Rispondi a:

Inviato da avatar Riccardo De Benedetti il 02-10-2018 alle 18:00

risposte a partecipaMi

Intanto un ringraziamento a tutti coloro che hanno risposto alla mia lettera. Lo avete fatto con garbo e partecipazione (non poteva essere diversamente, ovvio). Cerco di rispondere.

A Germana Pisa dico: hai giustamente preso sul serio la mia osservazione relativa ai motivi per i quali un amministratore dovrebbe partecipare e spesso non lo fa per i linguaggi e gli atteggiamenti polemici. Preso atto di questo, vale però anche l’osservazione complementare: perché il cittadino qualsiasi dovrebbe partecipare quando le sue istanze raramente vengono prese in considerazione e quando lo sono è su motivi tutto sommato marginali? Questo è però un punto centrale: gli indirizzi generali sono giocoforza presi nella rete della rappresentanza generale, politica e amministrativa; in una democrazia parlamentare non potrebbe essere diversamente. Il margine residuo per orientare al buongoverno al di fuori dell’espressione elettorale non è granché, anche perché le ricadute degli indirizzi generali sulle istanze più vicine ai cittadini sono difficilmente prevedibili e controllabili da chi li fa propri. Scelte legislative di fiscalità generale, di bilancio, di diritti, personali e collettivi, sono prese in base a orientamenti generali che, nella più parte, traducono opzioni ideali e ideologiche che necessariamente si preoccupano poco delle conseguenze a valle. La complessità odierna è accresciuta dal sovrapporsi di poteri che superano di gran lunga quelli nazionali. Le scelte amministrative, anch’esse orientate dallo sfondo idealpolitico delle forze che hanno ricevuto il mandato dai cittadini, subiscono in aree complesse come Milano lo stesse destino di quelle nazionali.

A Roberto Peretta: Il rilievo che mi muovi è corretto, nel senso che sollevo un problema la cui soluzione è il non partecipare, una chiara non soluzione. Non si può più uscire dal digitale, hai ragione, ma come starci deve essere ancora discusso in profondità. partecipaMi, da questo punto di vista, è cresciuto senza, credo, questa discussione: non è certo una responsabilità di Oliverio, ma qualcuno deve porselo il problema, perché spontaneamente non si risolve proprio mentre la tecnologia digitale moltiplica i suoi canali a rischi ridondanza e caos. Anche perché finora, a mia personale valutazione, la discussione nelle democrazie mature si è sempre concentrata sui metodi e sulle procedure di conferimento del mandato, dal basso verso l’alto, e molto meno (se ci sono esempi segnalamelo) sulle procedure digitali con cui questo mandato può essere verificato e controllato. La democrazia rappresentativa liberale ha sempre tenuto in gran conto la libertà del rappresentante nei confronti del rappresentato, e su questo non ci piove. Piove, e molto, però quando la strumentazione partecipativa si moltiplica e cresce ed è ormai difficile confinare la partecipazione del cittadino alla mera espressione elettorale. Usare lo strumento digitale, in tutte le sue infinite declinazioni, senza però aver chiaro come esso possa pesare realmente sulle scelte vincolate al mandato dell’eletto rappresenta un problema non solo teorico o di ingegneria istituzionale, ma molto concreto, specialmente a livello di amministrazioni locali (che poi locale a Milano lo è fino a un certo punto)

A Roberto Re: il tuo buon senso mi conforta e la metafora del tram mi convince. I capolinea sono però diversi e, nel nostro caso, non tutte le linee finiscono dove devono finire. Partecipare per contare nelle scelte comporta dei problemini non di poco conto come dicevo a Roberto Peretta.

A Giuseppe Maria Greco: sì sono un po’ malmostoso, ma non ho alcuna paura di sentirmi cancellato dal mormorio montante delle opinioni diverse dalle mie, anzi. La democrazia è essenzialmente una procedura decisionale. Nella contemporaneità deve anche riuscire a integrare il flusso ridondante che proviene dalla rete, scontando anche i limiti attuali dell’orizzontalità che la genera. Non dimentichiamo che la decisione, qualsiasi decisione, è sempre qualcosa che si produce in un punto e i cui effetti in un qualche modo si propagano, questi sì in orizzontale. Come? Continuo a ritenere che il modello sia sempre, purtroppo, quello dall’alto verso il basso, mentre la rete rivendica, appunto, un’orizzontalità spesso utopica e, qualche volta, meramente ideologica. Fino a quando c’è rappresentanza la verticalità ha la meglio sull’orizzontalità. In questo momento molta amministrazione ama equivocare e considera la mera condivisione in rete delle proprie scelte come segno di una raggiunta orizzontalità, ma è un po’ un falso di autore. Da qui la convinzione, a mio parere errata, che la comunicazione in rete, soprattutto se messa a diretto contatto con i decisori, possa annullare immediatamente la verticalità della decisione. Una legge, una norma, una decisione amministrativa, decisa in consiglio o in luoghi legittimati dalle istituzioni democratiche, non si condivide come una foto su Instagram così non la si cancella come un post sbagliato. È un tema da approfondire, evidentemente. Il mio è un semplice parere. 

A Franco Puglia: se ho inteso bene il tuo discorso credo non sia necessario ripetere quello che ho scritto sopra. Solo un’osservazione che avevo anche segnalato a Fiorello Cortiana: la tecnica non è neutra, a mio parere. C’è sì la necessità di saperla usare, ma come ogni tecnica, quando viene introdotta e diffusa induce a mutamenti più o meno avvertiti e coscienti. In questo senso ha una sua propria forza e suoi convincimenti, difficile che introdotta nell’ambiente della democrazia non finisca per mutarne i tratti e questo mutamento non necessariamente corrisponde all’idea che avevamo in partenza della democrazia. Non dico sia meglio o peggio, dico che è diversa.

A Bruno Alessandro Bertini: condivido la tua sottolineatura di un aspetto essenziale della democrazia liberale, vale a dire che la libertà dei cittadini è “politica”, cioè garantita sia nel suo manifestarsi sia nel suo ritrarsi. Non c’è obbligo di partecipare. È anche vero però che la necessità di diminuire se non annullare le “inequalities” create dalla sovrabbondanza di strumenti partecipativi confrontati alla loro reale efficacia, lato tecnico-politico e lato utente, è un’esigenza manifestata da strati sempre più ampi di persone e qui la messa a punto di strumenti più attrezzati è necessaria proprio per non deludere le aspettative degli strati più partecipanti della popolazione.

Di nuovo grazie per l’attenzione.

«Ad avere valore pratico sono solo le indagini teoretiche che vanno al fondo delle cose», Ludwig von Mises

Accedi

Devi inserire Nome utente e Password per inviare un messaggio. Se non li hai prosegui inserendo il contenuto della risposta e i dati personali (nome, cognome e email) oppure Registrati

L'accesso a questo sito è possibile anche per gli Aderenti alla Rete Civica di Milano selezionando nel menu a tendina la voce "Aderente della Rete Civica di Milano".

Contenuto della risposta