Rispondi a:

Inviato da avatar Franco Bomprezzi il 03-12-2011 alle 17:15

Allego qui il mio contributo "in remoto" al Forum.

A Giuliano Pisapia, sindaco di Milano
a Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali
a Marco Rasconi, presidente della Consulta cittadina per le persone con disabilità

Milano, 2 dicembre

Carissimi,

non sono con voi fisicamente, tradito dalle mie gambe fragili e da due fratture che un destino poco amichevole ha voluto si verificassero proprio adesso, nei mesi più fervidi e intensi di lavoro e di preparazione non solo di provvedimenti innovativi in favore delle persone con disabilità, ma anche di questo evento, a lungo atteso e anche desiderato, per imprimere un’accelerazione e un rinnovato slancio alle politiche di welfare milanesi.

Non sono con voi fisicamente, ma so che i temi che mi stanno a cuore saranno affrontati a tutto campo, sia nella discussione plenaria che nei tavoli di confronto tematici. Affido a voi solo alcuni pensieri, ripromettendomi di leggere con attenzione i documenti e gli interventi di queste due giornate, perché immagino che questo sia solo l’inizio di un percorso progettuale, che poi avrà bisogno di passaggi più operativi, di indicazioni tecniche, di delibere programmatiche, di stanziamenti e di risorse, di comunicazione adeguata.

Non sono con voi fisicamente, ma è proprio questo il mio primo pensiero: quanti oggi non possono essere presenti? Quanti cittadini milanesi con disabilità sono di fatto ancora “invisibili” e non in grado di partecipare, come sarebbe loro pieno diritto, alle scelte che li riguardano? Non lo sappiamo esattamente. E dunque per prima cosa sono convinto che sia necessario porre mano a una seria e rigorosa mappatura della realtà sociale della disabilità a Milano.

In questi mesi ho constatato la qualità e la quantità dei servizi che il Comune assicura ai cittadini con disabilità e alle loro famiglie, anche in situazioni di grande difficoltà economica. C’è una rete fitta di competenze, di operatori, di tecnici, di funzionari, che in modo sistematico dialogano fra di loro, si scambiano informazioni ed esperienze, producono cultura positiva di inclusione sociale e di non discriminazione.

Eppure ho la sensazione che mai come adesso sia indispensabile innovare, sperimentare, proporre qualcosa di meglio e di nuovo: ridurre le sovrapposizioni di servizi che sono nati attorno a bisogni specifici e diversi, per ripartire dai diritti della persona con disabilità, che va messa al centro dell’azione pubblica. Mi stupisce infatti come, nonostante la quantità di risorse messe a disposizione, nonostante il numero e la qualità dei servizi gestiti direttamente o affidati in convenzione, le possibilità concrete di migliaia di persone disabili milanesi di decidere liberamente e in modo autonomo che cosa fare della propria vita, dove andare, quando uscire di casa, con quali compagnie, per raggiungere quali obiettivi, per soddisfare quali desideri, siano di fatto scarse, confuse e comunque non facilmente realizzabili.

Oggi abbiamo a disposizione lo strumento potente della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, adottata dalla Giunta nel luglio scorso. Usiamolo senza indugi per monitorare le politiche del nostro territorio comunale, non solo, ovviamente, quelle strettamente connesse ai servizi di welfare, ma anche tutte le altre, dalla mobilità alla cultura, dallo sport alle residenze, dalla scuola al lavoro. Dobbiamo essere in grado, nei prossimi anni, di proporre a ogni persona con disabilità un percorso di vita “normale”, non separato, non regolato solo da incasellamenti burocratici, da classificazioni sociosanitarie, da rimpalli di competenze parcellizzate all’infinito.

Siamo nella città in cui hanno sede alcune fra le migliori università del Paese. Vorrei che finalmente dagli Atenei milanesi si attingesse innovazione, metodo, competenze, opportunità di lavoro, di qualificazione, valorizzando e riconoscendo le capacità di persone che quasi sempre vengono discriminate solo in base a un pregiudizio, legato alla convinzione che un deficit fisico, o sensoriale, o intellettivo, impedisca di fatto la piena partecipazione alla vita di tutti.

Siamo nella città delle grandi fondazioni, non solo bancarie, delle aziende impegnate da anni in azioni positive di corporate social responsibility, delle associazioni filantropiche, del mecenatismo, del terzo settore e del volontariato più forte e diffuso del Paese. Non posso credere che ancora adesso, a fine 2011, si debba faticare per trovare forme di finanziamento convinto e serio di progetti capaci di fornire risposte serie e adeguate alla domanda di abitazione, di mobilità, di istruzione, di cultura, di formazione professionale, di attività sportiva che pure provengono dal mondo delle associazioni, o della cooperazione sociale, e che non possono essere affrontate unicamente dall’ente locale.

Spero che in questi due giorni emerga la consapevolezza che la questione delle persone con disabilità deve diventare una priorità convinta, condivisa, diffusa, memorizzata, anche proceduralmente inserita in modo stabile e obbligatorio nei regolamenti, nelle buone prassi amministrative e progettuali di ogni assessorato. I segnali in questo senso sono stati molti e tutti incoraggianti, eppure sono convinto che si può e si deve fare di più e meglio. La consulta cittadina e il sottotavolo per le persone con disabilità sono i due strumenti operativi a disposizione del Comune per approfondire, concertare, progettare, proporre e finalizzare le decisioni operative. Mai come adesso, grazie alla sensibilità di questa amministrazione, deve essere possibile raggiungere risultati concreti, tangibili, nelle piccole e nelle grandi cose. Penso, solo per fare qualche esempio, alla collaborazione attiva con le Zone, ai rapporti con l’Atm, con l’Aler, con realtà rinnovate come Milano Sport. C’è molto da fare, ma abbiamo anche il tempo per farlo, tutti insieme. Sapendo però che la crisi finanziaria e i tagli incombenti sui finanziamenti agli enti locali rischiano al contrario di mettere in discussione persino i servizi essenziali. Ora serve un patto forte con l’intera amministrazione comunale: nessun passo indietro, nessun taglio immotivato, nessun sacrificio scaricato direttamente sulle famiglie che già sono in difficoltà. Si possono e si debbono condividere scelte di economia di scala, di controllo di qualità, di eliminazione di ridondanze, di individuazione di priorità. Ma bisogna fare bene i conti, e rendere tutti consapevoli della reale situazione, in modo da fare scelte condivise.

Concludo tornando al punto di partenza, del tutto personale. La mia esperienza di questi mesi, di perdita di autonomia e di inevitabile ricorso, per la prima volta nella mia vita di persona disabile pienamente autosufficiente, a servizi professionali e competenti di assistenza domiciliare, sembra quasi abbia voluto indicarmi la strada che peraltro già avevo più volte segnalato: occorre potenziare il sostegno alla persona, alla vita indipendente, all’autonomia, riducendo il carico delle famiglie. Nella diversità delle situazioni individuali, non vi è alcun dubbio che ogni cittadino milanese con disabilità, dall’infanzia, all’adolescenza, all’età adulta, fino a quando diventa anziano, ha diritto pieno ad un progetto di vita adeguato e completo.

Il mio sogno è che al termine dei cinque anni di amministrazione Milano possa essere indicata, in Italia e in Europa, come un esempio concreto di miglioramento delle condizioni di vita e di cittadinanza delle persone con disabilità. Liberi di vivere come tutti. Ce la possiamo fare, ci dobbiamo riuscire, tutti insieme.

Franco Bomprezzi

consulente sulle politiche per la disabilità

Comune di Milano

Accedi

Devi inserire Nome utente e Password per inviare un messaggio. Se non li hai prosegui inserendo il contenuto della risposta e i dati personali (nome, cognome e email) oppure Registrati

L'accesso a questo sito è possibile anche per gli Aderenti alla Rete Civica di Milano selezionando nel menu a tendina la voce "Aderente della Rete Civica di Milano".

Contenuto della risposta