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Inviato da avatar Oliverio Gentile il 07-01-2012 alle 13:23

Da milano.repubblica.it:

http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/01/07/news/un_mezzo_no_un_modello_di_vita_per_far_veramente_decollare_milano-27698314/

LE PAROLE DEL 2012/ WI-FI

Un mezzo? No, un modello di vita per far veramente decollare Milano

Il piano presentato da Palazzo Marino è il primo passo per uscire dal provincialismo
L'ideale sarebbe avere collegamente gratuiti nelle scuole e in grandi luoghi pubblici
di FRANCO BOLELLI

Il giorno in cui ho realizzato che non è proprio più possibile pensare, comunicare, progettare, vivere come facevamo fino a ieri è stato quando mio figlio che sta a Los Angeles l’ho visto a nove ore di fuso orario, gratis grazie a Skype, aprendo il Mac sulla 94 ferma a un semaforo. Quell’improvvisa connessione l’avevo inconsapevolmente catturata a qualcuno, e ancora oggi le probabilità che una cosa così si ripeta sono più o meno quelle di un allineamento di pianeti. Ma fra poco anche questa opportunità — come tante altre impensabili fino all’altro giorno — diventerà naturale consuetudine, visto che il Comune sembra finalmente intenzionato a dotare Milano di un’estesissima rete di wifi a banda larga.

LE ALTRE PAROLE Bicicletta Partecipazione Lohengrin Giovani

Un segnale di modernità, si dirà. No, molto di più. Perché il wi-fi è non soltanto uno strumento ormai indispensabile, ma una vera unità di misura, un modello mentale e comportamentale. È la possibilità di connetterci — in istantanea diretta, in qualunque luogo con qualunque luogo — che ci spinge al di là di ogni artificiale confine, al di là delle classiche coordinate di spazio (e anche al di là di quelle di tempo, considerato che attraverso il web possiamo accedere a qualunque materiale di qualunque cultura in qualunque epoca. Pensateci, ve ne prego, mai vi venisse da storcere il naso davanti al mutamento che stiamo vivendo: vi rendete conto che siamo il primo gruppo di umani che si sta proiettando oltre i limiti di tempo e di spazio?). Tutto questo possiamo usarlo nel modo più banale e superficiale, certo: ma è comunque così che si stanno espandendo le nostre forme di pensiero, i linguaggi, tanti gesti e comportamenti, l’economia stessa.

Che Milano si muova su questo orizzonte è assolutamente imprescindibile (lo sarebbe anche un metrò che unisca la città con gli aeroporti, ma questa è un’altra storia; lo sarebbe pure un’Expo che non sia un’anacronistica fiera novecentesca, ma questa è un’altra storia ancora..). Poi sarebbe meglio se la connessione neanche si pensasse di farla pagare, e sarebbe meglio se fosse possibile anche nei luoghi chiusi, dai grandi magazzini al metrò, dalle scuole ai locali pubblici (provare a connettersi quando piove o quando il sole batte sullo schermo e/o negli occhi, o anche stando in piedi, è agevole quanto correre con in mano i sacchetti del supermarket). Ma intanto il primo passo per uscire dal provincialismo è quasi fatto, ed è psicologicamente importante per una città che dà sempre la sensazione di andare avanti con il freno a mano tirato.

Perché a Milano continua a esserci uno sconcertante scarto fra l’abbondanza di progetti e idee individuali che la animano sottopelle e la mancanza di grandi fuochi, il respiro collettivo corto, le polverose abitudini mentali. È così che questa città ha una dannata necessità di visioni forti, di modelli non tanto per il futuro quanto proprio per il qui&ora più dinamico e inventivo: non è banalmente di nuove tecnologie che si tratta, ma della percezione e della consapevolezza che questa città ha di se stessa, della voglia di alleggerire almeno un po’ l’eterno complesso di inferiorità nei confronti di New York, Londra o Berlino. In questo senso, Milano — quantomeno la molto sostanziosa Milano della comunicazione e della progettazione — ha bisogno di ritrovarsi in un habitat naturale che la valorizzi invece di penalizzarla, e l’estensione del w-ifi dal privato al pubblico, dagli happy few alla città intera, è se non altro un’eccezione alla dissuasiva sensazione di dover sempre nuotare controcorrente.

Se invece siete fra coloro che provano istintiva diffidenza per il vertiginoso mutamento che stiamo vivendo, o che pensano che si è più intelligenti se si prendono le distanze dall’entusiasmo per le opportunità neotecnologiche, allora sarete già lì con il dito ammonitore puntato contro i pericoli di questa brama di connessione. Sì, potete anche ridere se confesso che personalmente non prendo neanche in considerazione l’ipotesi di andare in quei luoghi dove non è possibile connettersi, e che — io che credevo di essere immune a qualunque forma di dipendenza — ora sono qui a controllare la mail, gli aggiornamenti e Facebook stessa ogni dieci minuti.

Ma se da quando ci ritroviamo fra le mani questa possibilità connettiva io e quelli come me non abbiamo più la minima intenzione di farne a meno, non è per ingenua infatuazione: semplicemente, stiamo sempre più realizzando che — al di là degli effetti collaterali — la nostra forma mentale, la nostra relazione con le persone, con le cose e con il mondo, il nostro patrimonio di conoscenze, la nostra stessa evoluzione professionale, tutte queste cose si arricchiscono quanto più siamo connessi con il flusso delle informazioni, dei contatti, della condivisione stessa di punti di vista e di stati d’animo. Si chiama evoluzione, vitale ancor più che tecnologica. Gran bella cosa, se Milano entra a farne parte.

(07 gennaio 2012)

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