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Inviato da avatar Mario Zerbini il 15-04-2021 alle 17:55

Il percorso verso il recupero degli ex scali ferroviari milanesi sembra aver preso finalmente l’abbrivio definitivo dopo decenni di blocchi e rinvii sui quali non è il caso di tornare.

Basti pensare che dal 2013 al 2017 si è svolto un lavoro di consultazione pubblica affidato al Politecnico di Milano che ha coinvolto in decine di incontri oltre 60 associazioni e comitati, oltre ai Consigli di Zona coinvolti. Confronto che poi è continuato nel tempo nelle zone interessate dai progetti.

In questi giorni per lo Scalo Romana è stato presentato il masterplan, che è un progetto di massima attualmente sottoposto ad osservazioni da parte dei cittadini, prodotto da un insieme di aziende che si sono aggiudicate un concorso internazionale.

Il masterplan è suggestivo e interessante (anche se sappiamo che bisogna fare la tara ai folgoranti rendering  delle presentazioni) e su di esso si sta sviluppando il dibattito al quale contribuisco con alcune osservazioni, sia in positivo sia evidenziando alcune criticità.

La prima criticità, che riguarda Scalo Romana come tutti gli altri scali (escluso in parte Porta Genova) è che i binari rimangono. Pochi ne parlano, ma la questione è cruciale, perché oltre ai fasci dei binari vanno tenute in conto le cosiddette “aree di rispetto”. Cosa significa? Significa che le aree avranno ancora un importante elemento di frattura, una mancanza di collegamento al loro interno dato dai binari più 30 metri per ogni lato, diciamo a occhio e croce una corsia larga 70 o 80 metri che crea discontinuità, spaccando parchi e quartieri. Per inciso ciò riguarderà soprattutto Scalo Farini, dove i fasci di binari che rimarranno sono davvero imponenti.

Ovvio che la soluzione più efficace sarebbe l’interramento dei binari, ma per ragioni tecniche che riguardano le pendenze necessarie ecc. (se qualcuno ne sa di più prego di spiegare in termini semplici tali problemi) ciò non è possibile.

Nel progetto di Scalo Romana il problema è stato risolto in modo interessante creando, al di sopra dei binari, un percorso chiamato “Foresta sospesa” alberato e percorribile da pedoni e bici da est a ovest. Al centro dell’area il percorso confluisce nel Parco Romana, la grande area verde che si apre davanti alla Fondazione Prada, questa ininterrotta grazie al parziale interramento dei binari sotto una collinetta artificiale.

Questa soluzione dovrebbe mitigare l’impatto visivo e il rumore della ferrovia, uniti all’effetto delle due enormi corsie da 30 metri che affiancano i binari, chiamate “Ecozone” e destinate a verde, che contribuiranno all’equilibrio ambientale del progetto (decarbonizzazione, mitigazione climatica, ecc.). Una di queste corsie vedrà anche la presenza di un corso d’acqua importante e storico dell’idrografia milanese, la Vettabbia.

Per quanto riguarda il collegamento nord - sud la continuità,oltrechè che dal Parco Romana, e assicurata da 5 passaggi sopraelevati ciclo pedonali (niente auto, che come avviene ora dovranno passare da via Ripamonti e da corso Lodi.

Un altro elemento critico è rappresentato dalla notevole quantità di edifici previsti. In questo mi associo a chi, ferme restando le quote di costruito stabilite dall’accordo di programma, avrebbe preferito maggior sviluppo in altezza a vantaggio di aree pubbliche e verdi più estese. Si tratta evidentemente di scelte progettuali, perché, specie per le quote di edilizia agevolata ed il villaggio olimpico che poi diventera alloggio per studenti,  credo che si sarebbe potuto decidere diversamente, e forse è ancora possibile in fase di progetto.

L’accesso da piazzale Lodi si presenta molto suggestivo e andrà a valorizzare una piazza anonima e di fatto non vissuta, fatto salvo l’ex cinema, interessante edificio che potrebbe trarre grande rilancio dal progetto.

Non capisco bene invece come diventeranno le due piazze di “arrivo” della “Foresta sospesa”, una in via Ripamonti e l’altra su corso Lodi, a collegare la stazione ferroviaria esistente.

Importante il recupero degli edifici industriali nella porzione sud ovest dell’area, per costruire memoria e farne sede di attività pubbliche (eventi, mercati, ecc.),una vittoria di quanti hanno seguito l’evoluzione del progetto.

In definitiva considero il progetto presentato interessante e innovativo, con alcuni elementi che potrebbero anche essere migliorati in fase di progetto.

Non appartengo alla schiera dei dietrologi e dei catastrofisti, metto al primo posto la soluzione di una cicatrice che segna e condiziona lo sviluppo della nostra città da circa un secolo ed il recupero di un’area degradata e inquinata che sta per essere bonificata e restituita all’uso pubblico.

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