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Da che mondo è mondo la propaganda ha condizionato e continua a condizionare (vedere certi giornali e canali televisivi) menti carenti di capacità critica, ma non è solo una questione di cultura (basterebbe l'istruzione), perché la saggezza può albergare in persone semplici e mancare in azzeccagarbugli sapienti.
Le reti sociali generaliste hanno aumentato enormemente la capacità d'eco, tipica delle discussioni al bar e in piazza, per cui i destinatari della propaganda da passivi diventano attivi propagandisti, in una bolla di consenso che si auto alimenta di fanatismo.
E il problema non è solo e tanto il privato, perché anche un regime pubblico come il cinese può approfittare degli stessi meccanismi socio tecnici e, nel suo piccolo, anche RCM ha subito flame e protagonismi.
A mio parere c'è l'antidoto di una gestione affidata ad autorità indipendenti a larga partecipazione, come fu concepita Fondazione RCM, e la capacità d'attrazione d'un combinato disposto (come si suol dire) tra utilità personale e collettiva, propiziatoria di un associazionismo culturale e civile in dialogo con imprese (a sostegno del consumatore/spettatore) e pubblica amministrazione (a sostegno del cittadino/imprenditore).
Ma ciò presuppone che imprese e pubblica amministrazione superino politiche di partecipazione di facciata: perché stentano servizi in rete di tutela del consumatore e perché pubblici amministratori, salvo eccezioni, sembrano incapaci a confrontarsi sistematicamente in rete con i loro concittadini?
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