Il racconto della conferenza "Pensare l’Italia. Come cambiano le visioni da Dante a Petrarca"
Nell’ambito delle iniziative per il 650° anniversario della morte del nostro Nume tutelare Francesco Petrarca, la storica e saggista Tatiana Bertolini laureata presso Ca’ Foscari e collaboratrice con riviste specializzate a carattere storico e musicale, ci ha accompagnato domenica 19 gennaio 2025 alle radici del termine ‘Italia’ presso Dante Alighieri e Francesco Petrarca, due padri fondatori della lingua italiana, i primi due intellettuali che nelle loro opere fanno espressamente uso del termine ‘Italia’ e come è cambiato il suo utilizzo nell’arco di circa 40 anni, tale la differenza di età che intercorre tra i due autori. Vissero in epoche storiche e contesti politici differenti, il che ebbe un impatto significativo sulle loro opere e sul loro coinvolgimento nella società del loro tempo.
Dante appartiene per formazione e collocazione anagrafica a quello che comunemente viene chiamato ‘universalismo medievale’ ovvero il mondo vario ma omogeneo dove i due soggetti principali, il Papa e l’Imperatore, sono le indiscusse autorità religiosa e politica cui il comune cittadino deve fare riferimento. Dante è indignato dall’atteggiamento miope dei comuni italiani delle loro scelte dettate solo dall’opportunismo che le porta a continue guerre tra loro, vede il rischio della disgregazione dell’impero. L’Italia, ovvero i comuni che la abitano, devono riconoscere l’autorità dell’imperatore e sentirsi parte di un tutt’uno che è appunto il Sacro romano impero, superando le divergenze interne. Dante non è solo uno spettatore degli eventi storici che lo circondano, ma anzi, si impegna attivamente e con fervore in un’epoca tumultuosa e complessa, diventando egli stesso una vittima delle lotte politiche del suo tempo.
Il contesto storico nel quale vive Petrarca risale, invece, all’epoca delle Signorie. Mentre Dante è vincolato ad una dimensione comunale piuttosto chiusa e limitata, Petrarca si apre ad una visione cosmopolita del mondo, che acquisisce svolgendo la professione di letterato “viaggatore”.
Dante è dotato di un sapere enciclopedico e questo lo notiamo soprattutto nelle sue opere: nella Commedia, in cui esprime la sua passione per la conoscenza e la difficoltà per raggiungerla.
Petrarca, precursore dell’Umanesimo, concentra la sua produzione scritta sull’uomo, in particolare su sé stesso e sul proprio dissidio interiore: come nel suo Canzoniere. In parallelo, il ruolo di ambasciatore svolto a Milano presso i Visconti, o altre città italiane quali Parma, Venezia, Padova, gli offre la possibilità di conoscere da vicino queste diverse realtà e trarre interessanti considerazioni. Quali ad esempio quello sull’importanza dello studio del passato, e le riflessioni sulla libertà, che la si apprezza solo quando è perduta.
Egli vede che il mondo medievale, quale lo aveva conosciuto Dante, il suo universalismo, sta tramontando. “Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno” (Canzoniere, 128) composta probabilmente nell’inverno 1344-45 a Parma, la canzone è un accorato lamento sulla frammentazione politica dell’Italia del Trecento, divisa in piccoli stati regionali perennemente in guerra tra loro, e sulla mancanza di pace che insanguinava la Penisola per le loro contese territoriali. Segue l’impresa di Cola di Rienzo pensando che in essa si possa concretizzare una nuova strada per il futuro del paese.
Petrarca non si limita a registrare i fatti, ma anche a fare riflessioni circa le conseguenze che questi possono avere. Uno sguardo lucido e premonitore, come deve essere quello di un intellettuale. L’autore ci parla dell’uso degli eserciti mercenari stranieri pagati per uccidere. L’utilizzo di questi eserciti sarà sempre maggiormente diffuso e quindi oggetto di critiche da parte di un altro grande intellettuale italiano vissuto oltre un secolo dopo: Niccolò Machiavelli che nella chiusa del suo trattato ‘Il Principe’ farà sue le intuizioni e le riflessioni di Petrarca, che dimostra la sua lungimiranza e modernità.
Laura Viganò, docente e attrice, ha deliziato e appassionato i presenti con le letture recitate: relativamente a Dante “De Monarchia” 2 brani relativi al dissidio Chiesa /impero; Purgatorio canto VI (2 letture); relativamente a Petrarca: “I lettera a Cola di Rienzo” (2 letture); Commento all’impresa di Cola di Rienzo; per finire in bellezza con la celebre Canzone “Italia mia”.
Per un giorno Casa Petrarca ha realizzato la sua vocazione di centro studi delle Tre Corone all’origine della lingua italiana, un centro studi che ha unito due dei tre grandi nomi del Trecento italiano che hanno contribuito in modo significativo alla grandezza della letteratura italiana.