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I SACERDOTI DEL DIGITALE
Riassumo (e non brevemente, mi spiace per chi ha fretta) il mio intervento alla Filosofia sui Navigli dopo la relazione del Prof De Michelis sulla Rivoluzione digitale. Profitto del digitale anche io, benché Verba Volant e chi sa quanto rimane e quanto viene ascoltato di ciò che ciascuno di noi tende a dire.
Si parlava di Sacerdoti della Trascendenza quando una volta essi, nei Miti, nelle Religioni, nelle Scritture, si frapponevano tra uomo e dio, tra uomo e mistero, tra uomo e soprannaturale. Tutto questo Sacro era nelle loro mani, e poi nelle mani di chi li accettava e credeva nel loro Indice Puntato, nella loro lettura del trascendente e nella loro Interpretazione. L’uomo si affidava a loro. Ora, chi sono i Sacerdoti del Digitale? Esistono, li vediamo, sono da qualche parte a interpretarci la Realtà attraverso il Sapere del Digitale? O tutto, come siamo tentati di pensare, avviene automaticamente, liberalmente, o addirittura democraticamente in questo Ipersapere diffuso ed esponenziale?
Anche oggi, la Trascendenza, specie quella del sapere, apparentemente democratica, espansiva, libera, potrebbe essere affidata a un Potere di Interpretazione e di Uso tecnico, economico e politico che ci sfugge. Qualcuno che Interpreta per noi, Calcola per noi, fa Algoritmi per noi, apparentemente, e poi invece è l’Utilizzatore Finale di questo sapere, di questa conoscenza. Perché, come sapevano già qualche decennio fa, noi appartenenti alle generazioni della diffidenza critica e del sospetto, la Conoscenza raramente è innocente, soprattutto quella che si espande e moltiplica, soprattutto apparentemente disinteressata e apparentemente per tutti e democraticamente accessibile. Le nuove generazioni, detto da insegnante, non sembrano avere lo stesso fiuto della smascheramento dell’interesse dietro la Conoscenza, interesse economico, politico, ideologico, elitario, oggi anche militare. Sono le generazioni che invece si fidano, tendono ad avere fiducia, nella tecnologia digitale e di chi o cosa c’è dietro, tendono ad avere fede, a non diffidare per sopravvivere e adattarsi.
Gli antichi Sacerdoti della Trascendenza oggi si nascondono forse dietro gli Utilizzatori Finali della tecnologia digitale. Che dovrebbe essere semplice strumento, ma si sa che gli strumenti che contano finiscono col cadere nelle mani di chi li ha prodotti o li sa utilizzare. Come era ingenuo tempo fa credere illuministicamente in un Progresso che avanza verso il Bene malgrado noi, cosi mi sempre ingenuo credere che il liberalismo selvaggio che sta dietro la rivoluzione digitale abbia carattere fatale, espansivo, democratico. Una volta si parlava di Conoscenza e Interesse, di Sapere e di Potere, oggi questo discorso sembra obsoleto e naufraga nella rivoluzione digitale, dove tutti si sentono potenzialmente ricchi ma nessuno è…. rivoluzionario.
Chi lo dice che noi non siamo dentro una Rivoluzione che non solo ci sovrasta di input e bit, ma che non ci vede affatto come attori, ma puri spettatori, marionette pilotate, che si accontentano di goderne? Non c’è bisogno di Maestri del Sospetto per chiedercelo. Certo la rivoluzione digitale resta col suo retroterra elitario, fatto di scelte economiche e politiche, come anche i robot rimandano all’uomo che li gestisce, come anche l’intelligenza artificiale che rimanda all’astuzia naturale, spesso e volentieri. Insomma quella digitale rischia di essere una rivoluzione senza rivoluzionari, una rivoluzione degli strumenti e dei consumi, che non guarda agli acquirenti ma ai mercanti, e dove la Conoscenza non solo diventa Utilità ma anche Interesse. Tutto va da sé, splendidamente da sé? I Sacerdoti dl digitale ci dicono di sì, di avere fede e di comprare, di pregare questo Dio- google o chi per lui- e di goderne a man bassa, di essere Fedeli, come a una Banca.
E infine, un'ultima considerazione, visto che il professore analizzava di questa rivoluzione anche il lato politico ancor più che economico, liberale ancor più che democratico, religioso persino (nel senso del religare) ancor più che ideologico, e visto che nei fatti che accadono anche digitalmente siamo tutti bravi e consapevoli, nelle scelte e nelle interpretazioni un po’ meno (non esistono solo fatti, diceva qualcuno, solo interpretazioni). E giustamente rivendicava la libertà di interpretare, non solo di obbedire a questi fatti, come alle Scritture, fuori di ogni rischio di eresia e di gabbia religiosa.
La maggior democrazia del mondo degli ultimi secoli, quella americana, che ha promosso la globalizzazione, le libertà digitali, il libero mercato delle merci e delle idee – quell’America che ha insegnato al modo la libertà, la ricchezza e fluidità del globale- oggi in una paradossale eterogenesi dei fini e in una enantiodromia beffarda ci presenta il conto di tutto questo: una nazionalismo volgare, bellicista, che chiude non solo al mercato globale, ma anche verosimilmente alla rivoluzione digitale, per una ‘involuzione’ nazionalistica che forse mostra che cosa ci sia dietro questa internettizzazione del mondo, una grande fame di tornare al locale, alle origini, ad una democrazia bloccata, all’America come Nazione e Bunker No-Global.
Rivoluzione digitale? Certo, la Storia è strana e non c’è bisogno di Storici per capire che ogni rivoluzione, come quella Francese, quella Russa, e ora quella Americano-Digitale (che per fortuna va oltre Trump) rischi di generare alla fine il suo Termidoro.
Roberto Caracci
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