Che ci azzecca la Smart City con l'ambiente?

Giulio Beltrami

0 consensi

Segnala

- Segnalato rilevante da 0 persone.

TRANTOR Pianeta capitale del vecchio impero galattico, dimora dell’imperatore e centro amministrativo. 200 milioni di km2 circa di terra ricoperta dal metallo ad eccezione dei giardini imperiali situati nel palazzo dell’imperatore. Nel 10.000 EG circa furono costruite delle gigantesche cupole, che coprono l’intero pianeta, dove abitano 45 miliardi di persone.
(Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov)

La città tradizionale dovrebbe ridursi ad un luogo di lavoro utilizzato solo negli orari lavorativi mentre la vita associativa si svolge in appositi centri sparsi nel territorio (modello di città americana, downtown e nuclei residenziali). Gli spostamenti sono affidati alle automobili mentre la maggior parte delle interrelazioni avviene servendosi delle moderne tecnologie di telecomunicazione.
(Broadacre City di F.L. Wright)

La città di Ivrea, a partire dagli anni ’30 del Novecento, è stata il laboratorio di sperimentazione delle esperienze industriali della Olivetti con la costruzione delle Officine (1932-1940), la fascia dei servizi sociali (1954-1959), su progetto degli architetti Figini e Pollini, la mensa e il centro ricreativo (1953-1961) su progetto di Gardella , i nuovi quartieri Castellamonte (anni ’40) di Figini e Pollini, e Canton Vesco (1943-1963) su progetto di De Carlo, Fiocchi, Franke, Nizzoli, Olivieri, Quaroni, Sissa.
Ivrea per la pianificazione urbanistica e per le opere realizzate l’1 luglio 2018 è stata inserita dall’UNESCO nella lista del Patrimonio Mondiale “Ivrea Città Industriale del XX secolo.”

Mi sembra che l’attuale approccio alla Smart City rifletta più l’idea della Città Pianeta Artificiale di Asimov che quelle della Città Diffusa di Wright e della Città Territorio di Olivetti.

Ma come integrare il naturale all’artificiale in una Smart City che faccia fronte alla nostra crisi ambientale planetaria?

Commenti (1)

Francesco Varanini

0 consensi

Segnala

- Segnalato rilevante da 1 persona.

Cosa ci azzecca la Smart City con l’ambiente?

Ben poco dal mio punto di vista, a meno che di aggiunga l’aggettivo ‘digitale’: con ‘ambiente digitale’, infatti, Smart City ci azzecca moltissimo: Smart City e ambiente digitale sono sinonimi.

Ma io sono un essere umano e vivo nella natura, anzi: appartengo alla natura, come insegna Spinoza. E conosco anche qualcosa della storia della parola ‘ambiente’. L’ambiente è l’’aria che ho intorno’. L’aria che mi gira intorno e che respiro.

Certo ci dicono: ormai tutti viviamo nell’onlife’, una ‘zona mista’, sfumata, a metà tra ‘fisico’ e virtuale. Ma questa la trovo una imposizione politica che non siamo obbligati ad accettare. E’ un fronte sul quale dobbiamo agire prendendo posizioni come cittadinanza attiva. C’è una differenza tra partecipaMi.it, con tutti i limiti che può avere, e Facebook, Google e tutte le altre piattaforme proprietarie che obbligano i cittadini, in sostanza, ad iscriversi ad una nuova anagrafe. Anche risorse apparentemente ‘civili’ come lo Spid vanno criticate in questo senso: per avere rapporti con la Pubblica Amministrazione, cioè con i servizi pubblici che in un sistema democratico i cittadini offrono a sé stessi, si è costretti a passare attraverso piattaforme private.

Analogamente, la Smart City rischia di portare ad una privatizzazione del suolo pubblico. Perché auto, ed anche mezzi pubblici a guida autonoma, non si muoveranno sul suolo pubblico, ma su una mappa digitale che resta di proprietà, e sotto il controllo esclusivo, di Google o di simili potentati.

Un altro complementare modo di osservare i limiti della Smart City è intenderla come Digital Twin, Gemello Digitale della città.

Certo i cittadini, i mezzi privati e pubblici, le aziende, ed ogni elemento fisico che concorre a ciò che chiamiamo ‘città’ produce ‘dati’. Ed è vero che una gestione integrata dei dati può migliorare l’efficienza del sistema. Ma esiste il tema della privacy del cittadino, che rischia di essere considerata sacrificabile in funzione di un miglioramento dell’efficienza del sistema.

C’è poi il limite tecnico: il Gemello costruito con i dati sarà sempre specchio insufficiente del sistema vivente che è la città. I dati sono conseguenza dei sensori presenti sul territorio e su ogni aspetto della natura. In sintesi: non si può mettere un sensore su ogni filo d’erba, ed in ogni caso il sensore rileverà solo un aspetto della vita del filo d’erba.

Esiste quindi un rischio sociale e politico: dobbiamo fare attenzione ai tentativi di proporci la Smart City come via per un miglioramento della vita dei cittadini. Conviene mostrare i lati oscuri della Smart City, i suoi aspetti illusori e, in fondo, il fatto che la Smart City comporta una diminuzione della democrazia e della partecipazione: la Smart City è un mondo virtuale costruito al di fuori di qualsiasi processo o controllo democratico.