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Inviato da avatar Oliverio Gentile il 28-10-2011 alle 12:19

Da milano.corriere.it:

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_ottobre_28/consigliere-basta-sedute-notte-orari-famiglia-mamme-politica-1901972626406.shtml

Palazzo Marino, fa discutere la proposta delle donne con figli

Le consigliere: basta sedute di notte
«Privilegiate». «No, è più giusto»

Mamme in politica. «Nessuno vi ha costrette a candidarvi»

MILANO - «Avete voluto la bicicletta? PEDALARE!» (tutto maiuscolo, per chi non avesse capito il messaggio). «Se io chiedo il part time voglio un inaudito privilegio mentre le consigliere comunali non possono stare in riunione fino a tardi. Vergogna». «Le signore consigliere potrebbero organizzarsi come tutte le donne-mamme che lavorano su turni. Cosa dovrebbero dire medici, infermieri, operai, autisti?». L'altroieri le donne del consiglio comunale hanno chiesto di anticipare le sedute serali per conciliare meglio famiglia e lavoro. E su Internet si è scatenata la tempesta dei commenti. In gran parte negativi. Colpa - in parte - dell'«effetto casta». Alle consigliere viene rimproverato di pretendere qualcosa - la conciliazione tra tempi della famiglia e del lavoro - che ai comuni mortali viene da sempre negato.

Se cittadini e cittadine spesso non capiscono, in soccorso delle consigliere arrivano imprenditrici, ricercatrici universitarie, dirigenti. In generale, tutte le donne che da anni si impegnano per un pari trattamento sul lavoro. «Questa onda di opposizione rispetto all'iniziativa delle consigliere comunali ha prima di tutto una motivazione: la generale insofferenza rispetto alla politica - cerca una spiegazione ragionevole Gianna Martinengo, imprenditrice, a capo del coordinamento dei comitati per l'impresa femminile delle Camere di commercio lombarde. «Chi fa politica viene automaticamente identificato con "casta" - continua Martinengo -. Evidentemente non tutti sanno che un consigliere comunale guadagna circa 1.500 euro al mese. Non solo non criticherei la scelta delle consigliere comunali di Milano, ma sono convinta che tocchi alla politica dare l'esempio con iniziative di questo tipo».

Prende atto stupita del polverone sollevato dall'iniziativa anche Simona Cuomo, coordinatrice dell'osservatorio sul Diversity management della Sda Bocconi. «Non mi aspettavo che certi pregiudizi fossero così radicati - allarga le braccia Cuomo -. Certo, forse le consigliere comunali milanesi hanno fatto un errore. Gli orari compatibili con il privato non dovrebbero essere una richiesta a favore delle donne ma a beneficio della famiglia. Delle madri, ma anche dei padri e dei figli. Se presentata in questo modo, probabilmente la proposta sarebbe stata capita meglio». Su una cosa Elisabetta Oliveri, manager appena entrata nel cda di Atm, è perfettamente d'accordo con Simona Cuomo: i risultati non si misurano dalle ore di presenza (in ufficio o in consiglio). Inoltre, con un minimo di fantasia e impegno, si potrebbero trovare schemi organizzativi efficaci sia sul piano dei risultati che su quello della conciliabilità con il privato. «Basti pensare a quello che succede nei Paesi aglosassoni. Ho lavorato per un certo periodo in Gran Bretagna e tutti abbandonavano l'ufficio alle cinque del pomeriggio», ricorda Oliveri. Alla scrivania restavo soltanto io. Costretta ad aspettare le sette di sera per relazionare ai miei superiori in Italia».

Si unisce al coro d'approvazione anche Marisa Montegiove, vicepresidente di Manageritalia, «sindacato» dei dirigenti dei servizi. «Non si capisce perché quello che si può fare alle tre del pomeriggio debba essere rimandato alle 19. Certo, se sei medico, tranviere o infermiera è un altro discorso». «La vera svolta non sta nel pretendere che politici e amministratori lavorino venti ore al giorno ma nel valutare anche loro sui risultati - conclude l'imprenditrice Gianna Martinengo -. Alla fine si scoprirebbe che anche tanti stakanovisti dell'aula meriterebbero di essere mandati a casa».

Rita Querzé
28 ottobre 2011 12:10


Da milano.corriere.it:

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_ottobre_28/mamme-politica-consiglio-comunale-1901973873484.shtml?fr=correlati

POLEMICHE

Se la Mamma fa Politica

Come conciliare i tempi della politica con quelli della vita

Il summit europeo di mercoledì è andato avanti fino alle 4 del mattino e la successiva conferenza stampa di Sarkozy, con quel volto tirato dalla stanchezza e la voce insolitamente roca, è diventata una sorta di manifesto della fatica della politica. Eppure a Palazzo Marino si è fatto anche «di meglio»: negli anni Ottanta non era insolito che le sedute del consiglio comunale durassero fino all'alba. Per approvare l'aumento del prezzo dei trasporti pubblici una volta si finì alle 7.30 dopo una notte di bivacco in aula: consiglieri addormentati qua e là, scorte di alcolici alla buvette ridotte a zero come la lucidità degli annoiati avventori, fumo di sigarette fitto come in una bisca e la vivacità innaturale di un certo assessore che dai banchi dalla giunta faceva un cenno a un suo assistente seduto fra il pubblico, poi l'uno e l'altro uscivano dall'aula e dopo poco l'assessore rientrava più pimpante che mai, tanto che quel particolarissimo assistente era soprannominato «il droghiere».
Erano anni in cui in consiglio comunale si fermava il tempo. E non per modo di dire. Il bilancio di Palazzo Marino per legge doveva essere approvato entro una certa data. Ogni anno ci si riduceva all'ultimo momento e durante la seduta decisiva l'orologio dell'aula si fermava «misteriosamente» pochi minuti prima della mezzanotte. La riunione (maggioranza e opposizione d'accordo) poteva così proseguire ancora per qualche ora perché ai fini del verbale valeva l'ora indicata dall'orologio dell'aula e quindi poi si metteva agli atti che il bilancio era stato approvato entro la mezzanotte.
Oggi tutto questo non esiste più e Palazzo Marino, fortunatamente, ha tempi più ragionevoli. Non abbastanza, tuttavia, per conciliare le esigenze della politica con quelle della famiglia ed ecco che due consigliere comunali (tre figli l'una, quattro l'altra) hanno chiesto che le sedute inizino prima (oggi si aprono alle 16.30) e finiscano in tempo per tornare a casa «a orari ragionevoli». Insomma, anche le mamme hanno diritto a far politica.
Quello di consigliere comunale non è considerato un lavoro: semmai un dopolavoro. Ognuno ha la sua attività e dedica parte del tempo libero all'amministrazione della cosa pubblica. È una sorta di volontariato, di servizio (quasi) gratuito alla città. E infatti i consiglieri comunali non hanno uno stipendio ma un semplice gettone di partecipazione alle riunioni di consiglio e di commissione, con un tetto massimo di 1.500 euro al mese contro i diecimila che percepiscono i consiglieri del Pirellone (i quali dovrebbero svolgere il loro ruolo a tempo pieno). Più che aggiustare gli orari delle sedute in funzione delle esigenze famigliari, dobbiamo domandarci se vogliamo anche a Palazzo Marino dei professionisti della politica che fanno i consiglieri di mestiere. Potrebbe pure essere opportuno visto che il Comune, con i suoi 9 miliardi di bilancio, è la principale azienda della città. Quanto però al sacrosanto diritto delle mamme di partecipare all'amministrazione della cosa pubblica, forse la partita della parità dovrebbe essere giocata in casa, convincendo i padri a fare la loro parte. Sarebbe una grande riforma a costo zero.
clschiri@yahoo.it

CLAUDIO SCHIRINZI

28 ottobre 2011 12:08

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