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Inviato da avatar Maurizio Mottini il 17-01-2012 alle 15:16

Area C: come arrivare ad una mobilità sostenibile.

L’introduzione dell’area C trasforma la vecchia zona Ecopass (che penalizzava con pedaggio le auto più inquinanti) in un’area con “congestion charge”, vale a dire un pedaggio generalizzato per l’ingresso con auto nella cerchia dei Bastioni. Si passa quindi da un provvedimento che tendeva a ridurre l’inquinamento (con risultati modesti se non per aver favorito un ricambio del parco auto) ad una misura che scoraggia l’uso della auto.

La congestione del traffico non è solo causa dell’inquinamento dell’aria, al quale concorrono anche altre funzioni urbane come il riscaldamento, specie se con vecchi sistemi, ma pone serissimi problemi relativi alla vita sociale, civile ed economica della città..

La vita di un grande città metropolitana è ricca di attività di servizio all’economia ed alla persona, dispone di molti luoghi per il commercio come di sedi culturali o di luoghi per il divertimento e il tempo libero. Tutte attività e luoghi che richiedono una mobilità accettabile delle persone ed anche delle merci, e che invece sono penalizzati dalla congestione.

A Milano vi sono 70 auto ogni 100 abitanti (compresi neonati e centenari). Il livello della motorizzazione privata è circa il doppio della media delle analoghe città europee. Questo è il frutto della mancanza o della insufficienza di politiche per la mobilità sostenibile nel nostro paese in generale ma anche della nostra area metropolitana.

La mobilità affidata così largamente all’auto privata è precaria, in crisi permanente, entra facilmente in collasso per un incidente sulle tangenziali o più semplicemente nelle giornate di pioggia. Quando a giugno si chiudono le scuole c’è un immediato sollievo del traffico urbano, sembra che ci sia una diminuzione rilevante mentre il dato rilevato è una diminuzione solo dell’8%. Chiaro sintomo della situazione della fragilità della mobilità in città, sempre sull’orlo del blocco, per almeno tre quarti dell’anno.

La congestione compromette anche la distribuzione delle merci già peraltro penalizzata da una eccessiva frantumazione dell’offerta di trasporto merci causa della irrazionalità dei carichi medi nonché da una insufficiente disciplina degli orari e dalla scarsa utilizzabilità delle piazzole di carico/scarico quasi sempre occupate da vetture in sosta abusiva.

La crescita della densità automobilistica è stata di non meno del 35 % in 10 anni (escludendo le auto che si muovono pochissimo o saltuariamente). Mentre l’incremento delle linee di trasporto pubblico di massa (treni e metro) é stato assai più lento. Ci sono voluti 25 anni perché il passante ferroviario fosse completato. Solo quest’anno la linea gialla del metro è arrivata al confine nord della città e la verde è uscita dal confine sud per arrivare ad Assago. I prolungamenti del metro fuori della vecchia cerchia daziaria sono quindi modestissimi, per cui la rete non è assolutamente di livello metropolitano, e il sistema ferroviario regionale solo molto parzialmente svolge un ruolo per la mobilità metropolitana.

L’elevatissima densità automobilistica non garantisce la mobilità perché nelle ore di punta la velocità di spostamento in auto è molto lenta e rallenta pure la velocità commerciale dei mezzi pubblici di superficie, che è mediamente inferiore alla metà di quella delle analoghe città europee.

La rilevante densità automobilistica ha anche un altro effetto negativo: la privatizzazione progressiva del suolo pubblico, con la sosta di auto non solo nelle sedi stradali ma anche sui marciapiedi e sulle aiole di tutti i viali alberati.

L’effetto sulla immagine e sulla vivibilità della città è devastante.

L’avvio dell’area C può e deve essere l’inizio di un percorso di innovazione verso la mobilità sostenibile. Linea 4 e 5 della Metro, prolungamenti delle linee della Metro fuori della cerchia daziaria, protezione delle linee di superficie, asservimento semaforico al mezzo pubblico, integrazione tariffaria di vasta area, percorsi per le biciclette, posteggi per bici alle stazioni della Metro e di Trenord, diffusione del “bikeMi” e del “car sharing”, diffusione della mobilità elettrica, futura estensione dell’area C, isole pedonali diffuse, parcheggi interrati per residenti, difesa dei marciapiedi per i pedoni.

Molte di queste infrastrutturazioni sono necessariamente compito della mano pubblica, ma alcune come i prolungamenti della Metro extra dazio possono essere realizzati anche da privati col sistema della finanza di progetto, come già avviene per le linee 4 e 5. Una tecnica che deve essere possibilmente migliorata nelle sue procedure, come promesso dagli imminenti provvedimenti governativi per la crescita. Tutti questi provvvedimenti, o almeno la maggioranza di essi, richiederà tuttavia di sacrificare lo spazio riservato al traffico privato e limitazioni crescenti all’uso gratuito del suolo pubblico. Per dare più spazio, velocità e sicurezza ai pedoni, alle bici ed ai mezzi pubblici bisognerà limitare e scoraggiare l’uso dell’auto. La libertà di tutti non può essere sacrificata per la libertà del singolo di muoversi con l’auto.

Passare alla mobilità sostenibile vorrà dire avere una città piu vivibile, più confortevole, più vivace, più bella. Ma sarà un compito duro, difficile, che richiederà un notevole impegno della tecnostruttura del Comune e delle società partecipate. Ma soprattutto richiederà una svolta nei comportamenti dei responsabili politici dei Comuni, a cominciare da quello di Milano, della Provincia e della stessa Regione. Insomma occore una visione metropolitana e regionale per una mobilità sostenibile. Che le istituzioni possono avviare ma che è realizzabile solo con il contributo dei residenti e degli “users” della metropoli, mediante il cambiamento dei loro stili di vita ed un recuperato senso civico.

Di fronte a nuove normative troppo spesso c’è la richiesta di una deroga anziché mettere in atto nuovi comportamenti. Così non si cambia e cambiare è invece nell’interesse di tutti per uno sviluppo economico e civile della città. Parafrasando un detto celebre, invece di domandarsi cosa Milano possa fare per noi, sarebbe bene che tutti ci chiedessimo cosa possiamo fare per Milano.

Maurizio Mottini

16 gennaio 2012

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