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8 anni fa
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Buonasera;

Oggi il premier Renzi ha annunciato il finanziamento governativo di 500 milioni di euro da destinare alle periferie.

riprendo volentieri una frase scritta dalla Sign.ra Paola Buccione nel commentare un post dal titolo: Aiuto a studenti di urbanistica ( per analisi e riqualificazione ).

Paola Buccione scriveva:

< abito qui da 38 anni e quello che posso affermare è chéciò che è stato preservato è lo stato di degrado >.

In questa frase c’è la denuncia di un replicato quotidiano, ci sono tante storie di anni del nulla; scriveva Cecov: pensa ad un giorno qualunque, senza una trama…senza un finale.

La Sign.ra Buccione trasmette nel post anche la speranza di un cambiamento che viene da un gruppetto di ragazzi che in un giorno qualunque di circa un anno fa, si aggiravano per le strade del quartiere ( Via Pannunzio zona 8 ), guardando qua e là, con sguardi attenti ed interessati pur non essendo malintenzionati, abitualmente gli unici attratti dalle periferie.

Erano ragazzi del Politecnico, lì per sviluppare un progetto di riqualificazione urbanistica di un’area privata (?).

Quella frase suscita stati di ansia, di rabbia, di incredulità e rende l’idea di che cosa siano le promesse disattese dai tanti che si sono susseguiti nel gestire la res publica.

Ecco che ritorna la metafora di Godot, si ripresenta ad ogni svolta, dietro un angolo, dentro un giardinetto, lungo una strada.

Sì… siamo la periferia, quella più lontana, quella vera, quella che aspetta da una vita il sostegno di Milano, della Milano imprenditoriale, l’unica che può fare davvero qualcosa perché la politica a fallito negli anni, perché la politica può fare solo con i soldi degli investitori, perché la politica è prona alla finanza, tranne casi rari di persone che si battono per il luogo a Loro caro… chissà dove saranno domani quando avranno preso la loro manciata di voti.

L’equazione è molto semplice: se non ci sono investitori privati pronti a fare la propria parte, la politica cosa può fare? Può forse agevolare i progetti, rendere più leggera la burocrazia, al tempo stesso deve vigilare, cercare compromessi, per fare ciò occorre gente competente, non solo di buona volontà o con idee politiche chiare, per contro, solo le finanze pubbliche non possono coprire i costi delle necessità di tutti.


Ognuno ha soluzioni in merito, compreso lo scrivente, la critica che viene spontanea è che la partecipazione allargata può non essere efficace in quanto dispersiva ma è altrettanto vero che non si deve disperdere il potenziale umano che spontaneamente si avvicina alle istituzioni cercando di dare un contributo.

Sarei per i sistemi antichi, con i consigli di zona quasi rionali a partecipazione popolare.

Essendo inattuabile, sono del parere che qualcosa si possa fare intanto riformando i CDZ, dandogli maggiore autonomia economica e maggiori poteri, rendendoli più dinamici anche dal punto di vista della gestione delle finanze pubbliche e dei possibili investitori locali da convogliare e incentivare.

Ad esempio: se una commissione si occupa di un problema di un parco, perché non coinvolgere competenze esterne in regime di consulenza,   in modo da assumere delle decisioni anche tecniche già pronte ad essere attuate, magari tramite finanziamento diretto dell’appalto senza dover passare dall’ufficio tecnico e poi dalla società che ha la gestione generale dei parchi?

Decentrare il potere rigenerando i municipi come fossero veri e propri comuni mantenendone il controllo attraverso la nomina di un assessore di quartiere, quasi vice sindaco di zona con delega e portafoglio.

E’ vero che oggi ci sono i presidenti, ma non sono assessori, di fatto non hanno ne' il potere ne' la responsabilità di decidere in completa autonomia, devono passare dagli assessorati, sono davvero ben poche le attività che possono gestire in toto.

Le aree di Milano sono vaste, oggi un CDZ gestisce mediamente 170.000 abitanti, c’è bisogno che i quartieri siano maggiormente aderenti ai CDZ, non basta avere dei consiglieri di zona distribuiti più o meno equamente nei rioni, occorre una figura apicale per ogni area demografica divisa secondo un criterio di quantità di abitanti, non di area geografica.

Come possono essere gestiti quartieri di 60.000 abitanti senza una figura apicale di riferimento, si parla di una città come Pisa, senza uffici del comune, senza un corpo di vigilanza localizzato, senza un sistema di gestione della cosa pubblica maggiormente vicino al cittadino,

Senza un teatro, e parlo della maggior parte delle periferie milanesi.

Ogni CDZ si trova a dover gestire una città media italiana, spesso i rioni e le zone cercano di auto jgestire quanto possibile, grazie alle persone di buona volontà, questo se da una parte rappresenta la forza di Milano, dall’altra mette in evidenza la debolezza del sistema pubblico incapace di intercettare a pieno i bisogni della cittadinanza.

Con una gestione localizzata, si avrebbe maggiore tempestività negli interventi urgenti, si parla di piccole opere pubbliche, di gestione della sicurezza di zona, di attuazione delle strategie sociali maggiormente necessarie, per attività maggiori si passa agli assessorati della città.

Un tempo almeno c’erano le fabbriche, c’era lavoro, da queste parti il comune di Musocco, aveva lavoro per tutti, c’erano le cascine, la zona era incentivata perché era un porta naturale a nord/ovest, verso la Brianza, il varesotto, il bergamasco, più avanti la Svizzera, un passato lontano che venne travolto dalla sete di cemento e carne umana in servitù alla città che stava crescendo a dismisura e così è capitato a tutta l’hinterland milanese, dove per anni hanno consumato le loro vite migliaia di persone ammassate nei palazzoni messi su in quattro e quattr’otto, in barba ai vincoli urbanistici, demaniali, spesso senza i servizi essenziali.

I tempi sono cambiati, non ci sono più realtà tali da essere emergenziali, tuttavia si avverte una fase di regresso, un momento i cui va fatta la cosa giusta o non la si potrà più fare.

Ci chiamano all’atto di sottomissione, al voto, soprattutto gli imbonitori.

Ci sono i candidati, ci sono i programmi, si accendono le luci della ribalta, capita di sentire per attimi, convinte argomentazioni sulla riqualificazione delle periferie.

Intanto la gente perbene continua a guardare dalla finestra la strada, o la piazza, o la televisione, continua ad aspettare di rivedere topo gigio in bianco e nero, totem della cultura, che racconta i proemi e non solo quel “cosa mi dici mai” perché infondo erano “bei tempi” si era giovani e pieni di speranza.

Aumenta la resilienza degli uomini e delle donne di queste parti della città, non si aspetta una rivoluzione, non si aspetta il politico di turno che fa finta di progettare la riqualificazione delle periferie, non si cerca il riscatto o il risarcimento di un’esistenza…c’è il niente e di niente si parla… escono solo “non parole” dalla bocca dei pochi che ancora hanno un filo di voce per tentare di esprimere concetti, ingredienti per una umana società, pezzetti di verità, forse res forse pietas.

A Voi candidati tutti a prescindere dal colore politico, a Voi di queste parti che provate a sovvertire l’ordine delle cose a prescindere dal colore, a Noi tutti innamorati in modo tossico della periferia meccanica;

auguri.

Gianluca Gennai

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