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Inviato da avatar Roberto Maria Pittella il 10-12-2021 alle 19:14

Anni fa Francesco De Sanctis propose un collegamento tra il pessimismo di Leopardi e quello di Schopenhauer. Più di recente Emanuele Severino ha proposto un collegamento tra il pensiero del poeta recanatese e la filosofia di Nietzsche.

In effetti tra Leopardi e Nietzsche vi è un importante denominatore comune, che è quello del nichilismo. Il primo, nello Zibaldone (p. 1341), contesta l’ottimismo leibniziano scrivendo: “In somma, il principio delle cose e di Dio stesso è il nulla: giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non vi è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo”.

Un altro significativo collegamento sta nel ruolo fondamentale attribuito ai sogni ed alle illusioni nel rendere sopportabile la natura indifferente della realtà. “Quanta verità può sopportare un uomo?” si chiede Nietzsche in Ecce homo. E Leopardi nello Zibaldone (p. 3990): “Tutto è follia in questo mondo fuorché il folleggiare. Tutto è degno di riso fuorché il ridersi di tutto. Tutto è vanità fuorché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze”.

E più oltre  (p. 4500), citando Rousseau: “Le pays des chimères est en ce monde le seul digne d’être habité, et tel est le néant des choses humaines,  que […] il n’y a rien de beau que ce qui n’est pas”.  [“Il paese delle chimere è in questo mondo il solo degno di essere abitato, e tale è il nulla delle cose umane, che non v’è nulla di bello se non ciò che non c’è”.]

Ove si tenga ben presente che le “follie”, i “sogni” e le “illusioni” (o “chimere”), lungi dall’essere un che di fatuo ed evanescente, hanno una propria dignità ed una propria  durevole consistenza (“resilienza” si direbbe oggi) anche di fronte agli aspetti più negativi del mondo reale, come si evince da questa bella ed intensa strofa del canto Il pensiero dominante:

Che mondo mai, che nova
immensitá, che paradiso è quello
lá dove spesso il tuo stupendo incanto
parmi innalzar! dov’io,
sott’altra luce che l’usata errando,
il mio terreno stato
e tutto quanto il ver pongo in obblio!
Tali son, credo, i sogni
degl’immortali. Ahi! finalmente un sogno
in molta parte onde si abbella il vero
sei tu, dolce pensiero;
sogno e palese error. Ma di natura,
infra i leggiadri errori,
divina sei; perché sí viva e forte,
che incontro al ver tenacemente dura,
e spesso al ver s’adegua,
né si dilegua, pria che in grembo a morte.

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