2 anni fa
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Anche quest’anno è il 25 aprile. Prendo spunto da un articolo di Andrea Maggiolo, l’opinionista di Milano Today per fare un’ulteriore riflessione su una questione che in questo caso è un’opinione che riguarda Milano e i milanesi. Mi pare ci sia una polarizzazione certamente legittima ma anche doverosamente assoggettabile a un diritto alla replica. Lo faccio qui su partecipaMi, l’Agorà milanese.

Andrea Maggiolo oggi scrive del 25 aprile su Milano Today, e lo fa nella sua rubrica: L’opinione.

Maggiolo scrive di una mancanza di cultura storica rispetto al valore della Festa che  riconduce alle pecche della Scuola media, per la quale ho la convinzione anch’io che oggi sia derubricata a parcheggio dei ragazzi, la quale non compie più il sacrosanto dovere di formare le menti, la capacità di pensiero piuttosto che il sapere, una deriva che cerca di colmare le mancanze della scuola dell’obbligo che più volte è stata manomessa da ministri dell’Istruzione che tutto sapevano meno che di formazione e di pedagogia. Su questo la mia opinione è che le scuole dell’obbligo dovrebbero riprendere l’idea dei Ginnasio (quello del Casati) portando l'obbligo scolastico a 16 anni fino al famoso biennio di indirizzo com’è in Francia. Purtroppo lo Stato italiano si basa ancora sull’economia di convenienza, sull’auto sostentamento della macchina burocratica, rinunciando così alla formazione delle classi meno agiate, evitando costi enormi che graverebbero proprio sui Ministeri che non hanno a che fare con lo sviluppo economico (quanto siamo indietro in questo) ma soprattutto, a mio pensare, evitando la formazione del pensiero vista come una minaccia per lo status quo.

L’opinione di Maggiolo si poggia su quella raccomandazione di tutti i bravi genitori che chiedono ai propri figli di studiare per saper pensare, fin qui siamo d’accordo, poi scende alla storicità del 25 aprile che oggi, scrive, appare minata dal revisionismo storico, dalla mancanza (appunto) dello studio della storia a partire dal dopo “grande guerra”, poi ventennio fino alla 2° guerra mondiale, resistenza e la liberazione (di fatto alle scuole medie non ci arrivano alla 2° guerra mondiale se non per sommi capi, privilegiando la storia dell’impero romano, il medio evo, il Rinascimento, in parte il Risorgimento per passare dal Cavour al 1° guerra mondiale e in qualche caso al Giolitti per cercare di far studiare ai ragazzi il perché del ventennio). Su questo tema Maggioli, compie il sacro santo dovere dell’opinione, la quale poggia sull’archetipo: si festeggia storicamente un evento fondante della nostra Repubblica e della nostra Costituzione, dunque, a suo dire, non dovrebbe essere declinata a una valutazione politica anche perché la stessa resistenza fu gestita da diverse correnti politiche, verissimo. La sua opinione (politica e non storica) è che le destre, il qualunquismo e altro, hanno distorto il valore storico della Festa della Liberazione, fino alla distorsione storica se non a una totale dichiarazione di nullità nel senso che non ci sia storicamente niente da festeggiare. La mia opinione è che ometta (forse dandolo per scontato) che l’anniversario della Liberazione è stato monopolizzato dalla sinistra di fatto rendendolo fortemente politico e dando luogo allo scontro, dunque non è solo un problema di revisionismo di destra, non scrive che la divisione di oggi è frutto dell’incapacità di fare un processo definitivo come popolo italiano rispetto proprio alla storia richiamata, non fa cenno alla memoria storica di un popolo che scivolò in una guerra civile, totalmente non compresa dalla maggior parte degli italiani ai tempi analfabeta e perlopiù avvolti nella miseria e la povertà, facile preda di promesse e ideologie con le quali specularono tutti per mantenere posizioni di potere, compresi gli antifascisti filo sovietici e quelli della politica filo americana. Dunque, rilanciando il concetto di storicità, rivengo all’opinione di Maggiolo che di fatto, riportando il 25 aprile alla storicità, dà ragione a quelli che non lo festeggiano, poiché storicamente ci furono dei vincenti e dei perdenti, certamente i perdenti o i contrari non hanno da festeggiare, dunque mi pare ci sia un paradosso. Perché dovremmo festeggiare il 25 aprile storicamente? Chi l’ha scritta la storia? Si può dire che essa sia veritiera o menzognera? La storia c’è e non è rispetto a un simbolo, un totem quale il 25 aprile, liberazione o meno, la storia è nell’evidenza che danno le immagini e i racconti della povera gente, di una Milano distrutta dai bombardamenti degli inglesi anche quando non c’era più bisogno, sta negli sfollati che dovettero ripararsi dalle bombe amiche, sta in quella scuola di 100 bimbi morti. Chi ha pagato la responsabilità anche morale di quell'evento che si preferisce dimenticare? Questo sarebbe revisionismo?

Nessuno parla più di quella Milano, come se ci meritassimo di essere bombardati dagli alleati perché non tutti scedemmo in strada armi in pugno per sparare ai tedeschi e ai fascisti come fecero i francesi.

Questo non per condannare ma per dire che gli errori furono di tutti e stanno nelle atrocità che furono compiute sul popolo, e non ci furono buoni o cattivi rispetto agli schieramenti poiché tutti usurparono e abusarono, dunque la storia sono le vittime innocenti ed erano gli italiani in mezzo che come sempre, pagarono il tributo più alto. Dunque il 25 aprile dovremmo commemorare i tanti morti e non festeggiare. Il concetto di liberazione non calza con la storia delle immagini e delle sofferenze degli italiani né fascisti né antifascisti, cittadini ignari di ogni ordine e religione, inconsapevolmente legati alle scelte della follia umana cosi come capita oggi in Ucraina dove si confrontano due uomini facenti parte della stessa moneta, l’alter ego e le loro ambizioni personali.

Credo invece che dovremmo riflettere politicamente e non storicamente su quel periodo non chiaro, dovremmo discutere definitivamente su tutto il complesso dilemma del giusto e sbagliato di allora, partendo proprio dai fatti non quelli dei fascisti o degli antifascisti o dei partigiani, ma quelli di un popolo che fu dilaniato nell’identità, martorizzato sia dai nazisti che dagli alleati (dipende dai punti di vista), ridotto alla colpevolezza di aver appoggiato il fascismo, poi costretto ad accettare il controllo americano; la supremazia economica che si concretizzò con il tributo che tutt’oggi l’Italia sta pagando per non assumersi la responsabilità, questa sì storica, di ammettere che perse la guerra (perse il fascismo ma non l’Italia) evitando così di pagare i danni di guerra e chiedere scusa al mondo. Un popolo che tutt’oggi non ha ancora capito cosa sia successo e dunque non sa quali siano davvero le colpe perché ci furono, e furono collettive molte inconsapevolmente come l’Olocausto ma  nessuno lo spiega, nessuno dice tutto quello che c’è da dire perché non coviente politicamente, dunque non è solo un problema di revisionismo, ma di complessità, stabilità della fondatezza di una Repubblica, complicità di molti del non dire la verità anche storica e questo non è né di sinistra né di destra, si chiama “omertà” ed è trasversale. Purtroppo credo che non la conosceremo mai poiché la verità storica è morta con coloro che la conoscevano e chi sa tace o dice quello che deve dire. Manca la nostra consapevolezza come Popolo, manca la forza, la voglia di sapere e soprattutto, manca una svolta decisiva, democratica, politica, sociale per renderci una Nazione compatta, e non divisa com’è sempre stata, dunque unita nel bene e nel male, cosi come nelle responsabilità anche storiche che derivano dalle nostre scelte politiche oggi come all’ora. Certo, si dirà: italiani brava gente, questo rende legittima la frase oramai celeberrima: “a mia insaputa” che certo sintetizza e stagna il vaso di pandora italico.

https://www.today.it/politica/25-aprile-2022-liberazione-resistenza-antifascismo.html 


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Sono d'accordo con Gianluca e Andrea Maggiolo che lui riprende. L'Italia e' sempre stata terra di passaggio, ora di grande turismo, e il popolo sempre diviso. Nella mia grande passata famiglia convissero, ma...