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Inviato da avatar Massimo Mulinacci il 03-06-2023 alle 09:36

La città non cessa di espandersi e non potendolo fare (per quanto ancora?) a spese del territorio circostante, ecco che divora i propri figli. I figli in questo caso sono il glicine, i tigli e il bagolaro di piazza Baiamonti. Disprezzo danno e beffa.

Disprezzo per la bellezza del glicine: bello e leggero va a spasso per prati, strade e case, messaggero dell’armonia. Difficile trovare persone che lo disprezzino, ma quelle poche che lo fanno hanno in mano ruspe e motoseghe; il potere di pochi contro i sentimenti di molti.

Il danno per i tigli; piante grandi e generose, silenziose e composte, le foglie come mani tese cariche di amicizia. Da lontano paiono austeri, le chiome imponenti. Sotto di loro una doccia di aria leggera ci avvisa che, mai stanchi, migliorano quell’impasto che ancora chiamiamo aria.  

La beffa per il bagolaro; lui, che chiamiamo spaccasassi indovinate il perché, lui che affonda le radici nelle macerie delle città riportando la vita nel suolo, è di norma nella lista degli abbattimenti perché darà fastidio alle future macerie, ora brillanti e orgogliose nel loro vestito da festa. La motosega forse affonderà anche nel suo tronco, finalmente vendetta contro un albero irriducibile e irriverente.

La città è così, un agglomerato di future macerie con poca speranza di vita e poche eccezioni, eccezioni spesso ignorate e distrutte (vedi la palazzina di via Crema, ultima in ordine di tempo).

Milano è vecchia, prima ancora che antica, vecchia nel corpo e nella testa. Se non cambia si ridurrà, ed in parte già lo è diventata, un’accozzaglia di patetiche torri, imitazione di altre patetiche torri anni ’80 quando non ’70. A San Gimignano le famiglie più potenti erigevano torri, qui alle famiglie si sono sostituiti piccoli e grandi potentati economici. Le torri di san Gimignano sono sopravvissute ai secoli, le nostre no, prima o poi saranno abbandonate e demolite (se ci saranno i soldi), per la plateale insostenibilità ambientale ed economica.
La storia la fanno le piante, l’accumulano nei tronchi e nelle foglie. Quelle storie difficili di piante forzate nei vivai e poi uccise dalla siccità e le storie cominciate due secoli fa, in un’Italia appena costruita e già in disfacimento e poi terminate nell’indifferenza e nel disprezzo. Vedi il platano di piazza Buozzi, sopravvissuto alle guerre ma soffocato e ucciso dal cemento, dall’asfalto e dal calpestio indifferente di centinaia di persone ogni giorno.

Sì, la storia la fanno loro. Le migliaia di piante spontanee che hanno popolato i terreni abbandonati all’incuria ed allo scempio, persino gli odiatissimi ailanti meriterebbero una targa in una piazza o in un parco per quanto hanno dato finora all’aria, all’ombra, agli animali sostituendosi alla nostra indifferenza.

La storia non siamo noi, noi siamo un residuo tossico della storia. Sempre in guerra con tutto e tutti, riflettiamo nelle città il vero spirito che ci anima. E la città divora i propri figli, per non parlar dei nostri.

(Foto: Parco Kawachi Fuji Garden, tunnel dei glicini, giappone. Potremmo realizzare un po' di tunnel anche a Milano.
Foto da: my best place)


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