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A proposito della trasparenza, citata da Paparazzo con queste parole: "La trasparenza non è in programma, queste operazioni si faranno sempre con la massima opacità e comunque con l'assenza di chi la scuola la fa tutti i giorni", osservo che questo è un tema che investe il rapporto tra "autorità" di vario genere e cittadini poco autorevoli, cioè il concetto di trasparenza e quello di partecipazione. A questo proposito, riferendomi adesso a Roberta Cipolli e alle sue osservazioni circa la "scuola inascoltata", la segregazione sociale, le decisioni autoritarie delle istituzioni e il silenzio di queste agli appelli, faccio notare che gli Enti pubblici sono protetti da norme assolutamente antidemocratiche che assegnano loro il diritto del silenzio, cosa che azzera ogni tentativo di rivolgersi ad esse per ottenere almeno una risposta relativa ad un bisogno o a un diritto.
Attenzione, non mi riferisco al diritto al silenzio promulgato anche dall'Europa, ma a quello unilaterale attribuito agli Enti in nome di una loro presunta impossibilità di rispondere a causa del troppo lavoro. All'ombra di questo diritto si consumano abusi di ogni tipo.
Non sarebbe giusto che tutti coloro che, in campi e per motivi diversi, si trovano nella medesima situazione di oppressione del silenzio, facciano sentire il proprio diritto alla trasparenza e al rispetto del loro diritto di interlocutorio?
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