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Inviato da avatar Gianluca Gennai il 27-06-2018 alle 11:16

Purtroppo si va avanti negli incontri con i cittadini, presentando il progetto senza una controparte, senza esperti tecnici del settore o eventuali figure che possano esporre anche gli aspetti critici, in modo comprensibile.

Quanto segue, è il parere strettamente tecnico e soprattutto " non di parte ", se s’intende i " pro " e i " contro " in funzione di un’idea politica della questione, pensando a un certo ceto sociale o una certa parte di elettori (non voglio pensare che si facciano percorsi, basati su una visione personalizzata della città).

Ripropongo che il problema non è volere o meno, una Milano più attrattiva per i turisti o più gradevole per i milanesi, semmai è capire se questo progetto è sostenibile dalla città, per come sono oggi i trasporti, la viabilità, la quotidianità della città, e quanto questo costi, in termini economici, rispetto ad altri interventi.

Infine l’idea, delle priorità, in funzione sia delle risorse che dell’impegno progettuale di un insieme, a livello di interventi urbanistici di una certa importanza economica e tecnica, è un concetto che non mi pare sia ne' contro ne' a favore, semmai è alzare l’asticella in termini critici, per approdare in una progettualità globale, che metta in scaletta tutti i progetti di una municipalità, dando a ciascuno di essi una priorità.

Difficile pensare che si possa intervenire contemporaneamente su più fronti, in modo massiccio e profondo.

In allegato, l’articolo integrale del Giornale dell’Ingegnere, dove è trattato l’argomento del riassetto idrico della città, con i navigli inseriti nel contesto idrico del territorio.

Pubblico un’intervista, estratta dal Giornale dell’Ingegnere, del 2016, una rivista  pubblicata con il parere dell’Ordine Degli Ingegneri e Architetti, della Provincia di Milano.

Parla la Vicepresidente dell’Associazione  Idrotecnica Italiana, Ing. Beatrice Majone.

 

Da: il GIORNALE dell’INGEGNERE.

Collegio degli ingegneri e Architetti di Milano.

Costi, tempi, disagi e nessun beneficio. Intervista a Beatrice Majone, ingegnere, esperta di idraulica.

 Di: PAOLO STEFANATO.

Periodicamente, torna l’idea di riaprire i Navigli a Milano. Qualche anno fa una commissione di esperti, su incarico del Comune, ha realizzato uno studio ponderoso. Nel 2011, in occasione di un referendum, circa 400mila milanesi si sono espressi a favore della riapertura di quelle vie d’acqua, forse nella convinzione di poter recuperare un’immagine nostalgica e pittoresca della città. Uno studio di fattibilità stimò i costi in oltre 400 milioni di euro. Ora, il candidato sindaco Giuseppe Sala ha rifatto sua la proposta durante la campagna per le primarie sostenendo che “non è un’utopia”. Ma molti si chiedono: ha senso sventrare la città per ridarle dei corsi d’acqua ormai archiviati dalla storia? Oltre che una struttura di costi, è prevedibile, nel caso, un elenco di benefici?

Abbiamo posto il tema a Beatrice Majone, ingegnere, esperta in idraulica e vicepresidente dell’Associazione idrotecnica italiana, fondata nel 1923.

 Innanzitutto – precisa Beatrice Majone – non è del tutto corretto parlare di ‘riaprire’ i Navigli: perchè ormai non esistono, l’acqua della Martesana non entra più a Milano e non scorre più sotto la Cerchia. I vecchi alvei sono stati completamente riempiti, si tratterebbe di scavare e costruire ex novo un sistema che non c’è più. Credo che la maggioranza dei milanesi questo non lo sappia”. “I Navigli - spiega - risalgono all’XI secolo, nacquero sull’esigenza di trasportare passeggeri e merci, e rappresentano un sistema unico in Europa, che ha fatto la storia della città. L’idea originaria era quella di portare acqua ai campi per lo sviluppo dell’economia agricola. Il disegno fu potenziato nei secoli, e grazie al Canale Villoresi, aperto nel 1890, l’acqua arrivò a tutta la pianura padana. Intorno al 1930 si cominciò a chiudere i corsi d’acqua a Milano, e furono tombati anche il Seveso, il Lambro e l’Olona. Il sistema è complesso, costruito sulle connessioni tra corsi naturali e canali artificiali. Si tratta di un sistema idrografico non pulito, che riceve contributi da tutto il tessuto industriale di Milano e del Nord della provincia. Va considerato che dell’acqua sporca veicolata in vari corsi, finirebbe in città. E questo è un serio problema che dovrebbe essere adeguatamente gestito.

Perchè furono chiusi i Navigli in città, negli anni Trenta?

 Soprattutto per problemi igienico-sanitari e di viabilità. Quando i Navigli derivati dalla Martesana – 7,5 chilometri da Gioia fino alla Conca – furono chiusi e interrati. Accanto alla sede del Naviglio fu posta la fognatura principale, con un cunicolo tecnologico per i sottoservizi. Negli anni Settanta, però, all’aumentare dell’intensità e del peso del traffico veicolare, ci furono numerosi casi di cedimenti e di voragini. Fu un problema serio. Il Comune incaricò una commissione e si finì per riempire tutto. Oggi la Cerchia interna è un ex alveo, riempito e coperto.

 

Come si presenta questo sottosuolo?

Si tratta di materiale vario, compattato, sul quale è stato colato un tappo di calcestruzzo.

Ringrazio il Giornale dell'Ingegnere e il giornalista che ha proposto il tema.

Gianluca Gennai.

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