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Inviato da avatar Gianluca Gennai il 17-06-2018 alle 14:45

Entro nella discussione da laico, non urbanista e tanto meno architetto.

Nel rispetto per gli interlocutori di questa discussione, Trovo ottocentesco, il modo in cui si affrontano questioni che sono state già dibattute in passato, da chi ha dovuto, prima di Noi, affrontare il progresso di una città che si affacciava al moderno, al futuro.

La visione romantica estremamente costosa, oltre che tecnicamente molto complessa, cerca consensi tra chi vorrebbe una Milano pedonale, veneziana,  cosa che ad oggi, è totalmente priva di senso della realtà se non completamente utopica.

Come si può pensare di riattivare i percorsi d’acqua senza una visione d’insieme dello sviluppo della città?

In primis occorre dire cosa vogliamo che Milano sia.

Se vogliamo che Milano cessi la funzione che ha, di Hub finanziaria, con flussi che ogni giorno raddoppiano il numero degli abitanti, a favore del turismo in cerca di romantiche visioni, allora ok, ma chiudiamo la città e mettiamoci a fare i ristoratori e gli albergatori.

Dovremmo scegliere di ritornare a un passato in una città volta al futuro, oggi sopita in una mediocrità  intellettuale, che non riesce a uscire dalla prosa manzoniana, quasi come se stesse perdendo la propria identità, in cerca di ristrutturare visioni da viceré, in una Milano che naviga (non nei navigli) a vista, intenta a soddisfare solo una parte dei milanesi, lontana dal comprendere le reali necessità da qui a domani.

Bisogna fare i parcheggi sotterranei per gestire meglio il traffico, occorre potenziare i trasporti di superficie, rendere la città tecnologicamente al passo con il futuro che la aspetta, nelle vesti di città metropolitana, nel paradigma della città italiana più europea qual è oggi.

Forse dopo, sarà possibile pensare a riaprire parte dei navigli, quando avremo risolto i problemi urgenti che gravano su Milano.

In tutto questo, vedo solo oscurità revisionista, e nessun diluculo verso il futuro.

Gianluca Gennai.

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