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Inviato da avatar Riccardo De Benedetti il 16-02-2017 alle 20:50

Rilancio le considerazioni che ha fatto Maurizio Cecchetti, critico d’arte del quotidiano Avvenire, su un mio post apparso sulla mia pagina facebook, dove si ricapitolano brevemente le vicende che portarono allo stato attuale piazza del Duomo.:

DUBAILANUM

Riccardo De Benedetti ha postato alcune riflessioni polemiche sulla bizzarra risistemazione di Piazza Duomo con palme e banani. Al di là del caso davvero ridicolo di questa soluzione (che dovrebbe rimanere per tre anni), peraltro sponsorizzata, qualcuno nota che nell'Ottocento e nei primi del Novecento in piazza Duomo c'erano in effetti anche alcune palme nane, che davano un tocco esotico. Non dimentichiamo che era di moda in una nazione che si pensava coloniale e poi come impero fascista, le palme al Nord calzavano a pennello con le trombonate dell'epoca (al Sud invece erano una costante ambientale). Oggi, salvo portare in piazza Duomo un pezzo di Dubai, che ci stanno a fare quelle palme?
Fondamentalmente pongono la questione di una piazza smisurata che sembra mancare del suo quarto lato. Prima che Mengoni costruisse la Galleria Vittorio Emanuele con la facciata di palazzoni che vediamo oggi, su quel lato il tessuto urbanistico aveva una schiera di case non tanto alte che fungeva da contrappunto alla verticalità del Duomo, un edificio che rispetto ad altre cattedrali europee dell'epoca non ha uno slancio in altezza fortissimo e la facciata pesa parecchio sull'orizzontale.
La questione di piazza Duomo a Milano si presenta anche in molti luoghi. Personalmente vengo da una città, Cesena, dove da trent'anni si dibatte sul fatto di ricostruire il quarto lato di piazza del Popolo, la piazza del Comune, che venne a mancare quando, subito dopo l'Unità d'Italia si cominciò a demolire il più antico borgo cesenate, quello di Chiesanuova, addossato alle pendici del colle sul quale svetta la Rocca Malatestiana, mentre sull'altro lato passa la vecchia Via Emilia. Oggi, dopo oltre un secolo, al posto di quel pezzo di tessuto che si distendeva per oltre duecento metri ed era tutto porticato, c'è ancora un grande viale, viale Mazzoni, che fa sembrare la Piazza una specie di cul de sac. Ricordo questo perché, a parte l'analogia del quarto lato, per il progetto di ricostruzione (c'era quindi l'intenzione di ricostruire: una piazza rettangolare dove gli edifici sono solo su tre lati non è una piazza), venne incaricato, pensate un po', lo stesso Mengoni della Galleria Vittorio Emanuele. Che cosa fece Mengoni? Penso a una teoria di case su base abbastanza quadrata, con un piano e il tetto a spioventi, e una tipologia prossima a quella delle case operaie. Non era un granché (del resto neppure la Galleria è un capolavoro), e alla fine non se ne fece niente. Meglio il buco, insomma. Mica tanto, però.
De Benedetti riferendosi al progettista della sistemazione di piazza Duomo, tale Marco Bay, lo chiama "giardiniere"; appartiene alla schiera degli architetti specializzati in giardini. Fu un "giardiniere" a progettare il Crystal Palace per l'Expò londinese del 1851, che era - non si dimentichi - una esposizione dove confluirono soprattutto artigiani, artisti e operatori commerciali; si chiamava Joseph Paxton e in realtà era un architetto e un botanico che con Eiffel e altri ha scritto la storia dell'architettura ingegneristica. Uno che sapeva quel che faceva e, pur nello stile vittoriano dell'epoca, che è davvero ornamentale e superfetativo, realizzò un'opera - purtroppo distrutta da un incendio - dove architettura e trasparenza giocano a creare una grande serra che può anche evocare un paradiso terrestre. Paxton è il patriarca di tutti gli architetti-ingegneri-giardinieri. E naturalmente anche di Bay che peraltro ha fatto la modesta fatica di piantare delle palme, che in fondo poteva fare qualsiasi architetto-giardiniere alle dipendenze del Comune. Se ci fossero stati fra noi Pietro Porcinai o Carlo Scarpa avremmo probabilmente visto ben altro.
Se si voleva ridurre l'impatto di profondità della piazza (lungo un secolo ci hanno provato in vari modi come si può vedere dalle foto che allego) e preservare l'idea della grande aiuola o giardino che sia, sarebbe stato meglio azzardare di più: perché non realizzare una grande architettura-serra supertrasparente nella quale allestire una specie di giardino d'inverno? Certo, bisognava affidarsi a gente sperimentata in questo campo, chessò Emilio Ambasz o Renzo Piano, ma poteva valere la pena rischiare. Certo il risultato ci avrebbe risparmiato questo misero effetto Dubailanum...

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