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Inviato da avatar Gianluca Gennai il 02-09-2018 alle 14:16

All'Assessore alla Sicurezza.

All'Assessore alle Politiche Sociali.

Ai Consiglieri di Zona 8 preposti alla Sicurezza e Politiche Sociali.

Che le zone di periferia si prestino all’emarginazione e alla sussidiarietà delle società evolute, è un dato di fatto anche per Milano, dove si registra un aumento delle presenze di persone disagiate e talvolta criminogene.

Il quartiere della Vecchia Musocco, rilegato tra i quartieri di Vialba e Quarto Oggiaro, è un angolo di Milano che da anni subisce e, al tempo stesso accoglie, differenti livelli di emarginazione.

A essi, si aggiungono diverse comunità di " senza fissa dimora ", oramai divenuti stanziali, per l’ovvia " invisibilità " di cui godono, rispetto a bivaccare nelle zone centrali della città, molto più controllate e gestite dalla sicurezza della città o sostare nei centri gestiti dove esistono delle regole comportamentali.

Il fatto che la zona sia vagamente definita Zona Certosa o Vialba/Quarto Oggiaro, innesca una sensazione di " zona ampia " dove non si distinguono più i confini, fino a non avere più l’idea di quanto si concentri un certo fenomeno, su un’area di pochi metri quadrati.

La vecchia Musocco, è un borgo collegato con il centro città, tramite il passante in stazione Certosa, gli autobus e i tram, rendendolo assai appetibile ai tanti disadattati che cercano un bivacco serale, lontano da occhi attenti o in cerca di un rifugio sicuro. La risultante è che essi si concentrano su un quadrato composto dalle Vie Mambretti, Aldini, Cinque Maggio, Fabrizi con un picco in Largo Boccioni, dove possono radunarsi e racimolare qualche spicciolo per mangiare.

Per diverse situazioni, per i due centri di accoglienza distanti una manciata di metri l’uno dall’altro, e le comunità dei " senza fissa dimora " ma anche per i diversi gruppi criminogeni che transitano, la zona è senz’altro sovraesposta

Dei centri di accoglienza c’è poco o niente da dire, essi fanno parte del progetto ARCA, assai articolato del quale non voglio parlare, mentre gli altri, stazionano prevalentemente in Largo Boccioni, sull’angolo dell’Ufficio Postale o nei giardinetti di zona, dando vita a bivacchi dove si cucina, si urina e altro, o si dorme nelle ore pomeridiane quando il caldo si fa sentire e l’ombra delle piante offre un riparo adeguato. Per non essere impreciso, sono andato a rendermi conto personalmente di quanto sia avanzato lo stato di degrado in cui vivono i vari personaggi oramai presenti da mesi.

Queste " non vite ", sono certamente quanto di più triste si possa accettare e richiamano altri argomenti trattati da voci molto più autorevoli della mia. Com’è evidente, il processo è inarrestabile, ma non deve passare l’idea che la misericordia e la resilienza della periferia, debba essere un " passe-partout " per queste parsone a scapito dell’igiene e della sicurezza dei residenti, quando è possibile attuare piani di assistenza anche nei casi più resistenti all’integrazione in centri controllati.

Se il " terzo settore " ormai istituzionalizzato e asservito, come sembra, da un supporto che va oltre le donazioni private, non basta, occorre un intervento dell’apparato di Governo della città, in modo da ridurre la percentuale di concentrazione delle presenze in questo quartiere dignitosamente silente e ponderato nella protesta, forse troppo accondiscendente alle acclamate uscite propagandistiche di una città che parla di sicurezza e di sviluppo equo ma anche di una " fase rinascimentale "  delle periferie.

Gianluca Gennai.

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