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Se torniamo allo spirito della Legge Luzzatti del 1902, le case popolari dovrebbero essere utilizzate per il disagio abitativo dei lavoratori, ma che oggi può colpire categorie varie a causa della crisi economica, come gli sfrattati. Dopo circa cento anni, il patrimonio di edilizia pubblica accumulato è notevole, per cui sarebbe opportuno alienarne una parte, per concentrare gli interventi di manutenzione sugli immobili effettivamente necessari a eliminare il disagio. Inoltre, vi sono altre questioni che riguardano la gestione dell'edilizia residenziale pubblica, che non deve essere finalizzata al profitto, essendo la casa un bene primario, ancor più nell'odierna civiltà prevalentemente urbana, come mai nella storia. In questo contesto, le occupazioni da parte di quelli che non hanno i requisiti per l'assegnazione, sono da considerarsi in danno agli aventi diritto, per cui spetta alla pubblica amministrazione ripristinare la legalità, anche senza sgomberi, se esiste la possibilità di alloggiare tutti. Invece, va fermamente perseguito il sistema delle occupazioni da parte della delinquenza organizzata che ne fa commercio con il consenso degli occupanti stessi, fenomeno peraltro molto diffuso. Perciò, la riduzione all'essenziale del patrimonio abitativo pubblico servirebbe a migliorarne la gestione e a scoraggiare i fenomeni di appropriazione abusiva!
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