Rispondi a:

Inviato da avatar Gianluca Gennai il 28-03-2020 alle 16:17

Gentile Sig.Marzocchi,

lo ringranzio per il suo contributo.

Le mie in blu.

Nella sostanza concordo ed invito a riflettere su due esempi concreti.
Il dopoguerra incorpora "dopo" anche nel nome, è esperienza recente ed utile.

Quello del "dopo guerra" è un "dopo" che forse ammette ancora qualche esperienza diretta oltre che l’unico periodo che può essere d’aiuto per costruire un modello ex-novo. Certo i tempi sociali sono molto diversi. Ai tempi la Società era una società prevalentemente contadina e probabilmente più predisposta ai rapporti sociali e alla solidarietà. La quota intellettuale ebbe facile accesso alle istituzioni. La mia idea parte da un grosso impegno fin da subito, per aiutare le persone ad accettare periodi medio-lunghi di ritorno alla normalità. Questo si suppone sia fatto dal Governo della Città.

Mi pare si debba favorire questa risposta da parte di Palazzo Marino. La nostra parte, e dico nostra, già la stiamo facendo parlandone, nella speranza di avere un confronto anche solo epistolare, con qualche membro del Governo della Città. Nel dopo guerra, la società ha fatto fatica anche perché reduce da una Guerra Civile anche se non si vuole ammettere per svariate dependance politico/Strategiche. Oggi la quota intellettuale è molto alta, dunque il senso civico e l’unità nazionale, dovrebbero essere facilitati. A Milano non sarà facile dialogare con il Governo della Città, già ora barricata e silente a parte le dirette su fb, in cui il nostro sindaco parla quasi in modo ecclesiastico. Il modello del dopo guerra fu un modello trasversale al quale oggi non ipotizzo una riedizione pur auspicata, anche per via della classe politica totalmente o quasi ottusa e becera.

L'Estonia è oggi paese UE larghissimamente digitalizzato. Come scrive Elena Tebano, fin dai tempi dell'Unione Sovietica sperimenta abitudini completamente diverse, ieri quelle occidentali sbirciate attraverso la tv finlandese, oggi quelle digitali.

Non conosco l’Estonia ma conosco l’idea di digitalizzare. Peraltro Milano è arrivata in ritardo rispetto alle corrispettive città europee. Ha ragione, paesi come l’Estonia che hanno avuto un dopo blocco sovietico, si sono ridisegnate geograficamente, si sono ammodernate ed è in corso il processo di modellazione sociale, molto faticoso anche per via della fortissima crisi derivata dalla scissione con la Russia.

Occorre con modestia, guardare cosa hanno fatto gli altri in momenti di ripresa che molto fortte.
Tagliare la testa al re, riferito all'Italia di oggi e credo a tutti i paesi che vivono questa esperienza, significa tagliare la testa a noi stessi, ma credo di capire e se capisco bene condivido l'invito a ripensare radicalmente e digitalmente le nostre abitudini, la nostra cultura: è il compito - alto - della nostra generazione. Nella sostanza avremo poco dcambiare, molto invece nei modi. 

Si, intendo in generale ma anche come metafora del cambiamento apicale se questo ci porta ad andare avanti. Dunque "tagliare la testa al re" è avere il coraggio di pensare al cambiamento della gestione Sala, cercando di capire se esiste un’alternativa, donna o uomo che sia, uscendo dalla logica del male minore. Purtroppo il primo cittadino ha blindato la maggior parte delle sue creature economico/finanziarie e non sarà facile procedere con l’apertura delle scatole cinesi che esso stesso ha creato, ponendo dei sigilli politici di una sinistra che soffre della mancanza di personalità e di identità nei leader e Lui pare sia il predestinato, magari dopo un Sala bis.

Graditi commenti.  

Gianluca Gennai

Accedi

Devi inserire Nome utente e Password per inviare un messaggio. Se non li hai prosegui inserendo il contenuto della risposta e i dati personali (nome, cognome e email) oppure Registrati

L'accesso a questo sito è possibile anche per gli Aderenti alla Rete Civica di Milano selezionando nel menu a tendina la voce "Aderente della Rete Civica di Milano".

Contenuto della risposta