I programmi dei candidati alle primarie: costruzione collettiva o scoperta a posteriori?

Con le promesse si ottiene molto di più in modo molto più semplice.

Però ormai ne sono state fatte troppe, da tutti... non dico che non funzionano più, ma assieme alle promesse oggi va presentato anche un programma.

Il programma però va mantenuto altrimenti si torna alle promesse, solo che vengono organizzate in un programma.

Per essere credibile (il programma ma anche le promesse) hanno bisogno di figure carismatiche: ai partiti non crede più nessuno, ma anche ai leader carismatici dopo Berlusconi, Bossi e Renzi la gente crede poco.

Ecco che allora si rende necessario usare le primarie per scegliere il candidato e poi far scrivere ai cittadini il programma di governo dei partiti.

Queste due nobili attività sono state catturate e utilizzate dai vari partiti in modo distorto.

Io vengo dall'esperienza di "La politica alla gente" il cui intento era ed è far scrivere il programma di governo ai cittadini.

Questa esperienza è stata in quelche modo riproposta dal suo sostenitore storico, Sem, all'interno del Movimento 5 stelle.

Esiste però un limite, un errore concettuale che impedisce ai partiti (anche quelli che si definiscono movimento) di usare i suggerimenti dei cittadini così come sono.

E' il paradosso della democrazia rappresentativa che si esprime attraverso opinioni di parte.

Esistono diversi programmi, diversi modi di affrontare le stesse questioni, alcune apparentemente opposte.

Un partito deve quindi operare una scelta e caratterizzarsi per essere votato.

L'esempio è l'attuale partito democratico in balia delle correnti, lo voti ma poi non sai mai quel che fa, e se arriva un renzi a guidare la "maggioranza" interna al partito allora il programma e la volontà degli elettori svaniscono.

Corretto sarebbe far esprimere i cittadini, come nell'intento di "LPAG", o come sta facendo il M5S, ma poi ogni partito non deve prenderle tutte tali e quali ma usarle per costruire un programma di parte, identificabile e votabile da chi ci si riconosce.

Prendere tutto nel calderone per farsi belli vuol dire poi non poter accontentare tutti, rompere il patto con gli elettori, e a quel punto è troppo facile svincolarsi da qualsiasi programma oggettivamente inapplicabile.

Il lavoro del M5S dovrebbe essere condiviso, e ogni partito a partire dalle varie esigenze dei cittadini dovrebbe costruire un programma di parte.

Partire quindi dalle esigenze dei cittadini ma non avere l'arroganza di pretendere di realizzare tutto indifferentemente.

Gli amministratori politici in generale (e non i singoli partiti) dovrebbero operare con l'obbiettivo di mettere il cittadino nelle migliori condizioni per partecipare.

Attraverso strumenti come il SentiNil del M5S o siti come partecipaMi i cittadini esprimono le loro idee, le loro opinioni, le loro soluzioni.

Un ambiente politico esterno ai partiti, svincolato dalle logiche di potere che oggi condannano il paese.

Da questo serbatoio politico, il primo passo, è estrarre le buone idee di buon senso.

Gli eletti attraverso i partiti non devono esserne schiavi e realizzare tutto quello che i cittadini desiderano, ma tutto quel che si realizza deve partire da un'esigenza espressa dai cittadini.

Gli eletti che partecipano alla politica fatta dai cittadini e non i cittadini che partecipano alla politica fatta dagli eletti.

Quindi fin dal programma un partito sceglie alcune delle priorità indicate dai cittadini e le fa sue.

La politica funzionerà bene quando gli eletti non discuteranno più di politica ma coglieranno il suggerimento dei cittadini, operando solo quelle modifiche strettamente necessarie per renderlo applicabile, ovvero compatibile con la normativa e le leggi vigenti e rispettoso del bilancio comunale o nazionale che sia.

Ovviamente poi si renderanno responsabili della sua applicazione corretta (ed eventuali aggiustamenti necessari)

Al contrario oggi restano mesi a discutere, emendare, stravolgere ogni sorta di disegno di legge, che poi quando diventa legge è inapplicabile, non rispetta le altre leggi né tanto meno il bilancio pubblico creando debiti.

In più non esistono controlli, la legge non è mai applicata in modo corretto, e non si prova neppure ad apportare correttivi necessari: meglio tornare a discutere, stravolgere e sostituire tutto con un'altra legge.

Io preferisco pensarlo come un ritorno della politica al cittadino.

La politica si occupa delle questioni comuni a più cittadini e la condizione normale è che siano essi stessi a discutere e trovare le soluzioni.

In passato, nella piccole comunità, era possibile la democrazia diretta (la vera democrazia).

Oltre un dato limite numerico (specialmente quando non c'erano media sociali come internet) si è reso necessario ricorrere alla democrazia rappresentativa, con partiti, candidati ed eletti rappresentanti.

Qui è avvenuta la mutazione: piano piano i rappresentanti eletti hanno convinto il cittadino che la politica non era affar suo.

C'erano loro, gli eletti, e quindi il cittadino non doveva più preoccuparsi delle questioni nazionali, regionali, comunali...

Ogni aspetto politico è seguito da un loro rappresentante, che trova per loro la soluzione migliore.

A parte l'evidenza che alla fine il rappresentante cura prima i suoi interessi personali, l'azione criminale che si è realizzata negli anni è stata estromettere il cittadino dalla politica, tanto che ora la maggior parte pensa che non gli competa e comunque non esistono strumenti adatti a concretizzare l'apporto politico del cittadino.

La legge ci dice cosa e come dobbiamo fare in ogni aspetto, a chi dobbiamo rivolgerci, chi è preposto ad occuparsi dei problemi, e il cittadino non ha alcuno spessore politico.

Ora, concedergli di partecipare alla stesura del programma di un partito è un contentino: tutto dipende in primo luogo da come è intesa la sua partecipazione.

E' una partecipazione a chiamata?

Per essere protagonista in politica il cittadino deve aspettare che sia il politico o il partito di turno ad interpellarlo quando gli fa comodo? (vedi occasioni elettorali)

L'intervento è libero o deve sottostare a rigide regole, per cui il cittadino è guidato a scegliere tra alcune opzione preimpostate (vedi primarie o bilancio partecipativo in atto a Milano)

Le proposte raccolte sono filtrate o vengono prese pari pari e applicate?

Al cittadino si chiede: "Cosa faresti tu nel caso...? Cosa vorresti che facessi io nel caso...?" o piuttosto si chiede: "C'è questo problema ora, come lo risolvo?" di modo che le proposte sono applicate subito nel concreto e non congelate in un programma ricco di "vorrei ma non posso"?

Il punto del programma chiesto al cittadino non sta allora nel contenuto ma negli strumenti e nei metodi utilizzati per portare a compimento il volere dei cittadini.

Nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere quel che accadrà, quindi un programma dettagliato è in buona parte evanescente, ma un sindaco o un politico che dimostrasse di avere un metodo valido per ascoltare i cittadini e la volontà/capacità di attuarlo, specialmente dopo essere stato eletto, avrebbe le mie simpatie.

La parola discriminante è un aggettivo, che lo Zingarelli definisce "dotto": divisivo. Se è stata usata è certamente perchè la sinistra appare affetta da divisioni da cui non riesce a guarire. L'elezione del sindaco non è certamente la medicina nè ci si aspetta che la persona eletta sia uno stregone, ma si ritiene piuttosto che egli/ella debba costituire un punto di salda coesione tra le diverse anime. Sala è certamente divisivo, poichè calato dall'alto nell'ambito di una tradizione che ricorda troppo l'esperienza berlusconiana. Forse lo è anche Majorino. Nonostante l'evidente continuità con l'esperienza pisapiana dei gruppi al lavoro per costruirne dal basso il programma, sembra troppo contiguo alle fratture interne al Partito Democratico. E dunque appare la Balzani, che somma al pregio d'essere donna, che stabilirebbe qualche discontinuità (anche se donna è stata pure la sindaca Moratti) anche la sua innocenza politica. E' nata infatti alla politica con Leoluca Orlando e Nando Dalla Chiesa, quindi può non deludere nè gli arancioni nè Renzi. Ma il tema di questo forum riguarda i programmi delle primarie. Se, per consentirne l'effettuazione o anche solo per una presupposta diversità dalla Balzani, Majorino non si ritirasse, avremmo tra gli altri candidati due persone che promuoverebbero ambedue la continuità con Pisapia. E allora mi domando: dato che i programmi partecipativi non possono che nascere dal basso, dovremo vedere gruppi di cittadini in concorrenza tra loro e quindi in conflitto con la loro esigenza di inclusione partecipativa? E poi: cos'altro potrebbe inventare la Balzani per distinguersi dal modello Majorino?