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Inviato da avatar Riccardo De Benedetti il 20-02-2017 alle 15:39

Ho iniziato la discussione affermando come una vicenda, all’apparenza piccola, mostrasse sullo sfondo questioni più ampie che i cittadini milanesi, spesso ignari, corre il triste obbligo di dirlo, della storia e della identità della città in cui vivono (non oso più pronunciare “propria” perché ormai appare una bestemmia), dovrebbero sapere.

Non sono stato smentito, anzi. La battuta, lo sfottò, il linguaggio degradato e infimo di una presunta spensieratezza (in realtà esprime una plebe che non è neppure popolo), che viene applicata a tutto e a tutti; alle scelte, alle decisioni così come alle argomentazioni, anche contraddittorie, sommerge tutto e tutti, impedendo qualsiasi discussione razionale.

Di fatto prevalgono coloro che di volta in volta sono stati delegati ad agire: amministrazione disattenta; sponsor interessati a veicolare il proprio marchio, uguale in qualsiasi posto del mondo; forze politiche che si limitano a reagire senza aver avuto nulla da fare e nulla da dire al momento delle scelte; gente che dovrebbe soltanto munirsi della santa pazienza dello studio e dell’informazione; giornalisti che confrontano una foto ottocentesca e dichiarano che le palme già c’erano, dimenticandosi che se c’erano era per motivi, la celebrazione della prima avventura coloniale, che oggi troverebbero indifendibili.

Il tutto in una cacofonia insensata, sterile e plebea nella quale il senso e la ragione scompare, fino a ridondare in ogni dove e impedendo l’uso legittimo della ragione e del buon argomento contro il cattivo. Per arrivare al gesto, insensato e inutile, risposta simbolica all’altrettanto insensata presenza delle palme. Così il cerchio si chiude. Chi aveva il potere per decidere lo ha fatto; chi aveva il dovere di protestare e opporsi a qualcosa che, in fondo, non era stato neppure annunciato, discusso e motivato, deve ritornare a tacere e ad argomentare nei suoi samizdat, sommerso dagli insulti reciproci e da quell’ondata di sarcasmo inutile degradante a cui è ridotta la capacità critica e argomentativa che la democrazia ci concede. Non è un bel risultato. 

Sommato alla sicurezza con cui, mi par di capire, e se sbaglio ne sarei contento, l’amministrazione voglia proseguire sulla sua strada il bilancio è negativo.

Un’ultima considerazione: non c’è contrapposizione alcuna tra la tutela dei segni storici della piazza del Duomo e l’occuparsi delle periferie, al contrario. Se la trascuratezza con cui si affrontano le scelte nel centro è così ampia figuriamoci con quale attenzione sono state affrontate, si affrontano e verranno affrontate nell’immediato futuro quelle delle periferie o delle aree che si apprestano a cambiare la loro destinazione d’uso.

Spero solo di sbagliarmi.

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