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Inviato da avatar Lorenzo Pozzati il 02-07-2014 alle 12:51

Auto (in condivisione) abbandonate

Pare dilaghi la moda di usarle e lasciarle dove capita.

Che cosa? Le car sharing.

Quale soluzione, a questa manifestazione di scarsa sensibilità civica?

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_luglio_01/parcheggio-castigo-a1acb854-00f5-11e4-b768-bebbb8a7659d.shtml

L’editoriale

Parcheggio e castigo

Car sharing e multe. Il meccanismo psicologico è facile da immaginare: la vettura - pensa chi la parcheggia - non è mia
di Massimo Sideri

C’è un virus che si aggira per Milano: colpisce tutti i quartieri, tutte le classi sociali, tutti i portafogli. È il parcheggio selvaggio dell’automobile in condivisione. Il meccanismo psicologico è facile da immaginare: la vettura - pensa chi la parcheggia - non è mia. E in definitiva è un po’ come se fosse una vettura da social network. La Facebook-car. Vero, ma sei tu che l’hai lasciata in mezzo. Altra fase mentale: la lascio sulle strisce o su un marciapiede ma tanto darà poco fastidio visto che grazie a una app sullo smartphone qualcun altro la raggiungerà in poco tempo. Vero anche questo: Car2go, il primo servizio di car sharing partito circa 10 mesi fa, ha fatto registrare 110 mila iscritti. A Milano si viaggia con una media di 25 mila noleggi a settimana. Gli altri servizi non sono da meno (Enjoy, partito in ritardo, ha 55 mila iscritti). In effetti le oltre 1.200 Smart, 500 e company stanno ferme solo di notte, forse. Ma la civiltà non si misura in minuti di inciviltà. Anche perché tanti parcheggi fatti male, seppure in condivisione di colpa, producono comunque un’inciviltà a tempo pieno.

C’è un terzo elemento ascrivibile alla voce cause del fenomeno «malaparcheggio»: il milanese, nelle sue molteplici sfaccettature, è furbo. Anzi, furbissimo. Su tutte le automobili che rientrano nella categoria car-sharing autorizzato (oltre a Car2Go ed Enjoy è in crescita, seppur distanziato, Twist, quello delle Volkswagen Up) compare statuario il logo del Comune di Milano. E allora, direte voi? E allora è facile immaginare il dilemma del vigile urbano di fronte a una vettura parcheggiata male ma che presenta lo stesso scudo crociato che egli stesso rappresenta. Come fare una multa a un tram. Insomma, le ragioni che stanno causando una diffusione del virus non sono difficili da comprendere.

Meno immediato resta capire le conseguenze dell’epidemia. Milano sta diventando un laboratorio mondiale sulla mobilità e, più in generale, sull’economia della condivisione. Per inciso, anche il fatto che i tassisti milanesi siano in prima linea nello scontro in corso con Uber ne è, in qualche maniera, la riprova.

Milano si sta mostrando curiosa, attiva nella circolazione delle idee e delle informazioni, pronta ad aprire le porte a quel progresso tecnologico che sempre di più sta diventando la cifra con cui si distinguono le città «smart», da San Francisco a Berlino. Un altro esempio viene da Airbnb, la start up californiana che permette di affittare ai turisti per viaggio o per piacere appartamenti privati. Nata proprio in California la società ha 600 mila alloggi in tutto il mondo di cui ben il 10% in Italia. Di questi circa 6 mila sono disponibili a Milano con una crescita, anno su anno, del 74%. Ma mentre fa da benchmark in positivo la città meneghina rischia di diventare anche un laboratorio a cielo aperto dei problemi di convivenza tra innovazione e tradizione.

Il fine ultimo della tecnologia è quello di migliorare la vita nei conglomerati urbani, accrescere, come direbbero gli economisti, le economie di scala, non esternalizzare agli altri i problemi. Altrimenti la condivisione rischia di ricordare da vicino quel vecchio adagio che si usava quando pagava «pantalone»: benefici privati, costi pubblici.

1 luglio 2014 | 10:03

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