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Inviato da avatar Giulio Beltrami il 17-02-2021 alle 11:04

Contributo ricevuto da Giovanni Filippo Francesco Bonomo

L’incontro di oggi su “Neuroscienze e psicanalisi” della prof.ssa Silvia Cattaneo stimola in tutti noi molte riflessioni. Per quanto mi riguarda non è la prima volta che mi occupo del complesso fenomeno della mente, almeno da quando presentai i libri di Luigi Longhin nel mio salotto. Così mi permetto di intervenire con queste brevi note.

Premetto che le buone letture, del tipo di quelle mostrateci nelle diapositive dalla relatrice, non servono se la conoscenza che ne risulta non inciti ad una riflessione più approfondita sulla natura dell’uomo e sul mondo che ci circonda. E così anche gli incontri di Filosofia sui Navigli dovrebbero spronare tutti noi a compiere quel viaggio, dal cervello all’anima, che è alla base della filosofia, almeno laddove volessimo darle ancora valore significato nella nostra era dominata dalla scienza con i suoi corretti e “galileani” approcci epistemologici.

Più di una volta è stato chiamato in causa e messo in scena, nei precedent incontri, il tema della mente e della coscienza, pur non essendo il principale protagonista. Oggi si è parlato proprio di coscienza, di mente e di cervello. E in alcune slide è stato fatto rivivere priprio Galileo, il quale ora capirà come è possibile unificare e comprendere le relazioni tra coscienza e cervello mediante una teoria scientifica della coscienza.

E si tratta dell’unica forma realmente reale, la cosa più reale che esista”, con queste parole si conclude una diapositiva sulla coscienza.

Scienza, filosofia e religione cercano da secoli di rispondere a questa domanda, che cos’è la COSCIENZA?, ma le diverse soluzioni proposte sono sempre state parziali e spesso in contrasto. Una domanda che ne suscita altre: Qual è la sua relazione col mondo esterno? Di che cosa è fatta? Com’è generata nel cervello? Può la scienza fare luce sull’argomento?

 “Nel mezzo del cammin del sogno suo si ritrovò nel buio alla deriva senza saper né come né perché” è la frase, a parafrasi del nostro amato Dante, che inizia il suggestivo romanzo  PHI  dello scienziato di Giulio Tononi richiamato dalla relatrice.

Si tratta di uno straordinario viaggio onirico compiuto prima da Francis Crick, poi da Alan Turing e infine da Charles Darwin: in questo immaginario viaggio alla scoperta di che cos’è la coscienza, da sempre considerata un mistero insondabile, appannaggio esclusivo della filosofia o mera illusione, Galileo scoprirà che, in realtà, è la cosa più reale, più grande e più irriducibile che esista.

Non ho ancora letto tale romanzo, ma ne percepisco già il significato. Forse perché ho letto il saggio “Ipotesi sulla realtà” del fisico Fabrizio Coppola, secondo il quale nulla esiste se non per il fatto che viene pensato. Quindi è tutto coscienza. L’universo non esisterebbe se noi non avessimo (preso) coscienza di esso, se non esistesse un’ntelligenza capace di pensarlo. Ma allora è l’universo stesso che solo tramite intelligenze pensanti, nate nei pianeti, prende coscienza di se stesso?

Inoltre la coscienza, la capacità di pensare, è solo umana o universale? Esistono altre forme di pensiero generate da forme di vita basate, ad esempio, non sul carbononio ma sul silicio? Il PENSARE è solo una prerogativa umana? Sembrerebbe di no, almeno dagli studi sull’Intelligenza Artificiale. In una visione non antroprocentrica la coscienza può essere quindi la stessa realtà delle cose.

Tutto è maya, tutto è illusione? Alcuni dicono che non riusciremo mai a capire l’’intima essenza della realtà, l’equazione universale che comprende e spiega tutto. Di contro io sono ottimista, Soprattutto quanto osservo le scoperte degli ultimi anni sull’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, oggetto del precedente incontro con il fisico prof. Giammarchi su “La storia della Terra e delle Stelle”.

Quanto il cervello scopre che è un intero che si può frammentare in più parti, è possibile che emergano nuove proprietà”, è la frase di Peter Handke in una diapositiva che accompagna l’immagine della scultura, di sapore magrittiano, “I viaggiatori”, di Bruno Catalano. Del resto, come diceva il filosofo Ardigò, la conoscenza è nelle distinzioni mentre l’ignoranza è nell’indistinto.

Le prime parti in cui si può dividere e distinguere il cervello sono due: l’emisfero sinistro e quello destro, sottoutilizzato, come insegna l’accademia di EmotionalMind nel corso “L’arte di comunicare con l’utilizzo dei due emisferi” (Arona, 12-13 febbraio 2021). E forse, rispetto a tante speculazioni, serve di più la gestione delle risorse umane. Ma proprio la consapevolezza di essere “scaraventati nel mondo” senza sapere perché, come dice Heidegger, distingue l’uomo dagli altri esseri.

Ancora oggi si resta schiavi - come se non fossero nemmeno esistiti pensatori dello spessore di Voltaire, Nietzsche, Schopenhauer, Darwin, Bruno, Popper, Carnap, Russel, prescindendo dai loro insegnamenti fondati sulla ragione - di verità rivelate e di dogmi. Credo che andare a fondo nei meccanismi di formazione della coscienza e dei pensieri possa contribuire a sconfiggere ogni arrendevolezza cognitiva tale da indurre l’individuo a deresponsabilizzarsi nelle scelte morali delegando la coscienza a deità varie.

E se la coscienza non fosse dentro di noi?

L’esperienza cosciente è al di fuori di noi, nel mondo, non nel nostro corpo”, dice Riccardo Manzotti, psicologo e filosofo docente allo IULM di Milano, autore di un rivoluzionario saggio “La mente allargata. Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa”, ed. Il Saggiatore, 2020. 

 In effetti le neuroscienze hanno raccolto molti dati sull’attività neurale, ma niente di diretto. Tutto quello che sappiamo sui neuroni e il cervello non richiede la coscienza. Eppure, ciascuno di noi fa continuamente esperienza del mondo, delle emozioni, di sé stesso.

 In un’intervista il professore dice:

«Gran parte della ricerca sulla coscienza, sia in filosofia sia nelle neuroscienze, si basa su un luogo comune: il soggetto e l’oggetto sono separati. Come nel famoso quadro di Magritte, “La condizione umana”il soggetto è visto come una camera che guarda al mondo esterno attraverso le porte dei sensi. Questo modello non ha mai funzionato. Ci sono due termini, il nostro corpo e l’oggetto esterno. Quando facciamo esperienza dell’oggetto esterno, nessuno capisce come sia possibile che il nostro corpo, che è quello che è – cioè cellule, sangue, neuroni – diventi l’esperienza di una mela rossa, per esempio. Nel nostro cervello non ci sono schermi su cui si proietta il mondo esterno. La mia ipotesi è radicale e anche molto semplice. L’idea è che ci siamo sempre sbagliati nel cercare noi stessi nel corpo. Il nostro corpo è una condizione necessaria per farci esistere, ma noi non siamo dentro il corpo. L’ipotesi radicale è che noi siamo tutt’uno con il mondo esterno. Non siamo un cervello, abbiamo un cervello».

Mi aspetto le inevitabili riflessioni dei vostri graditi commenti.

Milano, 14. 2.2021 Avv. Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide

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