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Una volta il “calcolatore” (diverso dalla “calcolatrice” da tavolo) veniva chiamato “cervello elettronico”, assimilando l'hardware al cervello ed il software alla mente.
Poi, con il Personal ed i centri di elaborazione dati (CED), il Computer è stato uno strumento utile al calcolo, alla scrittura ed alla gestione documentale, amministrativa e industriale.
Infine Internet è diventata un mezzo di informazione e comunicazione planetario per l’umanità. 

Nel frattempo, sull’onda della legge di Moore per la crescita della potenza di elaborazione e memorizzazione, sono nate tante applicazioni e servizi digitali, a compendio e sostitutivi dell’intelligenza umana,  personale e collettiva, fino all’attuale esplosione della “intelligenza artificiale”, come ritorno al futuro del “cervello elettronico”.

Ora, al di là del marketing, ci chiediamo se questa intelligenza artificiale sia tale oppure sembri solo tale: è una questione filosofica, tra essenze (ontologia) ed apparenze (fenomenologia), e psicologica, tra cognitivismo e comportamentismo, che riguarda anche l'intelligenza naturale, considerando che non abbiamo ancora un modello convincente della mente, ma solo indizi sperimentali, spesso desunti da difetti o modifiche cerebrali.

Per l’intelligenza artificiale il dilemma è rinato dal prevalere, con i Large Language Models (LLM), dell’elaborazione subsimbolica/statistica delle Reti Neurali Artificiali, su quella simbolica/logica della Macchina di Turing e di Von Neumann, e del Test di Turing linguistico sulla comprensione algoritmica.


avatar Giulio Beltrami 1 mese fa
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