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Nel linguaggio televisivo sono ormai uso comune due parole: vision e mission. Ambedue si riferiscono a un progetto. La vision consiste nel guardare il progetto dall'alto, così da poterne descrivere sia il suo insieme che la sua linea d'orizzonte. La mission guarda al progetto dal basso: consiste nelle modalità operative per raggiungere gli obiettivi nell'ottica della vision.

In questo momento elettorale, ogni candidato parla diffusamente della mission, cioè del suo programma. In tutte le occasioni cerca di dimostrare l'assoluta necessità del cambiamento, inteso come il realizzare ciò che il predecessore non ha fatto o non ha completato. E' facile che, dovendo soddisfare le attese degli stessi elettori, alcuni punti di questo programma siano identici. 

Ciò che invece non viene normalmente esposto è il senso d'insieme del programma, cioè la vision. Che clima cittadino sarà prodotto dalle realizzazioni di quel candidato? In che ambiente vivremo, più individualistico o più solidale, più capace di promuovere i mutamenti evolutivi individuali e collettivi oppure più legato alle abitudinii, più responsabile o più lassista, ecc.?

E' importante confrontare le personali attese circa la vision con quelle che potrebbero essere generate dal programma del candidato. 

Infatti, come sarà possibile verificare se l'eletto rispetterà il suo mandato? Non certo guardando la sola effettiva realizzazione dei singoli punti del suo programma, ma verificando il clima in città, nel mio quartiere, nella mia via, nel mio condominio che quelle non/realizzazioni ha o non ha generato.

Trovo ancora gli stessi segni di violenza nei confronti della mia quotidianità (lo sterco dei cani, le bici contromano, il negoziante che non dà lo scontrino...) oppure sono coinvolto più di prima in una ripresa d'interesse verso gli altri, così che posso capire che gli altri mi vedono?

Cosa vogliamo che diventi, questa città che si trasforma in metropoli?