Débat Public - ci provano gli Ingegneri

Come ex associato UNI di lunga durata, apprezzo il lavoro che vi si svolge e lo seguo con interesse. Ricordo, a proposito del tema partecipativo, la collaborazione UNI-Comune di Milano relativa alla formazione finanziaria dei cittadini. Devo però riscontrare anche che, una volta normata, progettata e avviata, di quella formazione non si è saputo più nulla. Sollevo quindi il dubbio che l'uniformarsi alle direttive europee rischi, in Italia, di rimanere formale e di non portare ad effetti concreti. Pertanto, se si intende avviare un progetto di débat public occorre prima verificarne la consistenza e la fondatezza per consentire ai cittadini di percorrerlo in tutto il suo percorso di crescita.

Un altro problema che mi sembra doversi sollevare riguarda il titolo, che rimanda all'esperienza francese di partecipazione, radicata da tempo nel Paese cugino mentre nel nostro si chiacchiera a vuoto di democrazia diretta. L'emergere della protesta contro le misure macroniane - mi riferisco a quella nota come dei gilets jaunes e del tentativo successivo di una sua frazione di trasformarsi in gilets rouges - ha reso necessario appunto il pubblico dibattito in cui gli interlocutori erano da un lato i cittadini sostenitori o meno del movimento in atto e dall'altro i rappresentanti del governo, costituiti spesso dagli amministratori locali. Non poteva non notarsi, in questa pur nobile esperienza, la unilateralità dell'iniziativa, piovuta dapprincipio dall'alto e chiusa poi con un sistema decisionale di fatto sempre governativo. Per potere approfittare di questa esperienza senza ripeterne gli errori, occorre verificare chi saranno gli invitati del 10 aprile, come saranno formalizzate le loro decisioni, come sarà reso pubblico ed eventualmente sottoposto a dibattito il contenuto della norma e della sua applicazione, quale formazione di base verrà offerta alle due parti (non in senso contrattuale ma di ruolo) ecc.