Ancora sulle piste ciclabili pericolose

hai votato pisapia e non ti sei ancora pentito, vero?

a parte gli scherzi: quello che dici contiene qualche inesattezza. lasciami dire che:

1. falso. per fare la stessa strada NON devi fare alcun giro dell'oca. te lo dico per esperienza: ci passo tutti i giorni, in bici, almeno due volte al giorno. forse (e dico FORSE) passando dal parco l'allunghi di 100 metri. 

2. falso pure questo. questa strada porta alle autostrade, alla superstrada milano meda e alla statale 36. difficile che gli utenti di queste arterie utilizzino volentieri la bicicletta, non credi?

3. falso pure questo, secondo me. la ciclabile in via pellegrino rossi NON è un oasi nel deserto. Quella accanto all'enrico fermi (da piazzale macciacchini al galezzi) NON è un oasi nel deserto. e questi sono solo due esempi, ma ce ne sono altri. secondo me le cose dovrebbero essere fatte con la tresta, non con le chiappe. e questa è una emerita fesserie fatta coi piedi.

4. certo, come no? due linee bianche e una gialla, in effetti fanno pedalare tranquilli di fianco a camion che viaggiano a 70 chilomentri all'ora... il fatto è che qui, per come la vedo io NON serviva alcuna pista ciclabile! forse una preferenziale per gli autobus, piuttosto... hai la minima idea del traffico e delle code che si formano all'incrocio con via ornato e con via giuditta pasta, alle 8.30 di mattina? ecco... sappi che adesso la carreggiata sarà ristretta di 5 metri, con questa genialata. vedi te...

5. tu passi mai per la circonvallazione interna? i nostri illuminati compagni della giunta hanno avuto la brillante idea di pitturare due righe per terra e chiamarla ciclabile pure nella circonvallazione interna. ci hanno pure messo i tanto utili cartelli. pensi che nessuno ci parcheggi sopra? fatti un giro una mattina tra le 8 e le 10, magari in bici, poi mi dirai.

non la penso come te. quella pista ciclabile non collega proprio niente con nient'altro. comincia nel nulla e termina nel nulla. l'università è ben lontana da dove quella fesseria chiamata pista ciclabile finisce. e poi c'è il parco. è inutile e pericolosa. in bici si va al parco, non su una superstrada.

il tuo pensiero, alquanto talebano, sulle code e le automobili è simile, troppo simile, all'incompetenza di questa giunta. non si disincentiva l'uso dell'auto creando code! come non è che cancellando parcheggi si ottiene, miracolosamente, l'annullamento delle soste vietate. e nemmeno mettendo righe blu. mi sembra un ragionamento un po' stampalato. le cose cambiano solo cambiando la mentalità della gente. non si fa usare meno l'auto facendo le domeniche a piedi. solo il sindaco (e pochi altri...) pensa di educare così i milanesi. 

poi vaglielo a spiegare tu a chi abita a ceriano laghetto che può andare in uffico a musocco in bici. suvvia, un po' di serietà...

ripeto, e ti invito a rileggere l'articolo: non è questione di righe gialle, bianche o muretti. il fatto è che li una pista cicalbile c'entra come i cavoli a merenda. però il muretto, quantomeno, impedirebbe parcheggi, trasiti di moto e motorini, e invasioni distratte (diciamo così)... se tu non sei intimorito buon per te: io ti cosiglierei di starne alla larga, ma in fondo le ossa sono le tue, fai un po' come credi. io non ci transiterò manco se mi multano e continuerò a portare i miei figli sui vialetti del parco.

questo genere di progetti vanno bene in germania, danimarca, belgio, austria. qui purtroppo per noi, siamo in italia. qui la gente se ne frega delle righe, di qualsiasi colore esse siano. qui i vigili per strada non ci sono. qui, ripeto, è la mentalità che va cambiata. e non si cambia con righe multicolori, con buona pace di quello che pensa il compagno pisapia e il suo prode e incompetente scudiero maran.

Non avevo dimenticato questa sollecitazione.
E colgo l'occasione per rilanciare qui un post che ho diffuso in queste ore sul tema specifico.

Nel ricorrente dibattito sui fabbisogni arretrati della ciclabilità a Milano risuona spesso, anche da parte di autorevoli commentatori, il ritornello che, per l’auspicata svolta, sia indispensabile costruire piste ciclabili.

Così scriveva Claudio Schirinzi, qualche giorno fa: «Il Comune annuncia 100 chilometri di nuove piste ciclabili? Benissimo, a patto che tutto non si riduca a una corsia indifendibile a bordo strada delimitata da una striscia gialla». E, secondo Gianni Ravelli, occorre «costruire piste ciclabili degne di questo nome. Non basta dipingere una striscia sull'asfalto: una pista ciclabile deve essere separata dalle corsie delle automobili almeno da un cordolo, per essere sicura. Questo è il modo migliore per incentivare un uso intelligente e sicuro delle biciclette».

Sia consentito sommessamente ribadire che questa perseveranza nell’errore altera la discussione e rischia di far perdere altri anni alla nostra città.

Una corsia è “indifendibile”? Questo significa innanzitutto dare per scontato che la segnaletica ormai non conti più nulla, che si sia rinunciato a farla valere, che ci si rassegni allo status quo, ritenendolo immodificabile. Se così fosse, sarebbe l’anticipazione di una sicura serie di sconfitte. Vogliamo questo?

Allora le piste dovranno essere blindate, con accessi protetti da varchi invalicabili e riconoscimento mediante telecamere. Le strisce pedonali protette da cavalli di frisia. Le zone pedonali presidiate da pali e magari anche da camionette dell'esercito… Tutto iperprotetto, ma non per questo più sicuro.

Siamo davvero convinti che sia questa la città che desideriamo per il futuro nostro e di chi verrà dopo di noi? Questa la Milano di cui si è iniziato a discutere, non senza ritardo, con il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile?

Per dare strada alla bici, incentivandone in modo diffuso l’utilizzo, occorre innanzitutto migliorare la sicurezza complessiva delle strade. Curarne costantemente la manutenzione. Rimuovere i binari dismessi. Togliere (o sistemare) il pavé dissestato. Controllare (nel senso di ridurre) la velocità dei veicoli a motore. Diffondere gli strumenti di moderazione del traffico. Applicare le regole sulla circolazione e sulla sosta dei veicoli. Togliere spazio alle auto. Restituire senso al concetto di strada come luogo per la mobilità e la vita delle persone, diversamente da quel che accade oggi, al di là delle utopie di fluidificazione del traffico, dove la strada è spesso il luogo dell’immobilità delle persone all’interno delle auto.

Una voce popolare traduce nella espressione “pista ciclabile” non tanto una soluzione tecnica, quanto un bisogno di sicurezza, che non si sa come altrimenti esprimere. Ma le migliori esperienze, soprattutto a nord delle Alpi, come pure in alcune realtà virtuose in Italia, ci insegnano altro. E bisognerebbe avere la capacità di confrontarsi con esse. Senza limitarsi a ripetere degli stereotipi privi di senso.

Seguitare a riproporre l’equazione che identifica ideologicamente la bici alle piste ciclabili è il miglior modo per rallentare i cambiamenti nella nostra città in fatto di mobilità sostenibile, favorendo nuovi alibi: significa essere condannati a ripetere quanto è stato fatto (e non fatto) in quasi trenta anni su questo fronte, nella nostra città.

La pista ciclabile non è “la” soluzione. E’ solo uno dei possibili ingredienti per favorire la ciclabilità. E neppure il principale. Le piste ciclabili hanno un rapporto costi-benefici che si giustifica solo quando sia impossibile garantire altrimenti la sicurezza del ciclista nel traffico. Come nelle grandi strade di scorrimento veloce. Ma non certo come soluzione ordinaria nella maggior parte delle strade milanesi, e tanto meno nel reticolo viario del centro cittadino, che manca perfino dei requisiti dimensionali necessari a consentirne la realizzazione. Per non dire poi che anche i tempi richiesti per la costruzione di una pista, dalla progettazione alla messa in opera, non sono compatibili con l’urgenza che dovrebbe invece contrassegnare l’azione dell’Amministrazione su questo fronte.

Eugenio Galli

Milano attualmente ha circa 150 km di piste ciclabili. Come ho già scritto è normale che allo stato attuale se tu decidi di costruire una pista ciclabile questa inizia nel nulla e finisce nel nulla.

Mica si può pretendere che dall'oggi al domani compaia una rete ciclabile tutta interconnessa.

Per esempio la pista ciclabile di cui si parla in questo post un giorno potrà essere prolungata ed allacciata a quella che verrà costruita in Pellegrino Rossi e dall'altra parte potrà proseguire in viale Suzzani (che ha un marciapiede molto largo), oppure in viale Sarca, che essendo parallela a viale Fulvio Testi potrebbe benissimo essere ristretta per fare spazio ad una nuova pista.

La nuova pista di Pellegrino Rossi (che se ci pensate anche quella inizia e finisce nel nulla) un giorno potrà magari proseguire in via Valtellina, scavalcare il cavalcavia di via Farini e andare verso il centro.

Il problema è che oggi questa giunta, che è criticabile su vari aspetti ma non penso sia fatta da stupidi, deve partire quasi da zero per creare una rete ciclabile deciente e da qualche parte dovrà pure iniziare.

Non sono d'accordo nel considerare le piste ciclabili un'"extrema ratio" e tantomeno qualcosa che ipotetiche soluzioni innovative abbiano reso obsoleto. Può darsi che le piste ciclabili non siano sufficienti a rendere una città ciclabile ma sono certamente necessarie a tale scopo.

Le migliori esperienze europee ci insegnano che prima di tutto, se si vuole aumentare il numero dei ciclisti, si fa una rete di piste ciclabili sulle strade principali, protetta fisicamente (in particolare dalla sosta selvagga che esiste anche in Nord Europa) e il più possibile continua agli incroci. Questa rete può avere anche una maglia larga ma è necessaria in qualunque città medio-grande che voglia avere una quota modale significativa di ciclisti. Questo perché i ciclisti hanno bisogno di muoversi agevolmente e in sicurezza anche e soprattutto sulla rete stradale principale, altrimenti ciascuno rimane confinato nel proprio vicinato.

Poi, solo poi, si possono fare anche gli interventi per la ciclabilità diffusa, le zone 30, le strade residenziali, le strade a priorità ciclabile ecc. Ma questo tipo di interventi non sono, non possono tecnicamente essere un surrogato delle piste ciclabili. Possono infatti servire solo per rendere meglio ciclabile l"ultimo miglio", dalla pista ciclabile più vicina all'uscio di casa. Le misure per garantire davvero velocità sotto i 30 km  sonom infatti, applicabili solo nelle strade davvero locali, cioé percorse solo da chi ci abita. Solo in queste strade il traffico veicolare è così scarso e leggero da poter essere moderato con il rigore che serve senza controindicazioni. Se introduco strumenti di moderazione del traffico in una strada non strettamente locale, magari percorsa pure da autobus, o sono talmente blandi da risultare inefficaci o sono così pesanti da creare pericolo, congestione e inquinamento aggiuntivo.

Aggiungo che in ogni cao 30 non è un numero magico che tutto risolve. E' semplicemente la velocità sotto la quale se un'auto di medie dimensioni urta un utente vulnerabile (pedone o ciclista) quest'ultimo non muore ma viene "solo" ferito gravemente. Se poi invece di un auto ho un veicolo pesante a cabina alta, (un camioncino, un autobus, un tram) e se invece di un urto ho uno schiacciamento (sotto le ruote o contro un ostacolo laterale) l'utente vulnerabile è spacciato anche se il veicolo stava andando a passo d'uomo.

Quindi potrei benissimo mettere il limite di 30 e renderlo effettivo in tutta la città. Personalmente sono anche favorevole. Certamente la sicurezza migliorebbe e i tempi di percorrenza non aumenterebbero significativamente. Ma nelle vie principali, nelle quali continuerà ad avere grossi volumi di traffico, utenti non abituali, veicoli pesanti, autobus, veicoli in sosta e in manovra i 30 all'ora non sono da soli garanzia di sicurezza ed è quindi utopistico pensare di fare a meno delle piste ciclabili così come dei marciapiedi.

Attenzione quindi a presentare le zone 30 e gli spazi condivisi come l'uovo di colombo che ci consente magari di risparmiare i soldi e i fastidi per fare le piste ciclabili. Le zone 30 le hanno inventate i tedeschi 30 anni fa, i Woonerf gli olandesi nello stesso periodo. In questi paesi negli stessi anni in cui si diffondevano zone 30 e woonerf si sono create anche le grandi reti di piste ciclabili in tutte le città.  Questo conferma che la moderazione del traffico è complementare e non alternativa alle piste ciclabili.

La vera novità di questi ultimi anni nel campo della ciclabilità sono le "Radfahrautobahnen" cioè le superstrade ciclabili, piste in sede propria senza intersezioni a livello. Di solito non sono faraoniche e sfacciatamente costose come quella recentemente proposta da Foster per Londra,  ma sono realizzate nelle fasce di rispetto autostradali oppure lungo ferrovie dismesse e contribuiscono per lo più a riqualificare l'ambiente dove si collocano. Hanno il vantaggio di consentire ai ciclisti di percorrere con poca fatica e in poco tempo distanze molto più lunghe, riducendo il numero di frenate e riprese.  Vengono fatte con lo scopo di ampliare ulteriormente lo spettro dei potenziali utenti.

A Manhattan lungo l'Hudson esiste da anni una pista lunga decine di Km, da Ground Zero ad Harlem larga 4-5 m a doppio senso, interamente in sede propria, con poche intersezioni che è in assoluto la più usata ed amata della città, l'unica, fuori da Central Park, dove capiti di vedere non solo yuppies ma anche vecchi e bambini.

Mi sembra quindi che il mondo civile e progredito vada verso più piste ciclabili e verso piste possibilmente sempre più protette e ad alto livello di servizio.

Caro sig. Monici.

Ad Amsterdam ci hanno messo 20 anni a "mettere le cose a posto". Anzi, hanno cominciato dopo la guerra del Kippur e la crisi energetica del 1972 e stanno ancora oggi lavorando e investendo sulla sicurezza di pedoni e ciclisti.

Ma noi siamo italiani e la sappiamo molto più lunga. E poi siamo creativi. Quindi qualche bel cartello, qualche secchiata di vernice e in due anni abbiamo risolto tutti i problemi.

I cartelli con i limiti di velocità da soli non bastano, come non bastano le strisce per impedire i comportamenti irregolari. E su questo tutto il mondo è paese

Le strade classificate di scorrimento in senso stretto a Milano sono pochissime, Viale Rubicone, viale Palmanova, viale Forlanini, il cavalcavia Monteceneri-Serra il Ghisallo-Kennedy-Scarampo e poco altro. Ma non si può certo sostenere che le piste ciclabili servano solo lì.

Le  piste ciclabili si fanno sulle strade che per ruolo, traffico e percentuale di veicoli pesanti sono effettivamente "principali" e, quindi, contemporaneamente pericolose e interessanti per i ciclisti. Non si decidono, quindi, sulla base di classificazioni a priori che spesso non corrispondono per niente al reale stato della strada. Corso Europa, per fare solo un esempio, è classificata come strada locale ma in Olanda, sulla base dei criteri oggettivi contenuti nelle loro norme, e che sono del tutto applicabili anche da noi, non dubiterebbero di doverci fare una pista ciclabile.

Se parlo sempre dell'Olanda è perché come noto, questo paese è al primo posto mondiale sia per numero di ciclisti sia per la bassa incidentàlità.

Ma noi siamo italiani, anzi, milanesi, e la sappiamo molto più lunga....

Cordialmente

Un suggerimento dalla zona sud-est di Milano: se non volete ingombranti piste ciclabili sulle vostre vie di scorrimento venite a copiare il modello della pista ciclabile di Corso Lodi.

Viaggia un po' a zigo zago sul marciapiede e sui parcheggi, non crea problemi alle corsie preferenziali dei mezzi pubblici perchè non ci sono,  per ridurre il numero dei ciclisti è stata poi introdotta una speciale sede stradale a lastre di pietra disconnesse con dossi e trappole mortali (su queste ultime non sono sicuro perché giustamente non sono state segnalate).

La parte più geniale di questa soluzione innovativa però è la seguente: se a qualche assessore venisse in mente di costruire altre piste ciclabili glielo si impedisce convincendolo a rifare da capo la pista che già c'era, esattamente con lo stesso percorso, e con lavori che devono durare almeno una legislatura (4 o 5 anni).

Il tratto di strada che va da piazzale corvetto a piazza medaglie d'oro è difatti insidioso essendo pieno di rettilineo che confonde i progettisti di piste ciclabili. Essi si perdono nello spazio della carreggiata, dei controviali e dei marciapiedi e devono sopperire con un congruo numero di curve inutili e semafori dedicati.

Quindi prima di fare nuove piste, venghino signori venghino a rifare per l'ennesima volta la ciclabile di corso lodi; tanto peggio di così non potrà vanire. 

Quelle piste ciclabili non hanno nessun senso, io da ciclista mi rifiuto di usarle e percorro le strade interne del parco.

Poi da Settembre 2014 grazie alla passerella che il nuovo supermercato sta realizzando sara' ancora piu' sicuro e semplice muoversi in bicicletta, ma mai su quelle INSULSE e pericolose "strisce gialle" che i nostri amministratori a nostre spese hanno dipinto sulle strade per aumetare i disagi dei cittadini !

La prima volta che sentirò qualche nostro amministratore riempirsi la bocca con parole di autoelogio per il servizio reso alla cittadinanza con queste "piste" mi deliziero' del gusto di ridergli in faccia al pari dei migliori attori di Zelig.