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Inviato da avatar Philip Grew il 13-04-2022 alle 22:01

Un programmatore-ricercatore, ottimista rispetto alla crisi epistemologica e la società algoritmica del Grande Altro (Sinan Aral, 2020: The Hype Machine: How Social Media Disrupts Our Elections, Our Economy, and Our Health; And How We Must Adapt), individua quattro «leve» che la società civile può usare per non diventare mera preda degli AMAMA:

  •  il danaro
  •  la legge
  •  il codice informatico
  •  e, detto in inglese «norms». Sarebbe un errore leggere quest’ultimo fattore come “norme” tout court. Si tratta della motivazione sociale fatta propria dai cittadini che diventa il comportamento emergente.

Dobbiamo, dice Aral, usare tutte e quattro le leve per preservarci. La legge, dico io, conta davvero poco contro gli AMAMA perché queste aziende private sono più grandi degli stati. Non sarà mai sufficiente la legge a cambiare il loro modello imprenditoriale basato sull’estrazione della nostra umanità.

Il codice informatico, se segreto e proprietario, sarà sempre soltanto al servizio del capitale investito. I protocolli pubblici e la programmazione a sorgente aperto possono in piccola parte limitare le prepotenze operate contro la popolazione da questi proprietari della infosfera. Il ciberspazio è costruito di protocolli e ne possiamo ancora scrivere. Dobbiamo erigere piattaforme per l’azione sociale e per la cultura collettiva su sorgente aperto.

Il vero punto più critico è la questione di come ci vogliamo comportare. Regalare le nostre scuole a Google Education e consegnare i nostri rapporti personali a WhatApp sono comportamenti dei quali la gente deve vergognarsi. Tutto il potere degli AMAMA dipende dall’uso da parte dei quattro miliardi di utenti. Tra gli informatici è in atto da un quarto di secolo una grande resipiscenza sul bullismo dei proprietari della tecnologia della comunicazione e dell’informazione.

Anche il popolo dell’infosfera ora inizia a destarsi. Quando una massa critica converrà sull’indecenza dei comportamenti che menano acqua al mulino delle cinque aziende megagalattiche, di poche altre meno grandi come Twitter, Zoom, Netflix, Palantir o IBM e del PCC che ti offre la bicicletta a Milano, le norme del buon comportamento cambieranno repentinamente.

Se la sponsorizzazione potrà garantire alcuni spazi d’espressione indipendenti, favorire la stesura di attraenti realtà a codice sorgente aperto, istruire il legislatore sull’importanza morale di tutelare l’agentività umana o sensibilizzare la gente sulla terribile schiavitù alla quale rischiamo di condannare le generazioni future, ben venga la sponsorizzazione. Ma non dobbiamo illuderci che con il danaro si possa contrastare il danaro investito nell’accumulazione preventiva dei nostri dati.

Nel suo complesso, il danaro sarà sempre dalla parte dei proprietari privati. Ben venga quindi l’ottimo manifesto dell’intervento precedente ma non sprechiamo troppe preghiere nell’augurio che arrivino i dindi.

- ph 2022-04-13

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