modo atecnico, di poter avere strade sicure, di rispondere a un primario bisogno di sicurezza, che sente fortemente insoddisfatto. Ancora oggi, a Milano.

Ma anche fosse vero (e non lo è) che la folla acclamasse a gran voce il mantra delle PISTE CICLABILI sempre e ovunque, esiste una responsabilità in capo a chi ha il compito di decidere e governare, amministrando risorse scarse per definizione: a loro diciamo - parafrasando Henry Ford - che "non devi dare ciò che ti viene chiesto, ma ciò che serve, ciò di cui vi è bisogno". Non ci si dica che l'unica risposta al bisogno sono le piste ciclabili. E non lo dico solo perché sono appena rientrato da Monaco di Baviera...

Se non lo si capirà, credo che non si andrà molto lontano.

Non si risolveranno i problemi vecchi e ne nasceranno di nuovi».

Allora la domanda che pongo è: siamo sicuri che in viale Tunisia fosse davvero necessaria una pista ciclabile? Che dovesse essere progettata in quel modo? Che non ci fossero alternative progettuali maggiormente utili, efficaci ed efficienti per raggiungere l'obiettivo (aumentare il modal split a favore della ciclabilità e della mobilità dolce)?
 
Il Comune, nella risposta pubblicata ieri sul sito Bikeitalia, ha dato le proprie argomentazioni a favore.
Personalmente, non le ho trovate del tutto convincenti.
Ma spero vivamente, anche in questo caso, di essere smentito dai fatti.
Dai fatti, non dalle parole.
 
Eugenio Galli

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