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Grazie per la cortese risposta. 

D'accordo per un utile incontro quando sarà ristabilita la possibilità di riunirsi.

Nel frattempo pongo questa domanda:

perchè il "dopo" possa essere affrontato con le intenzioni di crescita collettiva che questa esperienza ci induce, ad esempio il rilancio del lavoro e il suo rientro nei canoni del diritto e del sociale, l'uscita dalla consuetudine all'individualismo reattivo con la consuetudine della cultura democratica rispondente ai bisogni (con tutto quello che comporta nella miriade di comportamenti privati, pubblici, gestionali ecc.), e quant'altro (come la sanità pubblica, l'uso del lavoro online ecc.) si riterrà utile, non crede che, da come si presentano le cose oggi (cioè in modo che io giudico transitorio se non aleatorio), sarebbe utile fin da ora cominciare a creare il legame tra l'oggi e il domani perchè l'empito attuale non sia risucchiato nella normalizzazione della vita quotidiana?

Tanto per dare un'idea della criticità di questa domanda, incollo l'incipit di un articolo appena scritto in Francia. Lo lascio in lingua originale perchè è comprensibile anche se qualcuno non conoscesse il francese:

"La gestion de la pandémie vient révéler les carences des États, notamment du nôtre. Nous vivons dans une fausse impression de préparation : manque de coopération, de coordination, de transparence – formidable paradoxe d’une société sur-organisée. On répond que la situation est inédite. Mais insister sur la singularité, c’est se refuser à tirer des leçons. Pourtant, il est déjà temps de s’interroger sur l’après. "